''Presentazione:''
Preparatevi ad un viaggio pericoloso e sinuoso: uno con due strade parallele e due novità da affrontare insieme. La prima sarà quella di entrare nello ''stato ginarchico'' di Melody. Uno stato ucronico, con una storia alternativa alla nostra, dove le donne hanno preso ogni potere civile e politico, e sono pronte a fare gli ultimi passi per schiavizzare definitivamente gli uomini.
Il secondo, sarà di fare le vostre scelte. Perché in questo testo – i personaggi principali, siete voi. Un po’ come nei vecchi ''libri game'', preparatevi ad iniziare un’avventura dove non sarete solo passivi.
Avrete il coraggio di partecipare alla lotteria di Melody? Chiunque riceva un biglietto – e non lo fa per sua scelta – affronterà un cammino scelto dalle leader ginarchiche.
Quale sarà il vostro destino? Verrete sacrificati in diretta nazionale, venduti come oggetti alla vincitrice di un gioco in cui voi siete i premi, o guadagnerete la libertà? //E la volete davvero?//
[[Prosegui a: prologo 0, mondo ordinario]]''Prologo 0: un mondo “ordinario”.''
“In questa civiltà moderna e democratica, finalmente, gli uomini e le donne avevano pari diritti. Ogni cinque anni potevano votare il loro Parlamento che, a sua volta, avrebbe eletto il presidente del consiglio. Tutti gli esseri umani avevano pari dignità, senza distinzione di sesso, religione, preferenze sessuali o culturali, provenienza geografica. Ognuno, senza alcuna distinzione, ha diritto alla vita, al lavoro, ad un luogo sicuro, alla propria opinione ed alla libera partecipazione alla società civile. Uomini e donne hanno pari diritti, pari doveri ed eguali stipendi per medesime responsabili…”
Melody interruppe la lettura e gettò direttamente il libro tra le fiamme del camino. «Che stronzata pazzesca!». Miriam, allungata su un divano di pelle poco distante a bere un bicchiere di vino bianco rise a quel gesto: «In effetti non ho mai letto un libro più stupido: chi mai crederebbe ad una politica del genere?» fece il gesto di scacciare una mosca invisibile con la mano «Capisco la necessità di creare un mondo fantastico, ma così il patto di sospensione di incredulità con il lettore va a farsi fottere. Non trovi, coso?» lo chiese ad un giovane ragazzo che si trovava in ginocchio sotto al divano, vestito solo di un paio di mutande nere. Era impegnato a massaggiare i bei piedi nudi di Miriam che, ancora in veste da camera e con i capelli spettinati, dialogava con Melody.
Quest’ultima, vestita di un abito rosso che le lasciava scoperte le gambe e le spalle, ma stava in una strana via di mezzo tra la comodità ed il lusso, si alzò dalla sua poltrona. Fece due passi veloci e colpì con un calcio nei fianchi il ragazzo. Questo tossì violentemente, poi chiese scusa, anche se non sapeva per cosa. Melody assottigliò gli occhi fissandolo. «Ti ha fatto una domanda Albert, vuoi rispondere, o ti spedisco ai lavori forzati?»
Gli occhi del ragazzo erano già bagnati di lacrime «I-Io… nono, è assolutamente irreale quel». Venne interrotto da Miriam «Ah, ecco come si chiama» sospirò «Come fai a ricordarti i nomi di tanti schiavi?».
Melody alzò le spalle, sinuose eppure forti. «Sono un genio, ricordi?» lo disse spingendo il piede nudo prima sulla guancia, poi direttamente in bocca ad Albert. Tornò a sorridere «E poi questo è lento ma quando non parla con la bocca ci sa fare… ma ora mi serve una sedia» disse. Il ragazzo poggiò allora subito i gomiti e le ginocchia al terreno, per mettersi a quattro zampe e fungere da sedia umana alla regina. Ella si sedette su di lui e continuò a parlare con la sua più fidata consigliera nonché organizzatrice della lotteria obbligatoria semestrale: «Parlando di cose serie, la lotteria è pronta?»
Gli occhi di Miriam si eccitarono «Oh, sì. I biglietti sono già stati distribuiti. I primi diecimila soggetti hanno ricevuto il loro numero. Domani alla tv nazionale verranno svelati i primi 10 vincitori.»
«E verranno torturati e frustati a sangue in diretta nazionale?»
Miriam si alzo sulla schiena, poggiando un piede sulla testa di Albert per stare più comoda: «No, no, quest’anno è diverso: metà di loro verranno lentamente prosciugati dalle succubi, in diretta nazionale».
«Mi piace»
«Ma non è tutto: questa volta i vincitori potranno scegliere. Se andare, appunto, agli studi televisivi, o al centro addestramento per nuovi schiavi perfetti, dove sperimenteremo i nuovi lavaggi del cervello»
«Gli diamo perfino la possibilità di scegliere, non siamo troppo magnanime?»
Miriam rise «Oh, io lo trovo incredibilmente divertente: fargli scegliere che fine fare. Vero, mh, coso?» si allungò per carezzare la guancia di Albert, come fosse un bambolotto.
«E se non volessero fare né una cosa né l’altra? »
«Sarebbe alquanto noioso. Verrebbero semplicemente uccisi dall’esercito delle valchirie.»
Melody si alzò dalla sua umana seduta, e si spostò verso un piccolo armadio, dove prese un bel paio di scarpe rosse, come i suoi capelli, ed un guinzaglio. «La domanda più importante è…» si avvicinò ad Albert, agganciando il guinzaglio al collare che già aveva al collo. «I maschi, hanno il dono del libero arbitrio?» chiese fievole e cogitabonda verso l’amica, lasciandola con quel dubbio, prima di uscire dalla porta con il giovane al guinzaglio.
[[Prosegui a: capitolo 0, cos'è la lotteria]]''Capitolo 0: la descrizione della lotteria''
Ogni sei mesi, nello Stato, ma sarebbe meglio dire Regno ginarchico di Melody, viene imposta una lotteria a tutti i maschi del territorio. Una prima estrazione viene fatta internamente, dal numero identificativo di microchip che tutti loro hanno sottopelle, all’altezza del collo. Diecimila soggetti vengono così scelti. Successivamente, ad ognuno di questi arriva un ordine statale per posta domestica ed indirizzo elettronico: devono comprare per 100 Arie (la moneta corrente del Regno di Melody – 100 Arie sono di norma l’equivalente di un decimo di uno stipendio base, e tutti i maschi a Melody hanno al massimo uno stipendio base, se non sono ancora ufficialmente ai lavori forzati o schiavi presso qualche ente o qualche matrona) un biglietto della lotteria.
La spesa è necessaria – viene descritto nell’ordine ministeriale – per sostenere i costi della lotteria ed i premi (o sperimentazioni) al seguito di questa.
Tra i diecimila fortunati selezionati e compratori di biglietti, dunque, vengono poi scelti, tramite una seconda selezione casuale, 10 soggetti. A seconda della lotteria, essi verranno inviati come onorate cavie per qualche esperimento il cui scopo è dimostrare la sottomissione totale maschile al superiore genere femminile.
[[Prosegui a: capitolo 1, il tuo biglietto]]''Capitolo 1: il tuo biglietto''
Settimana scorsa ricevesti il primo avviso sotto forma di notifica dal tuo chip e sullo schermo ad esso collegato. Era un venerdì, ricordi?
Stavi tornando da lavoro, verso sera e ti ritrovasti a fissare, sorpreso e sgomento, quello schermo.
“Fortunato [segue numero di chip e identificativo nominale] sei stato scelto come probabile vincitore della lotteria Semestrale! Entro domani sera dovrai acquistare presso una qualunque ricevitoria, o da una Valchiria, un biglietto per sole 100 Arie.
Entro una settimana, tra i primi diecimila aspiranti, verranno scelti 10 vincitori: potresti essere uno di questi, ed onorare lo stato di Melody e la nostra Regina, con il dono dell’inaspettato!
Ti ricordiamo che la lotteria è obbligatoria, e un tentativo di rinuncia al grande onore verrà punito severamente”.
Possiamo solo immaginare le tue reazioni alla grande notizia: paura? sgomento? eccitazione? confusione? smarrimento?
Non hai scelta sulle tue emozioni. Del resto, sei un maschio: hai forse scelta alcuna?
Ricordi? Le cose poi andarono spedite. Quando tornasti al tuo monolocale, trovasti una valchiria (una componente del grande esercito di Melody) alla tua porta. Era un ufficiale, e non avevi mai visto una donna così alta. Un metro e novanta? Forse di più?
Era nella sua divisa militare nera e rossa, stretta sulle sue forme muscolose e sinuose allo stesso tempo, capelli biondissimi legati in una treccia perfetta, occhi del ghiaccio. Stivali scuri, una cintura porpora, la nota araldica femminile di Melody sulla spalla. Dietro la schiena una spada ad un unico taglio, alla cinta una pistola automatica ed una frusta scura di cuoio. Il suo sguardo era vapore gelido nel tuo sangue. La sua voce calda ma tagliente, era un distillato di autorità: «679843» sì, proprio il tuo numero identificativo. «Sei stato selezionato per la prima sezione della lotteria semestrale. Sono qui per registrare il tuo identificativo, così acquisterai il tuo biglietto e risulterai sull’archivio per essere selezionato tra i 10 posti d’onore»
Lo sai, non facesti in tempo a dire nulla: quella donna riusciva a metterti paura e a farti eccitare nello stesso istante: la vidi semplicemente avvicinarti a te, e portare una sorta di lettore al tuo collo, mentre con l’altra mano ti teneva fermo dai capelli. Dalla tua nuca. «Ci vorrà solo un attimo, 679843» sentivi il calore del suo corpo presso il tuo, il rumore del suo respiro, percepivi il movimento del suo seno sodo e capiente mentre respirava, poi il veloce BIP di quel lettore.
La valchiria annuì: «Fatto, 678943: il pagamento è stato effettuato e risulti come partecipante al secondo giro estrattivo. Se sarai tra i fortunati verrò a prelevarti, dopo l’annuncio. Buona fortuna!» non ne sei sicuro, vero? Era un sorriso quello che per un attimo comparve sul suo volto candido? Era paura o eccitazione, quella che ti colmava?
Come stai, adesso?
Domani è il gran giorno.
Devi solo aspettare, 678943
[[Prosegui a: la seconda selezione]]''La seconda selezione''
Sei sulla tua sedia in legno, di fronte allo schermo incastonato nel muro grigio. Il canale nazionale è stato impostato ed acceso: una donna di colore vestita con un elegante tailleur nero ad ampio scollo quadrato legge trionfalmente le notizie.
Lo Stato di Melody è in netta crescita economica. I suoi stati vassalli prosperano e stanno applicando le medesime leggi in voga. Un nuovo grande campo agricolo nazionale è stato aperto e i vincitori della Lotteria semestrale stanno per essere estratti.
È quella stessa donna dalla pelle d’ebano ad attivare il macchinario che poi – casualmente – scegliere delle palline meccaniche che, rotolando su un’apposita piattaforma in vetro, indicheranno i numeri dei biglietti vincenti.
I primi nove vincitori sono già stati estratti. Manca l’ultimo.
La venere nera aziona il meccanismo, il braccio meccanico prende dalle numerose palline un singolo esemplare, lo posiziona su un piano inclinato, che costringe la sfera a muoversi e soffermarsi su un primo tassello.
Il primo numero è un 6.
Tu lo senti, vero?
In qualche modo, te lo senti.
Piano piano, senti il proseguo dei numeri estratti che vengono elencati:
7, 8, 9… 4…
Ci credi ancora, che potrebbe essere qualcun altro? Credi che sia colpa del destino? O forse è un trucco? Cosa c’è sotto? Perché proprio tu?
3.
Poi il numero – l’ultimo dei dieci – viene ripetuto insieme, più lentamente, e mostrato allo schermo, in diretta nazionale. 678943.
In qualche modo, te lo sentivi. Lo sapevi.
Ora, come ti senti? Sei più spaventato, o eccitato? Nei tuoi abissi più profondi, perversi e peccaminosi, ci speravi?
In fin dei conti è questa la vera debolezza maschile: volere essere rapiti dal fascino femminile, non avere scelta. Essere… sottomessi.
Eppure, questa volta, hai scelta. Tu hai scelta.
Lo spiega anche la venere nera, una volta compiuta la seconda ed ultima estrazione. I dieci soggetti estratti e scelti per il grande onore di sottomettersi alla nazione di Melody e dimostrare il suo grande potere, potranno scegliere come farlo: recarsi agli studi televisivi nazionali, dove fra 3 giorni, in diretta nazionale, verranno consumati sessualmente dalle succubi.
Oppure, dovranno recarsi al laboratorio di Neuroscienze nazionale, dove diverranno cavie per i nuovi lavaggi del cervello previsti dalla Medusa Corporation, la più grande associazione scientifica di Melody.
Cosa sceglierai, Lettore?
Oh, scusa, 678943.
In ogni caso, sii onorato. La tua vittoria è il tuo sacrificio. Il tuo sacrificio è l’onore del Regno. La tua sottomissione esempio per tutti.
O forse, puoi ancora scappare? Cercare di nasconderti dalle valchirie, da quelle scienziate pazze di Medusa, o da quelle assassine ninfomani delle succubi? Deve esserci una via terza, no?
Se andrai al laboratorio, potresti perdere ogni forza di volontà. Hai sentito cose terribili. Uomini che perdono completamente il controllo, che vengono schiavizzati e trattati come cani, o peggio, come pezzi di mobilio da quelle folli. Qualcuno parla anche di commercio di organi, di test di resistenza, e chissà che altro.
Se andassi dagli studi televisivi. Incontreresti le succubi. Donne assatanate di sesso, capaci di risucchiare ogni forza vitale di un uomo. Non si sa se siano sempre state così, o sono un altro progetto di Medusa. O sono donne normali, ma avranno la forza e la perseveranza – o il numero – utile a causare un infarto a coloro che avranno la sfortuna (o l’onore?) di finire tra le loro grinfie? Morire di infarto in un amplesso in diretta nazionale?
Entrambe le possibilità sono piene di mistero, leggende metropolitane e suburbane. Nebbie inquietanti e niente di chiaro.
Potresti scappare, no? Non sarà facile, hai un microchip nel corpo, sottopelle, nel corpo. Con quello ti trovano sempre. E quelle Valchirie… l’esercito della Regina Melody, sono inarrestabili. Ti troverebbero e ti ucciderebbero senza pietà. Non c’è speranza.
O forse sì?
Ci stai ancora pensando, la tua testa gira vorticosamente. I tuoi pensieri sono talmente tanti, talmente inarrestabili, che ti fa male. Quando si resta nell’interstizio tra una scelta ed un ‘altra, è come stare nel limbo. Come stare all’inferno.
Non è meglio scegliere. Poi sia quel che sia, ma almeno non questa confusione, questo dolore, quest’ansia. Ti pare anche d’aver saputo di qualcuno che sia sopravvissuto a quelle succubi… in fondo sono donne come le altre, forse. E forse ancora, quegli esperimenti non sono tutti mortali, o non diventerai un pupazzo nelle loro mani, o una “macchina senza spirito”, come diceva quella filosofa, Carteyna.
Ecco, ancora, stai finendo nella spirale dei pensieri!
''[Sdang – Sdang!]''
Ora non puoi più pensare: devi agire!
Qualcuno bussa alla porta con forza.
“Apri, 678943. Sono venuta a prelevarti. Ti porterò al centro di preparazione, e domani mattina sceglierai se recarti al laboratorio Medusa o agli studi televisivi nazionali. Apri, ora”.
La voce la riconosci subito: è vapore gelido nel sangue.
''Che fare?''
Aprire la porta alla Valchiria,'' lasciarsi portare al centro di preparazione'' fino alla prossima scelta, ''oppure tentare di scappare'': sei al secondo piano, potresti usare il cornicione della finestra, poi forse rischiare di saltare sulla scala antincendio, e poi darti alla fuga!
''Cosa scegli, 678943?''
[[Scegli di scappare: vai a: La Fuga]]
[[Scegli di lasciarti portare: Vai a: Il centro di preparazione]]''La fuga''
Ancora, senti bussare alla porta con forza. La tua attesa si sta facendo sentire.
Non hai tempo da perdere, se vuoi provare a scappare.
Allora recuperi un coltello da cucina, per istinto, poi ti lanci sul cornicione: sotto, sarà alto una dozzina di metri. Non puoi certo gettarti di sotto. Ma la scala antincendio non è così lontana.
Dietro di te, la voce della valchiria si fa impetuosa. «Apri subito! Questa attesa non è tollerata, non farmi arrabbiare».
Non hai più tempo: sei sul cornicione, vedi, nel cielo grigio di oggi, tra i palazzi anonimi e squadrati del quartiere popolare in cui vivi, solo alcune passanti, che non ti hanno notato.
Prendi un respiro, poi ti lanci nel vuoto: la fitta alle ginocchia ti arriva quasi al cervello, le mani attutiscono il colpo. Quasi tre metri saltati. Sei sulla piattaforma della scala antincendio, ma è in disuso. Non ci sono scale. Sei in trappola?
Di sopra, al tuo appartamento, senti il rumore di colpi violenti. Non arma da fuoco, calci, ma hanno quasi la stessa potenza. Capisci che la porta è stata sfondata.
Ti guardi intorno. Noti che la piattaforma in ferro scuro sulla quale sei saltato è retta da due tubi metallici ai lati. Senza pensarci, ti arrampichi su uno di questi, ti afferri con le mani doloranti, ed in qualche modo scivoli fino al terreno. Fai appena in tempo a vedere la valchiria che ti sta inseguendo: dalla finestra è saltata sulla piattaforma come un enorme gatto. Piega pochissimo le ginocchia nell’impatto, non si abbassa. Lo sguardo gelido è tutto per te.
Ma sei arrivato a terra, sul marciapiede. Qualcuno ti guarda, lo ignori. Hai ancora il coltello nella cinta.
Ti guardi intorno, davanti a te un’unica strada – la solita – sai che conduce alla piazza, e da lì molti vicoli dove forse potersi nascondere. Ma per quanto? Lei ti ha visto scappare. E il chip?
No, no, non c’è tempo per pensare!
La Valchiria dall’alto ti intima di fermarti: «Fermati subito 678943 o ti fermo io! Ripensaci e potrò dimenticare l’accaduto.»
Sembra pronta a saltare, hai solo pochi attimi di vantaggio, e sei armato.
Al resto ci penserai dopo.
Cosa puoi fare?
Puoi tentare di scappare rapidamente, per poi cercare una via di fuga laterale e seminare la valchiria.
Oppure puoi attenderla. Darle retta. E potrai decidere se affrontarla.
[[Se scappi, vai al capitolo: Un vicolo oscuro]]
[[Se rimani, vai al capitolo: A noi due]]''Vai al centro di preparazione''
Sei ancora indeciso, turbato, confuso. Ma alla fine scegli. Decidi. Lasci scorrere dal tuo corpo un gran respiro, poi vai alla porta ed apri: la valchiria ti sembra ancora più imponente e maestosa.
«Girati, 678943. Devo ammanettarti». Deglutisci, ma esegui. Ti volti, senti le mani forti della donna sui tuoi polsi, poi un “click” freddo che ti costringe a tenere le braccia dietro la schiena. Poi di nuovo, le sue dita sulla tua nuca, ti spingono fuori, con una strana, ferrea dolcezza.
Respiri velocemente, scendi le scale che hai percorso infinite volte, ma non ti sembrano neanche le stesse. Uscite dall’edificio che fino a poco prima chiamavi casa, e forse non lo sarà più. Vedi una macchina nera davanti a te, una station wagon di lusso, nera, con i vetri oscurati. Fai per raggiungerla, ma senti la mano forte della valchiria sulla tua spalla: in uno strattone ti gira verso di lei: in quadri il suo volto giovane ma dai tratti severi, per quanto femminili, gli occhi ghiacciolo, le labbra rosse e quel seno prosperoso stretto nella divisa militare.
«Devo bendarti» la domanda che stai per fare ti si blocca in gola. Le dita della donna premono sulle tue guance «Apri la bocca» ordina, quando esegui ti infila tra le labbra un pezzo di stoffa, o qualcosa del genere. Non ne sei certo, ma ti impedisce di parlare e affatica la respirazione. La valchiria prende qualcosa dalla tasca: un sacchetto di un materiale vagamente poroso, e te lo mette in testa: ora sei al buio. Senti una mano sulla tua testa: la valchiria ha la premura di farti abbassare per farti entrare in macchina. Ti ritrovi seduto sul sedile. Senti il corpo della valchiria che sfiora il tuo fianco. La macchina parte, non sai chi stia guidando. Puoi solo pensare. Ed aspettare. Attendere, restando al buio. Il tempo si fa vuoto di azione e pieno di pensieri. Il buio sempre più fitto, il respiro faticoso, la mente meno sveglia…
''
[[La prigione]]''La prigione''
Non sai quanto tempo sia passato. Ma quando riprendi in parte coscienza, e l’uso della vista – piano, ti abitui alla luce. Sei in una cella anonima: sbarre di ferro, un singolo letto spartano, un piccolissimo bagno senza porta. Un minitavolino, sulla sinistra, su questo una scodella di plastica bianca con del pane e dell’affettato, ed un bicchiere d’acqua.
Sul letto, un foglietto con una matita.
Sul foglio una scritta a macchina: “Entro questa notte, devi scegliere quale sarà il tuo destino. Dove andrà il tuo sacrificio? Dove chiederai di essere portato?
a) Agli studi televisivi
b) al Laboratorio Medusa”.
Su ogni opzione, c’è un classico quadratino, dove poter mettere la croce.
Ti ricordi vagamente dei tuoi tempi di scuola elementare, quando al mattino il gruppetto dei maschi aiutava le studentesse a sistemare la cartoleria, puliva la loro biancheria, prendeva appunti per loro; ma nel pomeriggio frequentavi le tue lezioni. A volte, i test a crocette dei compiti. Erano i tuoi preferiti. Le domande aperte ti mettevano più in soggezione. Troppe cose a cui pensare.
IL RISVEGLIO
Quando ti svegli, due guardie, due valchirie ti guardano da dietro le sbarre. Nessuna delle due ti sembra sconosciuta, anche se hanno questo vizio, loro, di vestirsi uguale e spesso portare la medesima acconciatura: abiti militari, stretti sulle forme, pantaloni e stivali. Sulla cinta una frusta ed una pistola.
La valchiria sulla sinistra, bionda, dagli occhi di ghiaccio, ha, come l’altra, una spada dietro la schiena. La sua compare ha i capelli rossi, è più scura di pelle, ed ha una leggera sciarpa sul collo, tra il marrone scuro ed il rosso. Sembra più un piccolo vezzo estetico che una copertura.
Ti metti seduto sul letto, poi ti alzi, e le senti parlare. Ma non capisci quello che dicono: hai sentito dire che le valchirie, addestrate da bambine, certe perfino da infanti, alla guerra ed alla difesa del regno e dei sovrani di Melody, studiano una lingua artificiale che conoscono solo loro.
Nessuno ne sa davvero niente, ma le parole che si scambiano sono al contempo esotiche, rapide e veloci: se dovessi immaginare un sistema linguistico per scambiarsi messaggi ed ordini militarmente, lo visualizzeresti in maniera simile.
Solo che c’è anche qualcosa di soffuso, di femminile, perfino di divertito, nei loro sguardi. Si alternano tra te e loro. E sembra che ci scappi anche una lieve risata. La bionda sembra domandare qualcosa alla rossa, e quest’ultima ride appena, lieve e stranamente adorabile.
Poi di colpo la bionda apre la porta delle sbarre. Le due donne entrano, tu arretri di un passo. Chiedi cosa succede, ma per ora le tue domande vengono ignorate. Le porte vengono chiuse. La chiave viene girata. Siete chiusi dentro.
Ti aspetti che ti chiedano quale sia stata la tua scelta, ma non sembrano interessate neanche a quelle. Ti fissano, entrambe braccia conserte, studiandoti.
Poi la bionda ti parla: «Spogliati, 678943, completamente»
Tu deglutisci, hai indosso una sorta di pigiama bianco, che hai trovato sul letto ieri notte.
«Muoviti»
Allora ti togli prima la maglia, la lasci cadere a terra, restando a petto nudo. Ti sembra di vedere un breve sorriso di attesa e di divertimento, sul volto delle guerriere.
Poi ti siedi sulla piccola sedia in legno per levarti pantofole e pantaloni. Sei in mutande, ti rialzi.
Le due si guardano, la rossa sospira: «Ha detto completamente»
Cerchi di ignorare l’imbarazzo, e ti togli anche l’ultimo vestito. Sei nudo come un verme di fronte a loro, che ti fissano.
Si guardano, poi una di loro, la bionda, gira intorno a te come farebbe una leonessa intorno alla sua preda ferita. Di colpo senti le sue braccia dietro le tue ascelle, poi dietro la nuca: in una presa ferrea ti blocca gli arti superiore, e quasi ti solleva da terra, costringendoti a stare a piedi leggermente alzati. Ti fanno male le braccia, ma la sensazione del contatto con il suo senso ti scalda la schiena. «Non che ce ne sia bisogno, lo so, ma è più divertente così»
La rossa ride, poi si avvicina a te. Posa le mani, entrambe, sul tuo petto, ti accarezza i muscoli e le spalle. Due dita scendono a sfiorarti i capezzoli, poi a stringerne uno in una morsa tra pollice ed indice. Ti sfugge un piccolo grido.
Senti la mano correre sulla tua pancia, poi prenderti i sesso. Muoverlo, iniziare a masturbarti, toccarti, eccitarti. Ti chiedi se dovresti ribellarti, ma non sei sicuro ne di averne la forza, né di averne la voglia, vero?
Lei rallenta il ritmo, poi accelera. Poi di nuovo rallenta. Sempre di più, sempre di più, fino a fermarsi proprio quando stai per esplodere. «Non così in fretta» mormora con un tono che non più quello di una guerriera, ma quello di una giocatrice, o di una dea.
Senti la presa sulle braccia e la nuca farsi più debole, le mani della bionda si portano alle tue spalle «Giù, da bravo» non hai altra scelta che scendere in ginocchio, davanti alla rossa. Fra le due valchirie. Senti una mano fra i tuoi capelli, poi vedi e senti i corpi delle due avvicinarsi, alzi lo sguardo quanto basta per vedere che si stanno baciando, poi senti le loro carni, le loro divise su di te. Sei solo un intermezzo fra loro, ora. Un corpo tra loro, schiacciato tra le loro cosce, mentre si baciano.
Si separano di nuovo, sei confuso, quasi non vedi arrivare il piede della rossa sul tuo petto, costringendoti ora a cadere indietro, mettere la schiena al pavimento, supino. Non sai che fare, recuperi solo un po’ fiato. Poi assisti a qualcosa che non sai se temere o desiderare. In ogni caso, lo fai con tutte le tue forze.
Entrambe le valchirie si spogliano. Lo fanno in sincronia perfetta, all’unisono. Si tolgono prima la giacca, lanciano le cinture sul letto. (Forse potresti scattare a raggiungerle? perché non lo fai?Oh, lo sai perché...)
Poi gli stivali, ed infine i pantaloni. Scopri che non hanno intimo sotto quelle vesti militari spesse: ora sono completamente nude, e sono uno spettacolo di forza e sensualità. Pancia piatta, cosce tornite, seno prosperoso, spalle ben disegnate. Piedi stranamente curati. La bionda è forse leggermente più muscolosa, la rossa ha un incarnato più scuro, i capezzoli più grandi.
Il piede della rossa torna sul tuo petto, ora nudo. «Resisti 678943, e non romperti, poi dobbiamo portarti dove…» alza le spalle «Be’, dove hai scelto.» Ride, di quella novità. Ma non hai il coraggio ora di parlare. Resisti, dice. Cosa vuole dire?
Lo capisci subito. Ora anche l’altro suo piede è sul tuo petto. Il suo peso interamente su di te. La guardi dal basso, troneggiare completamente. Fa paura. Un po’ male, ma è anche… così stranamente piacevole, vero?
Ora si sposta, camminando sopra di te. Dapprima ti mette un piede in faccia. Chiudi un occhio, resisti e mugoli allo sforzo, la testa che ti si comprime. Le dita del suo piede ti toccano le labbra, poi entrano direttamente nella tua bocca, senti l’impulso di leccarle. Perché lo fai? Poi il secondo piede: rimane in equilibrio sul tuo viso. «Fermo, tappettino»
Riesci a star fermo, per secondi di cecità e compressione che sembrano ore. Poi lei si sposta. Torna sul tuo petto, poi sulla parte morbida della tua pancia, l’addome. Qui fa più male, fatichi a respirare. Ma vedi l’altro piede fermarsi sul tuo sesso, giocarci un poco. Accarezzarlo con le dita, poi comprimerlo con la pianta. Fa male anche quando si ferma sulle tue cosce, un piede per ognuna.
Ti starai chiedendo cosa stia facendo la valchiria bionda, in questo momento, ma è presto detto. Dapprima vedi le sue gambe, aperte, sopra di te. Poi la vedi scendere: il sedere che si avvicina sempre di più, tonico e sodo, ma anche morbido e chiaro come il latte. Sempre di più.
Infine, senti del tutto la sua consistenza sul tuo viso, gli occhi vedono solo il latte della sua pelle, il rosso del suo foro più intimo, poi la pressione di tutto il suo corpo. Il respiro ti viene meno. Non sai neppure dove sia l’altra valchiria, ma la senti muoversi: ora è di nuovo sul tuo petto. Ti sta ancora usando come tappeto. La bionda, invece, si è seduta interamente sulla tua faccia.
Per lunghi momenti ti sembra di perdere completamente il fiato, poi la valchiria si alza di poco. Vedi per un attimo da una strana prospettiva, dal basso, i suoi seni tonici, la sua schiena, il suo viso che ride. «Fai un bel respirone, campione» te lo concede: cerchi di prendere più aria posibile nei polmoni, poi di nuovo il suo sedere è sul tuo volto. Di nuovo annaspi tra le sue splendide carni per trovare un minimo di fiato. Di nuovo il tuo corpo trema.
Senti nuovamente un altro peso spostarsi: i piedi dell’altra guerriera sul tuo sesso, poi quella pressione sembra scendere. Pochi istanti dopo, mentre prendi fiato dalla pressione sul corpo, ma non dal sedere della bionda, senti prima le dita, poi l’umido e la morbidezza della bocca della rossa sul tuo pene.
Non ci credi. Una valchiria seduta su di te a rubarti il fiato, l’altra a succhiarti il sesso. Lo fa prima con calma, ma leccando la punta più sensibile, poi quasi divorandoti l’asta. Sei tremendamente eccitato, ma anche spaventato. Più cresce il tuo desiderio, più il tuo cuore batte, più non trovi il fiato. Da una parte senti il tuo corpo gemere, in cerca del piacere. Dall’altra sta soffrendo, in cerca d’aria. Come è complessa la tua anatomia, vero?
Quando credi di non farcela più, ecco che il sedere della valchiria nordica si alza, dandoti modo di annaspare e respirare.
Credi di stare per esplodere, più in basso, ma la guerriera ferma i suoi baci e la sua lingua, e ti stringe il sesso con forza, fino a farti male, forse per timore che tu stia venendo. «Non sporcare, prigioniero, non ne hai il permesso» ti avvisa.
La bionda ride, ora si mette, in piedi, sempre sopra di te ed il tuo viso, ma cambiando direzione. Ora vedi la sua pancia, il suo seno, il suo volto, e la sua vagina.
Di nuovo, le si abbassa, le gambe si piegano, il latte della sua pelle torna su dite, così il suo peso. Ma questa volta la tua bocca e parte del tuo naso finiscono direttamente tra le sue intime labbra. Forse baci, forse lecchi, ma presto la pressione, l’odore – o forse il profumo – sono così forti da impedirti di muoverti a dovere.
E così lo sono i graffi che senti sul petto. Le unghie della valchiria, non sai neanche bene quale, che ti segnano la pelle.
«Vorrei farti bere il mio oro, prigioniero, ma non abbiamo tempo, purtroppo» sospira. «Ti direi che avremo un’altra occasione. Ma ne dubito» tu l’ascolti, mentre ancora annaspi a cercare aria, con tutto il suo peso di lei su di te, ed ora anche l’altro, sul tuo sesso. La rossa si è comodamente seduta tra la tua pancia ed il tuo pene.
«Fra poco sarai una vittima sacrificale in TV, o una cavia al laboratorio… non sopravviverai in ogni caso» lo dice quasi con amarezza, sicuramente con un po’ di dispiacere. Ma nel mentre tu stai pensando che se non si sposta morirai adesso, non ci arriverai nemmeno ad altre destinazioni. Quando tutto diventa più scuro, lei si alza, lasciandoti riprendere fiato. Ora, anche la rossa si alza.
Una delle due valchirie, come prima, ti prende per le braccia e ti “aiuta” ad alzarti. La bionda ti gira intorno, come prima, ti accarezza una guancia, poi si avvicina, ti bacia piano sulla bocca.
«Addio, 678943» sussurra quando si stacca da te. «Allora, che hai scelto?» domanda la sua collega.
Una per volta, le due donne si rivestono, tu ti riprendi, poi fai per rivestirti, ma prima, consegni loro il foglio della scelta. La rossa annuisce, ma sorride «Sia. Ecco come te ne andrai. Non ci avrei scommesso!»
Quando le due donne sono di nuovo completamente armate, anche tu hai di nuovo i vestiti, ma la rossa alza le spalle «Quelli non ti serviranno per molto, dove stiamo andando»
Vai a [[La Partenza]]''Un vicolo scuro''
Hai deciso.
Vedi la Valchiria pronta a saltare dalla ferrea piattaforma, ma ti butti verso la strada, corri a più non posso, la direzione è quella della piazza. Da lì, sai che ci sono molti vicoli dove potersi nascondere. Certo, hai il microchip, ma forse potresti, una volta trovato un rifugio, provare a togliertelo con quel coltello. Hai sentito che qualcuno lo ha fatto. E qualcuno, forse c'è riuscito.
Un passo per volta. Una cosa alla volta. Corri a perdifiato, senti la valchiria atterrare. Grida qualcosa che ora non capisci, ma non ti importa. C'è gran foschia, presto non riuscirà a vederti se sei fortunato. Questo è il tuo quartiere, lo conosci come le tue tasche, potresti riuscire a seminarla.
Stai ancora correndo, vedi la piazza in lontananza. Lampioni candidi e rari, flebili, illuminano quella parte di strada. Non rallenti, non ci pensi neanche. Poi senti un fischio forte, dietro di te. Sembra più qualcosa di meccanico, o elettrico, che un fischio umano.
Lo ignori, prosegui con tutte le tue forze. Le gambe corrono, il sangue pompa, il cervello prova a non pensare. Poi senti un secondo fischio, ma ormai sei sulla piazza. Imbocchi il primo vicolo, comincia a sentire la speranza: non hai sentito passi dietro di te, forse la valchiria ci ha rinunciato, o è caduta male dalla piattaforma. Puoi farcela!
Ma dalla nebbia della sera vedi apparire l'inaspettato: una figura di donna, proprio davanti a te: imponente, solida. Forte. La divisa nera e rossa, i capelli... d'un rosso acceso. Non è lei. Ma ha già in mano la spada! Gli occhi nocciola ti fissano pieni di rabbia. Forse quel fischio la richiamava.
Imprechi, hai un misero coltello da cucina in mano, non puoi affrontare una espertissima guerriera del corpo d'elite di Melody. Ti volti, tenti di scappare di nuovo, verso un altro vicolo della piazza. Due passi veloci, ed altri due dietro di te, poi di nuovo quel fischio, ed un altro, come una sferzata contro il vento. Il dolore alla testa è forte e fulmineo, poi sembra scendere su tutta la spina dorsale. La vista della piazza si fa flebile e confusa. I sensi si indeboliscono. Il piatto della spada ti ha colpito in pieno.
Crolli a terra, la coscienza di abbandona.
[[La prigione]]
''A noi due''
Decidi di non scappare.
Ma non sai ancora cosa fare.
La Valchiria salta agile in strada, dalla piattaforma, poi ti fissa, come a studiarti. Si morde il labbro inferiore, poi scuote un poco la testa, facendo danzare il codino biondo platino.
«Abbiamo perso fin troppo tempo, 678943. Ora vieni con me e non opporre resistenza, e non tentare ancora di scappare, o sarò costretta ad agire di conseguenza, e non ci andrò leggera».
Deglutisci, la vedi avanzare militarmente: così pericolosa, imponente ed austera, ma in qualche modo anche così affascinante e seducente.
Tu rimani fermo sul posto. Non vai verso di lei, non lasci il coltello.
Stai ancora pensando alla tua prossima mossa, vero?
La Valchiria sembra notarlo, si ferma a sua volta.
«E va bene. Ora basta. Come vuoi tu.»
Reclina un poco il collo, schiocca le dita della mano una contro l'altra.
«Ti lascio scegliere, 678943. Coraggio. Puoi decidere di sfidarmi, magari anche ammazzarmi, e poi scappare» sorride. C'è un'aria di superiorità e di orgoglio enorme in lei.
Un altro passo, si ferma a circa un metro da te.
«O combatti senza freni, fai di tutto per sopravvivere. O ti arrendi. A me» sottolinea con vigore, fissandoti.
E in quella sillaba la voce cambia, si fa più calda, più morbida e soffiata, per una sola volta.
«Ma fallo bene, sforzati anche in quel caso, perché non sono dell'umore di sentire cose a metà.»
Cosa è più forte in te, ora?
La paura? O la voglia di vincere, di affrontarla e poi di salvare la tua stessa vita?
Cos'è quel tuo strano istinto di piegarti a lei? È vero? O è solo una debolezza?
Forse puoi vincere, sei pur sempre un uomo, anche se lei ha più esperienza ed è meglio armata. Forse puoi farcela.
Cosa scegli?
[[Se ti arrendi, vai al capitolo: In ginocchio]]
[[Se decidi di combattere, vai al capitolo: Il duello]]
In ginocchio
Non sei uno stupido. Ci hai provato, ma lo sai chi è quella: una valchiria, e persino un ufficiale.
Queste donne vengono addestrate fin da piccole a combattere, a cacciare i maschi ribelli, ad essere inarrestabili. Vengono scelte per la forza, la foga, e la furia.
Sono come gli spartani greci, ma più seducenti. E talvolta sparano.
Decidi di arrenderti.
Lasci cadere il coltello. Questo risuona sul pavimento asfaltato. Poi ti metti in ginocchio, chiedi perdono.
La valchiria ti guarda dall'alto, troneggia su di te. Assottiglia lo sguardo, fissandoti. Poi alza un piede, ricoperto nello stivale militare, e infila la punta tra le tue gambe, toccandoti appena, poi riposa la suola a terra.
«Leccalo» ordina.
Tu deglutisci, ma non hai tempo né possibilità, né forse voglia di chiedere, ti chini su di lei, a quattro zampe, e segui il suo ordine, lecchi il suo stivale.
La valchiria continua a fissarti, attende lunghi secondi, forse minuti, lasciandoti a quel lavoro. Poi infila le dita tra i tuoi capelli, tra la tua fronte, ti accarezza dolcemente. Scivola con il pollice sulla tua guancia, poi percorre, piano, l'intero profilo delle tue labbra, infilandoti quel dito in bocca, alla fine, a saggiare la tua lingua.
Inspira languidamente, come chi non sa aspettare.
«Ti ho detto di impegnarti, o giuro che ti taglio la gola»
e con un gesto secco si cala i pantaloni, le gambe larghe, di nuovo la mano sulla tua nuca, ti spinge contro il suo intimo, la tua bocca contro le sue intime labbra, costringendoti a leccarla, a darle piacere.
E tu ti impegni davvero. Sembra che tu ci riesca, dai versi che si lascia sfuggire dalla bocca. Nulla di freddo. Chi l'avrebbe mai detto.
Poi di colpo ti allontana con un gesto brusco, torna a tirarsi su i pantaloni e ritorna alla sua espressione austera. Chiude gli occhi, sembra pensare rapidamente. Si morde il labbro inferiore. Tu sei ancora in ginocchio davanti a lei. Devi attendere il responso. Cosa ha in mente?
«Non ti porterò al centro, 678943. Risulterai morto per tutti, per l'archivio centrale, per Melody. Hai tentato di scappare e non ce l'hai fatta » racconta.
E ora, di nuovo quel sorriso: non è orgoglio o supremazia, è... possesso.
«Ti porto a casa mia. Da ora sei mio» dichiara.
Libera la frusta dalla cinta, mentre non capisci cosa sta dicendo. Cosa sta succedendo. Te la lega al collo, poi senti stringere.
«Non resistere, piccolo. Quando ti sveglierai sarai a casa mia... nel mio sotterraneo... oh, le cose che voglio farti...»
La sua voce ti sembra sempre più lontana, sempre più distante... sempre più lontana... fino a quando la nebbia della città non ti entra negli occhi, ed i tuoi sensi si fanno spenti.
[[Vai al capitolo: a casa della Valchiria]]
''Il duello''
Sei pronto a combattere, o forse, semplicemente, senti di non avere scelta.
Stringi le dita sul coltello da cucina, guardi la Valchiria.
La vedi estrarre con un movimento la lunga spada. Per un attimo sembra rilucere. Ma non ti fai spaventare: anzi, agisci quando hai ancora un piccolo vantaggio, quando non sembra pronta, quando forse non ha ancora estratto interamente la spada: è il tuo momento!
Ti scaraventi contro di lei con foga, lama alla mano, i suoi occhi ti sembrano sorpresi. Punti al fianco, a colpire le sue carni. Lacerarla in punti vitali.
Muovi in un unico gesto fluido il braccio, ti sembra di arrivare a destinazione.
Ma ti accorgi di essere caduto nel suo tranello. Ha esposto il fianco, per bloccarti con l'avambraccio il polso tra il suo braccio ed il fianco. La lama parallela al suo corpo. Fai per liberarti da quel blocco, ma un colpo dell'elsa ti arriva in faccia, fortissimo.
Cadi a terra e sputi qualcosa: sono tre denti. E dov'è finito il tuo coltello?!
D'improvviso un tonfo al petto, il suo stivale ti costringe al suolo. La Valchiria sale letteralmente su di te, e con l'altro piede ti sferra un calcio sul volto. Sputi ancora sangue, la vedi troneggiare su di te. Ed ancora, quel sorriso beffardo. Cerchi di farla cadere, spingendo via le sue gambe, ma lei cade volontariamente in ginocchio. Esattamente sui tuoi gioielli di famiglia.
Ululi per il dolore, ma il grido risulta spezzato. La mano della valchiria ti afferra la gola, stringe con una forza incredibile. Come altre volte, senti le sue dita tra la tua nuca, sui capelli, ti spinge verso di lei: per qualche attimo affondi nel suo seno con il viso. Quel buio, quella presa, ti assorbe completamente: dolore, sensualità, aritmia cardiaca e asfissia sono un intreccio senza precedenti, poi quella mano ti costringe al suolo.
La valchiria è a cavalcioni sopra di te. Cerchi di muovere le braccia, ma hai perso energie e la sua mano sul collo le limita ulteriormente, e quella spada di terrorizza. Ora la lama si ferma sulla tua gola.
«Shhhh» intima, mentre si muove su di te.
Senti il suo peso, le sue gambe che stringono i tuoi fianchi. L'intimità di lei, dietro i pantaloni, sulla tua. Poi si china su di te, gli occhi del ghiaccio ti sembrano entrare dentro.
«Ti avevo avvertito, cazzone»
Per una volta non ti chiama con il tuo numero identificativo, ma non è un sollievo.
«Potevamo essere altro, insieme»
Hai paura a tentare altro: la tua bocca sa di sangue, la testa ti fa male, così il collo, la lama sulla tua gola. Vedi il suo viso avvicinarsi, la sua bocca premere contro la tua e quel bacio affamato ti fa male. Il suo rossetto è ora il tuo sangue. Senti la sua mano scendere sul tuo petto, poi infilarsi tra i tuoi pantaloni e stringerti il sesso. Continua a baciarti.
Non capisci nulla, non sai a cosa credere. La minaccia si sta trasformando in altro. Arrivi perfino - l'istinto ti guida, a rispondere a quel bacio. Senti le dita di lei sulla tua eccitazione, le sue labbra ed i suoi denti afferrarti la bocca, poi uno scatto di ferro. L'inquietante rumore di una lama che passa sulla pelle, o su un osso: il tuo sangue che sgorga dalla gola.
La vista che si annebbia, il tuo corpo che sussulta. Eppure, giureresti che lei ti stia ancora baciando. Che i tuoi pantaloni vengano strappati, e che la valchiria continui a muoversi sopra di te. A farti suo.
Ma le forze vengono meno, come il dono del sangue, ed il battito del cuore.
Ognuno, in fondo, ha una diversa rappresentazione del paradiso, del tutto, suo, quando muore.
''[Fine.
Puoi ovviamente tornare indietro e scegliere altre alternative, esplorare altre diramazioni]''''A casa della valchiria''
Quando ti riprendi, sei in uno spazio sconosciuto.
Tutto è illuminato da candele, ed un gran fuoco nel camino.
Sei indolenzito. Ti scuoti, senza riuscirci. Quando cerchi di portare le mani al viso, ti accorgi di essere bloccato.
Sei legato ad una croce.
Sei completamente nudo. I polsi alle estremità alte. Le caviglie al legno centrale. Se non altro, i tuoi piedi sono a terra. Ma anche la tua fronte è legata alla croce di legno.
Di fronte a te, ora la vedi, la valchiria.
Non indossa la divisa militare.
Indossa un abito femminile, ma terribilmente scarno e sensuale. Sembra pelle. Le copre solo il seno, poi scivola sui fianchi lasciandole scoperta la pancia piatta e tonica, scivola sull'intimo coprendolo in parte, e lascia le gambe sode, nude, fino alle scarpe lucide e scure. La pelle artificiale crepita leggermente quando la donna respira, all'altezza del petto prosperoso.
Vedi un gran tavolo di legno e, sopra questo, una serie di strumenti non molto rassicuranti: una frusta, una tenaglia, un affare di ferro che sembra proprio uno di quegli aggeggi da far scaldare per marchiare a fuoco il bestiame. E ancora: delle corde, manette, candele, ed altro che non sapresti dire, al momento.
La Valchiria sorride, si avvicina a te.
«Bensvegliato schiavetto...»
La sua mano scorre sulla tua pancia, poi sul tuo sesso, si avvicina con la bocca a te e la pretende, la bacia, i denti mordono il tuo labbro inferiore, poi il tuo collo. La sua lingua ti lecca il petto all'altezza dei capezzoli, poi la guerriera si allontana di poco.
Ti guarda come guardasse un'opera d'arte.
La sua.
Legata alla croce. Impotente, eppure così bella.
Si avvicina al tavolo, guarda tra i vari strumenti.
«Proprio non so decidere» e si accarezza una guancia.
«Con cosa potrei cominciare...?»
Sorride, si volta verso di te.
«Frusta o marchio?»
Forse ti conviene stare zitto.
Forse il tuo animo implora proprio una di quelle scelte. Forse puoi chiederne un'altra!
Lei sembra leggerti dentro.
«Ti do 10 secondi: se non scegli, prendo la spada e te la infilo nel cuore. Mi piaci, ma di uno schiavo che non obbedisce subito non me ne faccio niente» chiarisce.
Poi torna a sorridere, e conta «10... 9... 8... 7...6 ...5 ...4 ... 3.... 2...1... Frusta o marchio?»
Cosa scegli, lettore, ehm, schiavo, ehm 678943?
Frusta o marchio?
[[Se scegli il marchio, val al capitolo: Il Marchio]]
[[Se scegli frusta, ovviamente, vai al capitolo: La Frusta]] ''Il Marchio''
//"10, 9, 8, 7 ... 6, 5, 4, 3 ... 2, 1..."//
"Marchio!"
Non sai bene perché lo dici. Perché fai quella specifica scelta: forse era quella di cui avevi più paura, ma è quella che è salita più velocemente al tuo cervello e uscita più istintivamente dalla tua bocca.
Forse, per qualche oscura ragione del tuo oscuro cuore (quanto ci conosciamo davvero?) è quello che desideri profondamente: appartenere ad una donna come quella così a fondo da essere considerato completamente suo. Al punto tale da essere marchiato.
La valchiria sorride, e lo fa con uno sguardo che è, insieme, dolce, soddisfatto e perverso.
La guardi, vestita di quella pelle scura, in quell'abito che sembra giocare sul suo corpo sinuoso, dalla pelle candida e liscia, ma anche i tratti forti, eppur sempre completamente femminili.
Lei allunga una mano verso di te e ti accarezza prima il volto, poi le labbra, infine il petto, fermando il palmo sul tuo cuore, a sentirne l'eccitazione, il battito forte. Lei inspira d'eccitazione.
«Lo sapevo, l'ho saputo dal primo istante. Quando, prima della lotteria, prima di tutto, ti osservavo tornare a casa. Sapevo che saresti stato mio»
Deglutisci, e fremi, legato a quella croce che è anche una ruota.
«Sarò onesta: sarà il dolore più forte che avrai mai sentito ... ma simboleggerà l'inizio della tua nuova vita. Mi apparterai del tutto, e ciò sarà inciso sulla tua pelle, è stupendo».
Hai paura.
Hai ovviamente paura, ma puoi dire di non provare anche un brivido d'eccitazione, di fronte a quella follia?
Lei inspira ancora, poi si china a baciarti sulle labbra.
Non sapendo cosa fare, tu rispondi, le vostre labbra premono, le vostre lingue si rispondono, poi lei si allontana spingendo un poco sul tuo petto.
Lei sorride nuovamente, e si volta; tu rimani confuso a guardarle la schiena ampia ma sensuale, e il sedere pieno.
Lei si avvicina al tavolo, scorre con le dita sulla frusta, poi su una sorta di tenaglia, su un gatto a nove code, su un dildo rosso, ma si ferma su quanto è stato deciso: un marchio di ferro.
Prima si infila dei guanti robusti e lunghi, che crepitano sulle sue dita quando li indossa.
Quindi prende per mano il marchio e lo osserva, te lo mostra: il simbolo è una sorta di V dalla quale diparte una spirale semplice che termina con una A che sembra abbia un occhio nel triangolino in alto.
«Ogni valchiria di alto grado ha un suo preciso simbolo. Questo è il mio. Una volta marchiato, non apparterai più davvero allo Stato. Apparterai a me. Neanche la Lotteria ti vorrà reclamare, troveranno un altro soggetto. Tu ... sarai solo mio».
Da una parte è una liberazione: chi partecipa alla lotteria è spacciato, in un modo o nell'altro. Dall'altra, non hai la più pallida idea di chi o come sia davvero la donna che hai di fronte. Come sarà vivere con lei? Perché certo, anche di questo si tratta. Le valchirie non si liberano dei loro averi.
«Preparati 678943... ci siamo quasi» ti avverte, e si avvicina al fuoco già acceso del camino.
Ci mette dentro il ferro, per farne scaldare la punta, e quindi il suo simbolo di riconoscimento. Il suo brand.
Ma si gira verso di te a precisare:
«Appunto... più tardi non sarai più 678943 e non sarai più neppure» (pronuncia il tuo nome) «ti sceglierò un nuovo nome, ti ribattezzerò».
Torna a guardare il fuoco nel camino, ma non sembra convinta. Si scosta. Si abbassa ad armeggiare con quella che sembra una bombola a gas da campeggio, poggiata sul pavimento, l'accende e questa emette una fiammella stretta, quasi a laser.
«Molto, molto meglio»
Ora riposiziona il marchio su quella fiammella, che è quasi più blu che arancione o rossa. Deve essere caldissima e molto più precisa.
Lei maneggia bene il marchio, il ferro, in modo che tutta la superficie del simbolo prenda fuoco. O meglio, che diventi perfettamente incandescente.
Tu guardi tutta l'operazione, bloccato dove sei. Forse hai provato a tentare di liberarti, ma quei blocchi alle braccia ed alle gambe sono perfettamente stabili e completamente inamovibili. Forse potresti gridare, ma non servirebbe a nulla. E se anche accorresse qualcuno rischieresti di finire nel gioco della lotteria, ed in bocca alle succubi. Insomma, dalla padella alla brace. No, non ti conviene.
Ma quel marchio che ora sembra sempre più caldo, più rovente, ti mette il panico.
Essere considerato come una vacca da marchiare, ti sembra assurdo.
Ma i tuoi pensieri vengono ora spezzati dal suo dire:
«Sono quasi pronta... non essere impaziente» e ride appena, divertita, e sicuramente eccitata.
Ancora qualche secondo, in cui lei scalda ancora il marchio, che sembra divenire di fuoco, e tu senti il peso della tua ansia e della tua agitazione scuotersi nel tuo cuore.
La valchiria termina, mugola appena, poi si avvicina a te a grandi falcate.
Eccola davanti a te, ora. Ti fissa mentre il tuo corpo freme, mentre sa che hai paura, mentre ti immagini quale sarà il tuo dolore.
Fino a dove potrà arrivare? E quanto urlerai?
«Ci siamo... sono solo indecisa...»
Sembra osservarti meglio, i suoi occhi chiari si fermano prima sul tuo petto, a sinistra, poi sull'addome. Vicino al sesso.
«Oh, be' male che vada lo rifacciamo!» e ti fa l'occhiolino.
«Ma dobbiamo sbrigarci o si raffredda, quindi...»
Abbassa il ferro, fino ad avvicinarsi, pericolosamente con la punta incandescente e rovente al tuo sesso.
Non vorrà mica ... ?
Ma poi vedi che si alza appena, punta sul tuo addome, sulla sinistra, molto vicino a dove inizia l'anca.
Tu fremi più forte, la tua pelle guizza. Lei ti fa cenno di no con la testa bionda.
«Stai fermo cucciolo, deve venire bene»
Carezza la tua pelle su quel punto con il guanto della mano destra, poi poggia la mano sul tuo fianco, a tenerti più fermo.
«Chiudi gli occhi se vuoi... ora conto fino a cinque. E ti marchio, finalmente».
La sua eccitazione si combina alla tua paura: crescono insieme e si intrecciano come serpenti in amore.
Scegli di tenere gli occhi aperti, guardi il suo petto gonfiarsi per i suoi respironi, gli occhi puntare a quel punto della tua pelle. La sua mano su di te, l'altra sul marchio incandescente.
«Uno....» deglutisci
«Due...» ci siamo...
«Tre...» quanto può essere lungo ed estenuante, un solo secondo?
«Quattro... » oddio, lo farà davvero?
«Cinque»
In un movimento la valchiria posa il marchio sulla tua pelle, sul tuo addome, vicino all'anca e non lontano dal sesso stranamente eccitato.
Aveva ragione: un dolore così non lo avevi mai sentito.
Il rumore che senti è angosciante ed inumano: hai in mente quando metti a soffriggere la pancetta? Ecco, quella è la tua pelle che sfrigola. L'odore è di pelle bruciata. La tua.
La fitta di dolore parte dall'anca, da quel preciso punto dove stai venendo marchiato, e sale lungo la spina dorsale, costringendoti a tirarla. Allungare il collo, strabuzzare gli occhi. E la tensione muscolare diviene un urlo atroce, che rimbomba tra le pareti di quel sotterraneo, a casa della valchiria.
Il tutto dura forse solo pochi secondi, ma sembrano giorni.
Il tuo urlo si accompagna al suo respiro eccitato e fremente. Fino a quando allontana il marchio della tua pelle: il dolore non se ne va ancora, ma cambia forma, diventa leggermente più sopportabile. Senti però ancora la tua pelle piangere.
Lei si china su di te: guarda la sua opera d'arte.
«Fra poco sarà perfetto, cucciolo». Forse ormai sarà quello il tuo nome.
Ti bacia appena sotto quel marchio, sulla coscia, poi sul sesso.
La sua bocca sembra fredda e bagnata, in paragone a quel dolore.
Si rialza e ti guarda: i suoi occhi sembrano fatti di desiderio.
«Sei tutto mio» ripete.
Poi torna a baciarti con foga: il piacere si mescola al dolore, e quando si stacca da te, vedi la valchiria strapparsi letteralmente le vesti di dosso. Con un unico gesto si mostra a te nuda e potente: il seno libero da ogni straccio, le cosce tornite e vigorose, della peluria bionda tra le gambe. Con un movimento si libera anche delle scarpe.
«Non resisto, non resisto»
Il calcio che arriva ti violenta il fiato. Poi senti la croce crollare: un rumore cupo di legno che si spezza, poi la sensazione di perdita di gravità, mentre permane il bruciore all'addome. Sei a terra, legato alla croce, a pancia in su. Su di te, troneggia la valchiria, che ora, letteralmente, ti salta addosso.
Poi sono baci che sembrano morsi, o forse morsi che sembrano baci.
Sulle tue labbra, sulle spalle e sul petto, perfino sulle ascelle.
Il suo sesso si sfrega sul tuo viso, poi ti sale sopra, ti monta, ti cavalca.
Le mani sul tuo petto, il fuoco lo senti sia dentro di lei, sia sulla pancia.
«Vienimi dentro, schiavo!»
Lo urla, mentre posa le mani guantate al tuo petto, l'unico vestito che le è rimasto.
La senti vigorosa, danzare sopra di te, premere sul tuo sesso, ed il dolore del contatto della sua pelle sulla tua ferita si mescola al piacere che deriva dall'abbraccio dei sensi. La tua paura, la tua confusione diventano anche eccitazione e resa a quella che ora è la tua padrona. Padrona che ti cavalca, ancora, fino a quando esplodi il tuo piacere dentro di lei, e fino a quando ti senti così stanco e così a pezzi per il dolore, lo sforzo, la paura ed il piacere che non sai dire se sei vivo o se sei morto.
Ma sei vivo, certo che sei vivo. Ora c'è lei a proteggerti, a salvarti.
La senti poggiarsi su di te, poi liberarti le braccia ed i piedi. Ti abbraccia, poi sorridendo si mette supina. Lascia che il tuo viso poggi sul suo seno morbido e capiente, come un cuscino. Ti accarezza ed i capelli lentamente e con dolcezza. Riesci quasi ad ignorare il dolore.
Chiudi gli occhi, stanchissimo, pensi solo a cercare di riposarti, su quel bel seno.
Lei ti coccola dolcemente, ora, piano.
«Riposa cucciolo, sei al sicuro ora...» ti sussurra piano, e sdraiato su di lei, stretto tra le sue braccia, riesci davvero a crederci.
'' Fine - ovviamente puoi tornare indietro e esplorare nuove strade.''
''La Frusta''
Lei sembra leggerti dentro:
«Ti do 10 secondi: se non scegli, prendo la spada e te la infilo nel cuore. Mi piaci, ma di uno schiavo che non obbedisce subito non me ne faccio niente» chiarisce.
Poi torna a sorridere, e conta:
«10... 9... 8... 7...6 ...5 ...4 ... 3.... 2...1... frusta o marchio?»
«Frusta!»
Lo gridi d'istinto. Forse hai tendenze sadomaso. Forse del marchio hai troppa paura.
La valchiria annuisce.
«Molto bene, schiavo».
Ti sorride, poi si volta, mostrandoti la schiena forte, ma comunque sensuale, dalla silhouette decisamente invidiabile.
Si avvicina al tavolo a falcate lente e teatrali, poi fa passare la mano tra vari modelli, dal gatto a nove code, allo sjambok, ma infine recupera una frusta in pelle di tipo classico. Ha il manico rosso e la coda nera ed è costruita a spirale.
Frusta l'aria, facendola vibrare e scattare con un gran colpo, mentre ti guarda.
«Dovrei girarti di schiena, ma no. Ti frusterò così come sei... farà più male... ma... manca qualcosa».
Si guarda intorno, mentre tu la osservi. E noti quell'arnese, non è certo un giocattolo, sembra resistente.
La valchiria recupera una benda nera, e ti si avvicina. Fa passare la frusta, piano, sul tuo petto, poi sull'addome, poi l'arrotola piano sul tuo sesso.
«Oh, ma ci stiamo eccitando! Calma piccolo, ora te le suono, un attimo di pazienza»
«Ma non...»
Ti arriva uno schiaffo potente, pelle e stoffa che ti colpiscono la guancia.
«Zitto. Parlerai solo per urlare»
Gioca ancora un po' con la frusta, poi la lascia appesa al tuo sesso. Procede quindi a bendarti con la stoffa.
«Così è più divertente, vero...? non devi sapere cosa ti accade!»
Ora srotola la frusta dalla tua asta, senti che si allontana di qualche passo. Ora che succederà?
Passano alcuni lunghi secondi, in cui non ti sembra di sentire niente.
Poi, di colpo, d'improvviso, la frusta fende violentemente l'aria: ma non senti dolore, la frusta non ti colpisce, ti passa solo vicino. Ne percepisci però la paura.
Poi senti la sua risata.
«Quando colpirò, mh? Non lo devi sapere... ma visto che non vedi, ti aiuto»
Dapprima non capisci, poi ti è subito chiaro.
«Alzo il braccio. Inarco la schiena, piego indietro il polso, irrigidisco le natiche e...»
Il racconto si interrompe, di nuovo silenzio.
Poi arriva improvvisamente, una sferzata sul petto. Come sale su di una ferita aperta.
Il dolore ti arriva alla testa e ti fa saltare sul posto, ma le corde ti tengono legato alla ruota.
«Uno, due e...»
Stai ancora attutendo il colpo, starà arrivando la prossima frustata?
Ancora nulla. Silenzio. Poi senti l'aria che si sferza violentemente e, di nuovo, non ti colpisce. Il suono spezza l'aria e poi colpisce il pavimento.
«Sarebbe troppo facile sapere quando... colpisco».
Ma ora è chiaro: quando pronuncia quella parola di nuovo senti il rumore del braccio e dell'arma: e la frusta ti colpisce in pieno, in orizzontale, sull'addome.
Urli per lo spavento e il dolore. La tua voce rimbomba nel dungeon.
«Urla, urla quanto cazzo ti pare. Ti sento solo io, e non smetto».
Un'altra sventagliata, ora, una vera e propria raffica fino a farti lacrimare, sicuramente arrossare e sanguinare il petto.
«E uno, e due, e tre.... e.... quattro!»
L'ultima è più forte, quasi all'altezza del collo.
Rantoli più che urlare. Senti la sua voce eccitata e violenta.
«Rischio di spaccarti la faccia o di prenderti il sesso e tranciartelo così, messo sul davanti... ma fidati... non sbaglio un colpo. Ricordati chi sono»
Forse vuole essere una rassicurazione, ma non lo è per nulla.
«Di nuovo alzo il braccio, piccolo... mi preparo a frustarti... inarco la schiena, sistemo il polso e... via!»
Ancora. Un'altra frustata in pieno petto. Che ti prende quasi esattamente dove ti ha colpito prima.
«E due, e tre... e...»
Ti colpisce la seconda, poi la terza.
La quarta non arriva.
Riprendi fiato, ma non capisci, non sai per quanto.
Silenzio nella stanza, buio nei tuoi occhi. Dolore sulla tua pelle. Il cuore che batte. Forte, forte.
Di colpo, senti la sua mano sul tuo petto, ti accarezza piano, ma senti anche il fastidio quando passa sulle ferite.
«Fatti forza ora... ne hai bisogno...»
Si allontana, senti il rumore dei suoi tacchi.
«Niente avvisi ora».
Tu deglutisci.
Passano 5, o forse 10, o forse 15 secondi. Poi arrivano. L'una di seguito all'altra. Sette frustate.
Una. Due. Tre. Quattro. Cinque... Sei... Sette!
All'ultima non hai neanche la forza di urlare.
Il tuo viso è in lacrime, il tuo corpo chiede pietà. E perfino lei sembra stanca. Ti sembra di morire.
Poi qualcosa ... la sua mano, ti libera un polso, poi il secondo ... non hai forze. Cadi in avanti. Ma cadi sul morbido. Sul seno della tua padrona, che ti abbraccia dolcemente.
Poi si china, tu scivoli in ginocchio con lei. Non hai neanche la forza di toglierti la benda. Rimani stretto tra le sue braccia. Ora sembra consolarti.
«Sei stato bravo piccolino... sei il mio schiavo... e ti modellerò sempre di più... »
Ti carezza i capelli, poi la schiena. Poi si sdraia e tu cadi sopra di lei, ancora stretto in quell'abbraccio.
Il suo seno è il tuo cuscino.
Lì cerchi riposo, in colei che è il tuo destino.
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''FINE - ovviamente puoi tornare indietro ed esplorare altre strade''
''La Partenza''
Quando ti svegli nella prigione, sei da solo. Ti guardi appena intorno, poi bevi quel bicchiere d'acqua che ti hanno lasciato sul tavolino.
Ecco come vuoi andartene.
Le due valchirie annuiscono, poi aprono le porte, una di queste ti spinge fuori.
Prendi il corridoio che le amazzoni ti indicano. Chiedi loro qualcosa, ti fermi, ma di nuovo vieni spinto in avanti.
Per lungo tempo ti ignorano, mentre percorri un lungo corridoio: altre stanze, altre celle uguali alla tua si trovano ai lati. Alcune vuote, alcune piene.
Quando sei davanti a un'altra porta rinforzata, le valchirie ti fanno cenno di bloccarti.
La nordica ti avvisa:
«Niente scherzi, ora ti ammanetteremo e benderemo. Poi saliremo nella macchina fuori. Fra mezz'ora sarai alla tua destinazione. Goditi il tuo ultimo viaggio»
Deglutisci, potresti forse ribellarti?
Ma vedi quanto sono armate, e chissà che altro c'è dietro quella porta.
Tiri un gran sospiro, sperando che lei si sbagli, ma resti docile: la rossa ti mette le manette ai polsi, poi un sacchetto in testo, e tutto diventa nero.
Senti una mano forte sulla spalla che ti guida. Ascolti una chiave che gira nella toppa, cammini ancora un poco, poi capisci di essere all'esterno.
Ti avvertono delle scale, e ti guidano oltre. Poi la mano sulla testa: ti siedi sul sedile della macchina, che parte.
Come partono i tuoi pensieri: cosa ti succederà, dopo? Sei veramente alla fine del tuo viaggio?
Cosa hai fatto per meritarti tutto questo?
E solo ora, lo noti, qualcosa che ti infastidisce un palmo. Un ferretto che viene fuori, forse dal sedile.
Una molla rotta, forse? O una forcina caduta a qualcuno? Non lo sai ancora. Pensi anche che sembra quasi lasciata sul sedile, o forse il fato ha voluto che la trovassi.
La trattieni tra le dita, forse potrebbe aiutarti a salvarti.
A liberarti dalle manette, e poi, chissà, guadagnarti la libertà.
Devi solo trovare il momento giusto. L'occasione perfetta.
I pensieri girano nella tua testa come una spirale impazzita.
Ma il tempo sembra sfuggirti dalle dita e correre più veloce del tuo cuore.
«Siamo arrivati, campione, scendi»
La porta si apre.
Scendi dall'auto, ancora privo di vista, ancora ammanettato.
Una mano torna sulla sua spalla, ti spinge su altre scale.
Capisci di essere entrato in un edificio.
Qualcosa si chiude alle tue spalle, poi, il sacchetto ti viene tolto e puoi guardare quanto hai di fronte.
''Se hai scelto studi televisivi'': vai a [[Studi televisivi, l'ingresso]]
''Se hai scelto laboratorio Medusa'' vai a [[Laboratorio Medusa, l'ingresso]]
''Studi televisivi: l'ingresso''
Riacquistata la vista, ti trovi in una stanza piuttosto grande, rettangolare, con un solo corridoio alla sinistra. La porta che dà all'esterno, dalla quale sei appena entrato, è chiusa e altre due valchirie, una di colore ed una brunetta, relativamente bassa per essere un'amazzone, la controllano. Infine, un'altra porta, sulla destra, completamente rossa, è controllata da due donne interamente ricoperte di latex, dai piedi alla testa, dove indossano delle maschere antigas. Una ha il pvc nero, l'altra d'argento. Le forme sinuose sono visibili in quella strana e stretta veste. Alla cinta, entrambe hanno un manganello elettrico tipo taser.
La stanza brulica di gente: ci sono un'altra decina di valchirie, e altri 4 uomini. Tutti ammanettati, e vestiti con un pigiama bianco come il tuo.
Tra tutte le persone lì dentro, ne spiccano due: c'è una ragazza giovane, sui vent'anni, vestita in jeans ed un maglione blu, con una telecamera in mano. Ha capelli castani ed un fisico minuto. Sta riprendendo la folla.
L'altra, è una donna più alta, dai capelli tinti di blu e vestita con un abito lussuoso, quasi da cerimonia, che le lascia scoperta una singola gamba, e le scarpe lucide con il tacco. Lo scollo è ovale, sul seno non troppo grande ma ben disegnato, il taglio del viso è delicato, come il trucco sulle belle labbra e sugli occhi verdi.
La conosci: tutti la conoscono. Miriam Levante, consigliera della Regina di Melody e organizzatrice della Lotteria.
Per ogni uomo, ci sono due valchirie, oltre alle due che controllano l'ingresso, ed altre due ferme sul corridoio.
Una di queste viene poi verso di te: ma ti passa solo di fianco, e raggiunge Miriam, per sussurrarle qualcosa all'orecchio.
La Consigliera annuisce. Si sfrega energicamente le mani.
«Bene, allora è tutto pronto per il sacrificio».
A quelle sue parole ti si gela il sangue, un mormorio nasce nella sala.
Un uomo sembra voler correre verso la porta, ma subito viene bloccato e fatto inginocchiare da due valchirie.
A quel punto, l'amazzone che ha parlato con Miriam prende parola.
«Ora è tempo: inutile fare scherzi, dovete solo eseguire gli ordini...»
La consigliera la interrompe con un sorriso:
«Ma tranquilli, ogni vostra resistenza farà parte dello show».
Quindi la valchiria riprende voce:
«E dovete essere onorati di essere stati scelti: verrete consumati dalle succubi».
Ora noti che almeno tre telecamere, attaccate al soffitto sono accese e stanno riprendendo la scena.
Forse siete già in diretta nazionale?
«Per dimostrare la superiorità del Regno, e della Donna!»
Seguono altri mormorii e un paio di sonori schiaffi ad attenuarli.
«Verrete condotti uno per volta lungo quel corridoio, poi fissati al loculo sacrificale».
Atre voci vengono zittite, un pianto si ode appena.
«Quindi, attenderete le succubi, che, giunte trionfalmente, si ... occuperanno di voi, davanti al pubblico presente, e a tutta la nazione!»
Senti quello che dicono, ascolti le parole, guardi la confusione e le telecamere, ma le tue dita si muovono.
Con la massima cautela possibile, stai cercando di scassinare la serratura delle tue manette.
La distrazione altrui potrebbe aiutarti.
Miriam batte le mani, ed a quel gesto le valchirie la seguono, ed anche un singolo uomo, tra i cinque.
Basta un solo gesto per zittire tutti. Ora, è il momento.
Vieni messo in fila lungo il corridoio d'ingresso.
Sei l'ultimo della fila, a chiudere i cinque. Ma già si sentono le voci del pubblico vivo in sala, nel Teatro a cui porta quel corridoio.
Sentite anche la voce di una conduttrice, che, con un sottofondo musicale, avvisa che:
"Il più grande spettacolo del mondo", sta per avere inizio, annunciando l'ingresso dei vincitori.
Così, il primo uomo, guidato dalle due valchirie, fa il suo ingresso sul palco.
Puoi vedere cosa succede tramite uno schermo sopra al corridoio: l'uomo, sulla quarantina, pelato, viene portato dalle valchirie sul palco, osservato da almeno mille donne sedute nel teatro, tra galleria e platea.
Sul palco, Miriam e una bionda conduttrice, vestito in abito purpureo, raccontano la scena.
Preannunciano che i 10 vincitori della Lotteria sono stati divisi equamente - per loro stesso volere, e quindi 5 sono presenti qui oggi.
L'uomo non oppone alcuna resistenza.
Giunto sul palco, dapprima viene presentato al pubblico come "primo vincitore, poi per nome e cognome, quindi per numero identificativo".
Il pubblico applaude al prigioniero, quindi quest'ultimo viene fatto sdraiare supino a terra, poi legato gambe e braccia aperte a delle manette sul terreno. Infine, tramite un coltello, una valchiria taglia il pigiama denudandolo completamente.
«Chi sarà la sua succube? Come sapete, anche loro sono state sorteggiate: la sorte fa padrona in questo gioco tra esseri superiori e inferiori»
Miriam interviene aggiungendo:
«Le nostre succube sono state addestrate per anni ad usare il loro potere seducente e sessuale per essere letali e divine: alcune di loro hanno anche modifiche genetiche e questa sarà l'occasione per vedere quanto sia vero, quello che su di loro si racconta».
Seguono parole eccitate del pubblico, altri applausi.
Tu lo sai cosa si racconta: che alcune di loro possano letteralmente rubare la giovinezza e l'energia vitale agii uomini, con il sesso, fino a consumarli. Altre possono continuare a fare l'amore fino a fermare il cuore del loro compagno. Di altre ancora, si parla più come demoni, che come donne. Melody, del resto, fa ampio uso di iperboli e della mitologia: dai laboratori Medusa, alle Valchirie, alle Succubi.
Ma sai già che nella menzogna si nasconde un'inquieta verità.
Quale sarà la tua?
Ora entra il secondo vincitore, che sembra terrorizzato: dapprima non vuole entrare, e così viene sollevato di peso dalle due valchirie di turno.
Arrivato sul palco, tenta di scalciare ed allontanarsi: viene colpito violentemente allo stomaco, costretto ad inginocchiarsi, poi colpito con un pugno devastante in faccia, infine, mentre il suo corpo trema, viene legato al suo posto. Quindi denudato.
«Vedete, perché facciamo questa lotteria: certi maschi pensano ancora di ribellarsi. Devono ancora accettare il loro destino, e scoprire che è un onore sacrificarsi per Melody».
Miriam presenta quindi il terzo vincitore, che pur tremando viene presentato al pubblico, poi legato e spogliato come gli altri.
Il quarto, un ragazzo molto giovane ed esile, di 23 anni, viene preso sottobraccio ma sul corridoio scappa verso la porta rossa: una Mistress in latex non si fa un secondo di scrupolo a colpirlo con il taser. Il suo corpo rimane in preda alle convulsioni per qualche secondo, poi viene portato sul palco dalle valchirie e, sotto lo sguardo del pubblico e di numerose telecamere, denudato e issato al suo posto.
Infine, ora lo sai, e lo sa il tuo cuore che batte: è il tuo turno.
Senti la voce di Miriam annunciarti. Il quinto ed ultimo vincitore. Ecco il tuo nome, poi il tuo numero identificativo, 678943.
«Non fare cazzate, non serve a niente» ti avvisa l'ormai conosciuta Valchiria bionda. Ella ti prende per il braccio destro, e la rossa fa per prenderti per il sinistro.
Forse l'amazzone nordica ha ragione, ma forse il tuo istinto di sopravvivenza è troppo forte: decidi.
Entri docile, o provi a ribellarti?
Se rimani tranquillo prosegui con: [["Mi lascio portare"]]
Se provi a ribellarti o scappare prosegui con [["Non mi avrete!"]]
''Al laboratorio Medusa, l'ingresso''
Quando ti tolgono il sacchetto di dosso, e riacquisti la vista, ti ritrovi in un ambiente ospedaliero. O almeno, tutto è tenacemente bianco. C'è odore di alcool e disinfettante, e, oltre ad altri quattro uomini vestiti in pigiama come te, vedi varie valchirie, un paio di dottoresse, vestite con un camice bianchissimo, corto sulle gambe e scollato al petto, ed un altro paio di donne vestite interamente in Latex, l'una rossa, l'altra bianca, con tanto di maschera a gas a coprire il volto e tunica aderente a coprire le forme sinuose.
La sala, sembra esattamente una sala d'attesa, molto grande, con relativamente poche sedie.
Cinque di queste, sono davanti ad una moltitudine di porte. Le valchirie ti fanno sedere, vicino ai tuoi compagni. Fate giusto in tempo a scambiare qualche parola, a condannare quanto è successo: perché proprio voi?
A dirvi di che provincia del Regno siete, e a farvi domande, ma nessuno sa niente. Nessuno sa cosa vi aspetta. State attendendo.
Ogni tanto le valchirie vi gridano contro, ma dopo un poco riprendete a parlare sottovoce.
Ogni tanto passa una dottoressa o una donna completamente immersa nel latex, di colore sempre diverso, che percorre la sala ed entra da qualche parte.
Non sapete cosa succederà. Sapete però altro.
Per esempio, che una valchiria ha un fucile puntato contro di voi.
Che ci sono telecamere che vi registrano. E che sulle porte ci sono sì delle scritte, ma sono nella lingua delle valchirie: per voi sono incomprensibili. Qualcuno sa che ognuna di quelle conduce ad una parte specifica del laboratorio. Ogni parte, ha la sua specializzazione.
C'è chi dice che ci siano stanze dove la gente viene ipnotizzata per essere completamente schiava. Chi racconta che abbiano inventato un modo per rimpicciolire le dimensioni degli uomini, e renderli grandi quanto bambolotti. Altri, ancora, che usino una specie di gel per immobilizzare gli uomini nelle forme più strane, per renderli oggetti. Oppure che arrivino a maciullare gli uomini ma tenerli in vita, per usarli come riproduzione genetica di organi. Sicuramente, chi entra qui dentro diviene una cavia, e difficilmente farà ritorno.
Ma il laboratorio Medusa è sempre stato fonte delle più grandi ed oscure leggende metropolitane, nessuno sa davvero che cosa accade, lì dentro.
Qui dentro.
Però, ora, lo notate: quelle leggende sono dipinte su un grande quadro alla vostra sinistra, solo parzialmente nascosto da teli candidi. Sembra quasi vedere la strada della passione, ma sotto forma di laboratorio: alcuni disegni ritraggono uomini così piccoli da stare sul palmo di una donna, altri di gabbie scure dove gli uomini sono rannicchiate, altre ancora di capsule messe sott'acqua, con un maschio al suo interno. Altri disegni sono invece nascosti.
State ancora discutendo, quando un grido velenoso e potente ferma i vostri mormorii
«Ora basta!»
A gridarlo è una donna rivestita in latex viola, ma dal volto scoperto: ha capelli completamente neri ed occhi azzurri, vividi. In effetti, quei ricci ribelli potrebbero sembrare serpenti. Una "M" decorata sul seno sinistro. Si avvicina verso di voi accompagnata dalla valchiria con il fucile.
«State immobili e zitti, o sarà peggio per voi»
Decidete di ascoltare, e la donna dai capelli turchini si avvicina.
Vi osserva piano, con attenzione, talvolta prendendo il mento di un prigioniero e l'altro. Controllando gli occhi, ed i denti. Si sofferma sulla tua guancia, poi sospira. Sembra indecisa.
«Chiamate le direttrici di dipartimento, vediamo come dividerli» e la sua collega in latex, sparisce in una porta.
Nel mentre, quella che qui dentro sembra, oltre ad una strega turchina, anche la momentanea capa, fa cenno ad una dottoressa di «Procedere con la base».
A quel punto quattro dottoresse in camice si avvicinano. Hanno una grossa siringa in mano.
Due prigionieri sembrano volersi ribellare, ma la vista del fucile e a uno schiaffo di una valchiria mettono fine all'agitazione: uno per volta, venite costretti a porgere una spalla, e un liquido latteo viene iniettato nel muscolo.
Non hai la più pallida idea di cosa sia, né hai il coraggio di chiedere. Tanto non ti risponderebbero.
Senti un leggero bruciore alla spalla, poi la testa un po' intontita, come quando al mattino ti alzi reduce da una discreta sbronza.
Cosa diavolo vogliono fare?
Pochi minuti dopo, per quanto non sia facile valutare il tempo ora, tornano cinque donne in latex. Sono completamente coperte. Hanno, tutte una decorazione con la M, uguale a quella della "fata turchina". E una cinta alla vita. Maschera a gas e tunica stretta sono tutte di colore diverso.
Ma ... soprattutto, sono i loro corpi ad essere diversi. Forse è l'effetto di quello che ti hanno dato, ma una di quelle dottoresse, sempre che lo siano, la prima, ti sembra alta almeno due metri, forse due metri e mezzo; è vestita di un latex trasparente, che lascia vedere quei seni enormi e le cosce tornite. Come ci è entrata dalla porta?
Te lo chiedi, ma quando guardi quell'entrata, ora ti sembra enorme, come un arco trionfale cittadino.
Era così anche prima?
Non te lo ricordi.
Una seconda figura, è vestita interamente di rosso, ma ... ora che la guardi bene, da quel latex che le stringe le forme morbide e ben disegnate, sembra grondare continuamente sangue denso. Come se quella veste continuasse a produrlo. E a lasciare gocce per terra.
Guardi i tuoi compagni. Due sembrano inquietati ma non terrorizzati, altri due hanno gli occhi sgranati: vedono quello che vedi tu?
Vorresti chiederlo, ma ti accorgi di avere la bocca addormentata, come dopo un'anestesia troppo forte dal dentista e la lingua sembra seccarti in gola. Non riusciresti ad esprimere niente più di un mugolio.
Guardi verso la terza donna, vestita di argento: non è facile capirlo, perché ogni volta che la guardi ti sembra che la tua vista vada insieme, e ti senti stranamente sperduto e confuso. Alla fine sei costretto a togliere lo sguardo da lei e ti sposti sulla ...
Quarta: vestita di un nero più nero della notte, e del nero stesso, questa figura sembra inglobare ogni luce. Assorbirla. E quando la guardi bene, non ne sei assolutamente certo, ma ti sembra di intravvedere ... un volto o due, maschile ... che per brevi attimi sembrano fare capolino, con facce che gridano senza alcuna voce, all'altezza della plastica del suo seno come se ... fossero chiusi lì dentro. La droga che ti hanno dato ti sta forse dando effetti allucinogeni.
L'ultima, la quinta, è vestita d'oro, ed ogni tanto ti abbaglia la sua luce, che sembra ravvivarsi.
Ha un metro da muratore in mano, ed indossa degli occhialini circolari sul naso, bizzarramente, sopra la maschera antigas. Alla cinta ha una serie di provette multicolore, di materiale plastico trasparente. O almeno credi.
In fin dei conti, ora come ora non riesci neanche a capire se stai sognando o meno.
E se fosse tutto un sogno, quando è iniziato? Da quando sono arrivate le dottoresse, o la fata turchina? O forse, da quando è iniziata la lotteria? O perfino dal momento in cui Melody è stata fondata? O ancora, da quando sei nato? La tua vita, è mai stata reale?
Ora come ora non sei certo neanche di quello.
Ma sai una piccola cosa: che le donne in latex discutono tra loro, e sembrano scegliere il loro prigioniero. La loro cavia.
Le senti parlare di sotterranei, di esperimenti neuropsicologici, di topi da laboratorio. Infine, sembrano prendere un accordo, e dopo avervi studiato, si avvicinano a te.
Non sai chi siano, non sai cosa rappresentino. Forse puoi solo farti un'idea ma ...
Se potessi scegliere, da quale dottoressa vorresti essere scelto e portato via?
Forse la donna color sangue?
O quella color oro?
O è meglio quella trasparente ed enorme?
No, è meglio la dottoressa che sembra fatta di notte, no?
O, infine, preferiresti quelle spirali argentee?
[In ogni caso, non sarai tu a scegliere, no? E dovrai aspettare la scelta delle dottoresse, cavia. Però... pensaci su. Forse, forse, sarai accontentato]
prosegui al capitolo [["Latex trasparente"]]
oppure
prosegui al capitolo [["Latex nero"]]
o ancora
prosegui al capitolo [[Latex rosso]]
''Mi lascio portare''
Effettivamente, decidi di non fare cazzate.
Lasci che le due valchirie ti conducano sul palco: qui, vedi gli altri quattro prigionieri legati a terra. Ecco Miriam e la conduttrice, elegantissime, ripresentarti al pubblico.
«Ed ecco il nostro ultimo vincitore, che docile si prepara al suo ultimo grande onore!»
Vieni dunque fatto sdraiare, poi legato ai ferri con braccia e gambe aperte.
Quando la valchiria si china su di te, la senti sussurrare al tuo orecchio:
«Sappi che eri il mio preferito, piccolo»
Le due amazzoni si allontanano, l'atmosfera, la musica e le luci sul palco cambiano.
Non venite imbavagliati, le vostre grida o i vostri gemiti fanno infatti parte dello spettacolo.
«Ed ora, pubblico del teatro Persefone, cittadine di Melody, il grande momento: Le succubi!»
Tutti applaudono, poi battono le mani ritmicamente a ritmo di una musica quasi di marcia.
E, in modo spettacolare, trionfalmente, le succubi fanno il loro ingresso: scendono da un piedistallo che, come un ascensore scoperto, scende fino al palco.
Tutte sono vestite e coperte quasi interamente, da un telo nero e d'oro, che sembra quello di una cerimonia rituale, e assomiglia in qualche modo ad un kimono giapponese.
I loro piedi sono nudi: un paio di piedini chiarissimi e perfettamente curati, dalle unghie smaltate di verde smeraldo; un paio di piedi grandi, di colore, senza smalto e muscolosi, non privi di calli e sporcizia. Quindi piedi ... che hanno poco di umano, sono grandi, femminili, ma sembrano avere degli artigli, al posto delle unghie. Dunque piedi completamente tatuati, ed unghie leggermente più spesse del normale. E infine, piedi dall'incarnato abbronzato, perfettamente delineati, giovani e dalla conformazione egizia, e smalto viola.
Tutte indossano un cappuccio, al momento il loro volto è in ombra.
Per qualche attimo il pubblico si zittisce: le succubi si posizionano esattamente si fronte a voi.
Puoi vederle tutte, ora, troneggiare sopra di te e gli altri prigionieri.
Chi sarà a occuparsi di te? Ad Ucciderti? O forse hai qualche speranza si sopravvivenza?
Il silenzio è rotto da Miriam:
«Prima di iniziare, due ultime indicazioni, mio grande pubblico: la prima» ne ride divertita «Non so se sia vero, ma ho sentito che le nostre succubi abbiano scommesso tra di loro, per chi sarà la prima a prosciugare la vita del suo prigioniero» alza le spalle «Ma lento o veloce che sia, staremo qui fino alla fine. Ci godremo lo spettacolo: se durerà più del previsto, state tranquille, potrete fare pause e cibo e bevande, e leccornie verranno servite durante lo spettacolo»
L'intervento provoca un breve applauso dei presenti; poi Miriam cede la parola alla conduttrice, che notifica la seconda nuova:
«Abbiamo accolto le vostre richieste on line, signore, e abbiamo accettato la proposta: l'ultimo prigioniero che stanotte resterà in vita, continuerà nei giochi e, precisamente, sarà inviato alla destinazione che avete scelto tra le proposte indicate per questa opzione. Così, avrete occasione di seguire, oltre ai cinque mandati al laboratorio Medusa, anche le ultime imprese del vostro beniamino, se oggi si salverà»
Allora forse c'è speranza! Devi solo resistere. Resistere fino alla fine. Non sai cosa voglia dire, farlo con una succube, non sai nemmeno cosa significhi salvarsi e finire chissà dove: forse c'è stato un sondaggio tra le donne di Melody, di cui tu non sei a conoscenza. Ma in ogni caso, significa non morire oggi. Un briciolo di speranza si accende nel tuo piccolo, tumultuoso cuore.
«Ma ora basta burocrazia ed amministrazione: sia dia inizio alle danze!»
Miriam alza il braccio, ed a quel gesto, tutte le Succubi, all'unisono, si spogliano del kimono nero.
E uno spettacolo inquietante e bellissimo si apre davanti ai tuoi occhi.
Le cinque donne, se ancora si possono definire tali, sono completamente nude davanti a voi.
A loro modo, ognuna in maniera diversa, sono tutte meravigliose, seducenti ed inquietanti.
Una ragazza giapponese dalla pelle lattea, con un piccolo drago tatuato sul fianco, i lunghissimi capelli neri che le arrivano alle ginocchia, e gli occhi di uno strano viola. Ha seni piccoli e capezzoli rosei, una vagina completamente glabra, ed un sorriso che sa di fame.
Una donna enorme, dalla pelle d'ebano, dai capelli rasati, sudata e sporca, è quella che pare meno umana: ha occhi arancioni, un fisico tremendamente muscoloso e quasi mascolino, seni più simili a grossi pettorali e capezzoli turgidi e neri. Ma la cosa più inquietante sono altri dettagli: dietro la schiena, sembra avere delle vere e proprie ali di pelle nerissima.
La terza donna ha un incarnato chiaro, anche se meno della giapponese, è alta quasi quanto la nera, ha piedi artigliati, il tatuaggio di un serpente che si arrotola intorno alla vita e spalanca la bocca sul seno sinistro. Un seno bellissimo e morbido. Il volto, della donna, ha però occhi con pupille verticali, ed ha lunghi capelli completamente bianchi.
La quarta donna, è praticamente completamente tatuata con tatuaggi tribali, ha capelli corti fino alle spalle, di un blu elettrico, occhi stranamente violacei. E giureresti che sul seno sodo ci siano delle piccolissime fauci: forse sono stravaganti piercing. Le unghie dei piedi, così come quelle delle mani, hanno un che di ferino, più che di umano, come di una tigre. La lingua, che mostra alla sua vittima divertita, è biforcuta come quella di un serpente.
L'ultima succube, ha un incarnato abbronzato, piedi curatissimi dallo smalto viola, con una cavigliera d'argento sulla sinistra. Un corpo perfetto, ed è alta sul metro e settanta. Ha capelli castani, lunghi fino alle spalle e, tra questi, due piccoli cornini dorati. Un seno non troppo grande ma tremendamente invitante, una pancia piatta senza essere muscolosa, ma completamente femminea con un ombelico decorato da un piercing d'oro. Quest'ultima, è esattamente sopra di te.
Ed è quando la guardi meglio, dal basso verso l'alto, dai piedi delicati alle gambe ben delineate e dritte, a quella pancia così sensuale al seno morbido, agli occhi verdissimi, che la riconosci!
Fu una tua compagna di scuola, alle corrispettive scuole medie di Melody. Nella tua stessa classe, seguiva le tue lezioni, ed a volte ti è capitato di doverle lavare la biancheria, come prescriveva la legge interna della scuola. Altre volte avevi preso gli appunti per lei, ma è sempre stata gentile, mai aggressiva. Non sembrava una padrona. Aiutarla era un piacere e, nel tuo cuore, hai sempre voluto avvicinarti a lei, ma non hai tentato. Poi, lei si è trasferita per il centro delle succubi - cosa a cui non hai mai creduto - e tu sei andato avanti per la tua vita più umile, finendo la scuola e poi iniziando a lavorare.
Ora, il fato vi ha qui riuniti, in questa strana e fatale occasione
Deglutisci pesantemente, quando ti accorgi di non sapere cosa pensare.
Ma forse, non sei l'unico: nel voltarti appena, vedi gli altri prigionieri fremere di paura, ma i loro sessi sono eccitati: forse le loro menti non vogliono essere qui, ma i loro corpi gridano il contrario.
La musica cambia di nuovo. Ora si fa sensuale, ritmata, lenta. Le succubi si avvicinano ulteriormente.
Ci siamo.
''Prosegui a [[Studi televisivi, l'esecuzione (parte prima)]]''
''Non mi avrete!''
Per tutto il tempo in cui hanno portato gli altri quattro prigionieri sul palco, hai continuato a lavorare sulla serratura con quel piccolo pezzo di ferro.
Senti infine un click.
Decidi, o forse è l'istinto a guidarti, che non puoi salire su quel palco.
Quando finiscono di annunciarti, provi a prendere la pistola dalla cinta della valchiria rossa.
E forse lei è distratta: riesci a farcela!
Subito alzi l'arma contro di lei, urli che non ti devono toccare, o l'ammazzi.
Per un attimo l'intera folla negli studi del teatro si gela.
Chissà se ti stanno guardando anche dalle telecamere nazionali, e dagli schermi sul palco.
Gridi di aprire le porte e lasciarti andare, che hai bisogno di una macchina e nessuno si farà del male.
Ma proprio in quel momento, la valchiria si scaglia contro di te: di nuovo l'impulso vince, e premi il grilletto: colpisci in pieno volto l'amazzone rossa, aprendole la faccia e schizzandoti di sangue.
La folla urla così forte da diventare un unico urlo.
Ti volti di scatto verso la valchiria bionda, ormai sei costretto a colpire anche lei.
Ma quando stai per premere il grilletto... non vedi la fine del tuo braccio.
Dapprima non capisci. Il dolore non è ancora arrivato al cervello. Poi, per terra, vedi la pistola: la mano tiene ancora stretta l'arma. Il pavimento è coperto del sangue della valchiria, e del tuo.
Fai appena in tempo a notare il tuo arto, mozzato dal gomito in poi, quando la spada della bionda si infila in un unico gesto nel tuo stomaco.
Sputi sangue e dolore, la vista ti si annebbia.
Ti senti sollevare di peso, vedi gli occhi gelidi della valchiria studiarti, minacciarti, trafiggerti anch'essi. Crolli a terra tremante, vedi le telecamere che ti fissano, la folla che ti circonda. La confusione intorno a te.
Infine, la sua spada, che crolla sul tuo collo.
Mi spiace, 678943, sei morto: torna al capitolo precedente [[Studi televisivi, l'ingresso]] ''Studi televisivi: l'esecuzione''
Senti lungo la schiena nuda il freddo del pavimento del parquet del teatro, ora riattrezzato anche a studio televisivo, per il "più grande spettacolo del mondo". C'è da darvi credito: in fin dei conti, la vita e la morte, lo sono. Il più grande spettacolo del mondo.
Cosa toccherà, a te?
Te lo chiedi mentre senti il pubblico che brama azione, sugli spalti sotto di voi.
Ti accorgi con orrore che sono stati allestiti perfino dei grandi schermi, per dare in pasto alle genti la vostra vita.
A volte, hai sognato di fare l'amore in un bagno pubblico, ma ora, rischi di essere violentato in diretta nazionale. Perché sai che oltre quel pubblico, oltre quei maxi schermi, tutta la Nazione di Melody sta guardando l'esito della Lotteria. È stato perfino convocata una festa nazionale, per l'occasione. Ma saperti famoso in questo momento non è certo una consolazione.
Miriam e la conduttrice al momento sono sparite, lasciando campo libero alle succubi: è loro la scena, ora.
Deglutisci, mentre guardi la tua succube - ed ex compagna di classe - sopra di te, in piedi, a rimirarti. Ferma, ora, sembra studiarti. La tua mente volteggia: forse ti ha riconosciuto?
Ma che stupido, per forza ti ha riconosciuto, avete vissuto nella stessa dannata classe per tre anni, e le andavi dietro come non mai.
Forse ti risparmierà. Sei stato fortunato, sì.
Inspiri, non sai se parlare o meno, e per un attimo vieni distratto da cosa succede al tuo fianco. Qualcosa di rumoroso.
La venere muscolosa e nera è letteralmente saltata con i piedi sopra il petto del suo prigioniero, che ora emette un grido soffocato. Sembra volerlo schiacciare, più che sedurre.
Poco più distante, la nipponica si è chinata sul suo prigioniero, e con lentezza accurata gli sta leccando il petto ed i capezzoli, mentre copre quasi interamente le sue gambe con i capelli. L'uomo freme ed irrigidisce la schiena, mentre quella piccola donna continua a baciarlo e succhiargli il petto, piano e con dolcezza, ma senza sosta.
La donna serpente, per via del tatuaggio e degli occhi verticali, rivela già la sua natura stravagante e misteriosa: non sai come sia possibile, ma quando si sdraia languidamente sul suo uomo, vedi nascere dalla sua pelle un lungo serpente boa, che si arrotola sul corpo dell'uomo. Poi la donna morde la spalla della sua vittima, facendolo gemere di un dolore che si mescola al piacere.
Il maxischermo - da te interamente visibile - rivela anche la succube tatuata sibila in modo ferino con la sua lingua biforcuta, poi mette il piede sul petto dell'uomo. Sembra volerlo accarezzare, ma poi lo muove velocemente, e con quelle unghie ferine lo graffia violentemente, facendolo gemere e sporcandolo di sangue, prima di riderne divertita.
La tua "amica", sembra prendere tempo: sei ormai quasi convinto che non abbia intenzione di fare nulla, ma quando porti la tua attenzione su di lei non riesci a staccare lo sguardo: i suoi piedi sono ai lati della tua testa ora, ti sfiorano i capelli. La sua mano si sta toccando, poi si sposta alla bocca, si lecca le dita avidamente, poi torna ad accarezzarsi tra le gambe e le labbra più intime. Ti guarda con occhi languidi, nel mentre, respira più forte, profondamente e lentamente, ed il gemito languido che emette ti fa morire dentro: ti senti tremendamente eccitato e i suoi occhi verdissimi sembrano farti innamorare di nuovo.
Lo scampanellìo della sua cavigliera colpisce appena il tuo orecchio, mentre continua a masturbarsi, facendosi guardare.
Qualche piccola goccia di eccitazione cade sul tuo volto e le tue labbra.
Quando sussulti lei ride divertita, d'una risata breve ma così languida da spezzare il cuore.
Non ti ha neanche sfiorato, ma cominci a capire quale sia il potere di una succube.
Ti senti così spaesato e perso, e non sai se parlarle. Dirle chi sei.
Ma la vedi girarsi, mostrarti quel sedere così sodo e perfetto, abbronzato.
La guardi danzare, alzando le braccia in modo sinuoso.
Forse vuole davvero risparmiarti, eppure il tuo sesso sussulta ancora. Come fa a farti eccitare tanto, senza neppure guardarti?
Invece, le altre succubi non sembrano affatto così parsimoniose con il contatto.
La venere nera ha appena tirato un calcio ai testicoli dell'uomo, che sobbalza con tutto il corpo, fermato solo dai ganci sugli arti. Poi si è subito seduto sulla sua faccia, costringendo con forza il prigioniero a incastrare il viso sulle sue gambe, mettendocelo dentro con foga. Lo si sente mugolare di fatica, già.
E ancora, la giapponese si è spostata prima alle labbra dell'uomo, che lecca avidamente ma lentamente, poi al suo sesso, che bacia sulla punta più sensibile. Prende tutta l'asta in bocca, ma si ferma ogni volta dopo pochi secondi, lasciando il poveretto ad agonizzare sessualmente ogni volta.
Il serpente della donna-boa si è attorcigliato sulla coscia del suo giovane uomo, mentre lei lo sta già montando: seduta sul suo sesso, muove movimenti estremamente lenti e sinuosi, che talvolta il pubblico accompagna divertito con una "ola".
Mentre la tua succube ancora danza presso di te, senza toccarti, la succube tatuata si è piegata a stringere tra le cosce il petto dell'uomo, più che farci sesso, lo sta stritolando in una posa di sottomissione, facendo scricchiolare le sue ossa e chiedere pietà: lei, ogni volta, stringe per altri lunghi secondi. Lo lascia respirare per un attimo, poi riprende, alternando tutto ciò con alcuni graffi violenti al petto od al fianco.
Credi di poterti definire davvero fortunato.
La tua succube si gira di nuovo verso di te, come ancora danzando. Poi si regge con un solo piedino. L'altro lo poggia sul tuo sesso. Ci gioca, lentamente. Prima schiacciandolo lentamente, poi alzandolo con la punta. Quindi sfiorando i testicoli con il tallone. Dandoti ora una sensazione vicina al dolore, ma anche all'eccitazione. Quindi con due dita stringe la tua punta sensibile, lo fa con precisione: sembra avere i piedi prensili.
Ti concede una piccola tregua, poi sposta l'altro piede. Ti sale sul petto, ora puoi vederla troneggiare sopra di te: è leggera, ma ne senti comunque il peso e l'autorità. Sorride, e posa la punta del piede sulla tua bocca, e ti ritrovi a baciarle le dita perfette.
«Baciale tutte, da bravo»
Oddio. Non sentivi la sua voce da anni: è diversa. Tremendamente più sensuale, più adulta, ma è ancora la sua.
Obbedisci senza sapere perché, ma muori dalla voglia di parlarle.
Poi, lentamente e sinuosa lei si sdraia sopra di te, senti tutto il calore del suo corpo, ma anche la freschezza della sua pelle. Avvicina il volto al tuo.
«Baciami...» ti ordina, e tu non ci credi.
Hai la tentazione di seguirla, nonostante tutto, e ti avvicini.
Lei pone due dita sulla tua fronte. E ride dolcemente. Sembra quasi di essere tra fidanzati, per un attimo solo.
«Non sulle labbra, scemo» pone la mano dietro la tua nuca, portandoti al suo seno morbido, ai suoi capezzoli turgidi e scuri.
Il suo odore ti fa impazzire. Per un attimo perdi il fiato stretto al suo seno.
«... Vuoi stare lì ad annaspare, o fai il maschio?»
E allora ti ritrovi a baciarle il seno, leccarle i capezzoli. Potresti continuare a lungo, ma di nuovo ti ferma: prende il tuo mento, e lo sposta verso gli altri. Ride appena.
«Guarda» ti ordina.
''prosegui a: [[Studi televisivi, l'esecuzione, parte seconda]]''''Studi televisivi, l'esecuzione, parte seconda''
''Tu Guardi.''
E vedi la succube d'ebano diventare sempre più una furia. Prima stava con il suo intimo sulla faccia della sua vittima e ora vedi il volto pelato di quell'uomo umido, senza sapere di cosa. Ora, quell'enorme donna gli ha infilato un piede sporco in bocca, quasi slogandogli la mascella. Poi salta direttamente su di lui, gli prende il sesso e senza avvertimento alcuno se lo infila dentro di sé, in pratica lo monta: i movimenti dei suoi fianchi sono forti e violenti, pare quasi volerlo spezzare in due. Ogni volta l'uomo sussulta e perde il fiato. Come non bastasse lo colpisce con un pugno sul naso, fratturandogli il setto nasale, per poi leccarsi la mano sporca di rosso.
«Non durerà tanto» commenta la tua succube, mentre ora ti ordina di guardare la Nipponica che passa dal leccare i piedi dell'uomo a mordergli piano le caviglie, poi ritorna sul pene, languidamente solo con la bocca.
«Lei potrebbe farlo durare giorni».
E quella non è una buona notizia, solo l'ultimo, ha chances di sopravvivere, no?
Quindi ecco la mano di lei, la tua succube, che ti spinge a guardare le altre due sue colleghe.
La donna-boa sta aumentando il ritmo dei suoi fianchi, tiene le mani sulle braccia del prigioniero, anche se costui non può muoversi di suo. Senti l'uomo gemere:
«b-basta, per favore ...»
Ma quella non sembra ascoltarlo: inarca la schiena, sembra inspirare forte e godere.
E tu non capisci. Di certo sta godendo, ma c'è qualcosa che non torna. La tua "amica" sembra percepire i tuoi pensieri:
«Guarda meglio... »
E ora, ti concentri sull'uomo, ora ... sembra almeno sui cinquant'anni. Il volto è stanco, invecchiato, le labbra secca, il corpo smagrito.
La tua succube si china su di te, poggia delicatamente la guancia sul tuo petto, guardando la scena. E con la mano ti carezza dolcemente i peli del sesso, scivolando solo di tanto in tanto sulla tua asta, che poi prende delicatamente in mano, masturbandola piano piano, su e giù su e giù.
«Ogni volta che venite, e perdete il vostro seme dentro le succubi, dentro di noi, perdete forza vitale e anni di vita: era di almeno vent'anni più giovane, quando è entrato. Deve essere venuto parecchie volte di fila ... chissà se finirà prima della Bestia».
Tu l'ascolti, ti chiedi che cosa abbia in mente.
Ha intenzione di prosciugarti piano piano, o sta solo tentando di mettere in scena quello che deve?
«Quella giovane ventenne tatuata, avrà almeno cent'anni» spiega, mentre ora l'osservi: ha smesso di stritolare con le gambe il suo uomo, gli graffia ora l'addome mentre con una velocità spasmodica gli succhia il membro, e dai movimenti della vittima si capisce che stia venendo. E già la sua pelle sembra meno fresca, mentre gli occhi di lei sembrano più brillanti.
Ora, lo sai con certezza: quelle non sono donne normali. Sono demoni.
Lo è anche lei?
Lei che ora ti bacia piano il petto, poi scivola verso il basso.
Sorride, guardandoti, quindi si mette cavalcioni sopra di te.
Tiene in mano la tua eccitazione, e la struscia sulla propria, dall'esterno.
Mugola piano, più volte, prima di infilarsela dentro.
Ora siete una cosa sola.
Sei dentro di lei, il tuo sesso assorbito dalla stretta sua fessura.
E forse hai sognato questo momento mille volte, anni fa, ma ora ... ora tutto sembra così inquietante e terribile.
Il dubbio ti logora.
I suoi movimenti sono arte e danza: senti tutto. I suoi fianchi provetti ti fanno rabbrividire di piacere.
Lei guarda verso l'alto, languidamente geme, mentre la sua mano ti carezza le labbra, poi il petto, e perfino una guancia. Continua a muovere i fianchi, e non resisti, senti l'eccitazione scaldare tutto il tuo corpo, una breve sensazione di abbandono, e il piacere di lasciarsi andare: vieni copiosamente dentro di lei, fin troppo presto.
Lei ne ride.
Senti il cuore perdere un colpo, la testa vacillare, il pene rilassarsi.
La tua succube mugola, poi scende alle tue labbra, e ti parla, sfiorandoti la bocca.
«Piano, piano... voglio divertirmi».
Deglutisci: allora non sta facendo finta. Forse ti ha già rubato anni di vita? Vuole ucciderti?
Ma forse ora non potrà. Senti infatti il pene rilassarsi, come farà a ... ora ti bacia, e senti una sensazione stranissima. Energia che scende dalle sue labbra, fuoco che scivola lungo la schiena, sulla spina dorsale, fino al tuo membro, che riacquista rinnovato vigore, drizzandosi al comando della tua "amica". Che dopo un altro bacio continua a muovere i fianchi, ora con le mani tra i suoi capelli.
Dio, è così bella.
L'eccitazione cresce, la sua vulva umida è perfetta, tutto il tuo corpo vuole soddisfarla.
Ma così ti ucciderà! Provi a pensare ad altro, le nuvole, un muro. Forse riuscirai a durare di più. Ma ogni volta che chiudi gli occhi, lei ti torna alla mente: come un delizioso incubo. Tanto vale riaprirli e guardarla.
«Io... » fai per parlare, forse voi provare quella carta. Ma i suoi occhi verdi ti trafiggono:
«Cosa!?» sussurra più energica e secca: forse è rabbia, forse la sua stessa eccitazione. Torni zitto. Lei continua a montarti, a muovere i fianchi, ma poi rallenta, ti prende ancora il mento, ti fa vedere altro:
«Questa non puoi perdertela» ride.
Ora vedi la venere nera cavalcare il suo uomo con una violenza inaudita. L'altro grida, non di piacere, ma di dolore, le mani di lei sono sul suo cranio e premono. Una spinta, poi un'altra, poi un'altra ancora. Poi un rumore, ed una serie di rumori inquietanti e gelidi: scricchiolii di ossa che si spaccano. Il bacino, poi la spina dorsale. Sussulti di estasi e dolore, e soffocamento. Convulsioni dell'uomo, poi la stasi.
Applausi e grida del pubblico.
Da qualche parte, la voce di Miriam dal microfono:
«Il primo è andato! Festeggiamo la prima succube!»
La "bestia" neanche aspetta: si alza, leva in alto le braccia muscolose reclamando un applauso, poi se ne va dal palco, lasciando il cadavere dell'uomo nel suo loculo.
Sei terrorizzato da quella scena, eppure, il tuo cuore sussulta il tuo sesso lamenta, poi esplode di nuovo: un piacere misto a uno sforzo notevoli, il respiro cessa per qualche istante, poi riesci a recuperarlo. Questa volta non ti è concessa alcuna tregua: senti la mano di lei sul tuo petto che preme.
«No, no no non ti fermare, non te lo permetto... ancora, ancora, ancora!»
Riprende a muovere i fianchi, e senti il tuo sesso affaticato tornare eretto dentro di lei.
La testa ti fa male, la schiena è dolorante, e lei è così bella e non smette di muovere quei fianchi stupendi, e quella pancia così sensuale. Le natiche ti carezzano i testicoli, e si sta così bene in quella vagina.
Lei sorride: «Ora siamo in tre».
La donna boa cavalca il suo uomo, che ora sembra uno stanco settantenne, eccitata, continua, grida, mentre l'altro geme.
Il pubblico incita, e dopo tre secondi di pausa e silenzio: succede tutto, l'ultimo colpo di fianchi, il seno di lei nella bocca dell'uomo, il serpente che gli morde il piede.
In un ultimo sussulto, il cuore della vittima smette di battere. Il fisico ed il volto quello di un uomo anziano e decisamente stanco, sudato e malridotto.
Il serpente torna sulle spalle della succube ed ella si alza, concedendosi un inchino ed un applauso del pubblico. Mentre Miriam incita ancora il pubblico.
«Ora ne mancano tre, e solo uno avrà l'onore di continuare il viaggio.» E si allontana.
Ma quel tre, non si allontana molto dal due: il tutto è veloce e violento. La donna tatuata graffia il viso, poi il petto dell'uomo, e quel suo pompino diventa un morso: uno zampillo di sangue mostra l'evirazione dell'uomo che sussulta, grida con poca forza, quella che gli rimane, poi crolla col muso di lato. La donna si pulisce lentamente le labbra. Poi si alza lentamente, calpesta quel corpo ferito, e si allontana.
Parte del pubblico grida spaventata solo per un momento, l'altra parte è eccitata: è davvero uno spettacolo incredibile.
Ne mancano due.
Vedi la giapponese, che è tornata a baciare il petto del suo uomo, questo freme languidamente tra mille tormenti, ma sembra prendersela con calma.
La tua ex compagna si gira, su se stessa, per un attimo ha quasi l'impressione che voglia storcerti il sesso e farti fare la fine di quel pover'uomo. Ma provi solo un po' di dolore, ed il doppio del piacere. Ora le vedi la schiena ed i capelli. La sua mano ti mette il sesso sulle natiche morbide, poi tra di esse, ondeggia con il sedere, la sua pelle fresca e morbida strofina su di te e ... ti ritrovi a venire sul suo sedere.
La tua succube ride.
Tu senti un fuoco dentro, e poi qualcosa che sa di cenere, spegnersi dentro di te: stai navigando nel tuo stesso languore, nel tuo stesso abbandono.
Ella raccoglie il tuo seme con la mano, per leccarlo piano, mentre ti fissa. Torna a girarsi su di te, dapprima torna a metterti un piede in faccia, carezzandoti con la pianta, giocando con la tua faccia. Poi, di nuovo, sale su di te cavalcioni. Non aspetta, ma di nuovo tornate ad essere una cosa unica: non ci credi che sei ancora eccitato. Non sai per quanto potrai andare avanti. Lei sorride.
«Magari ora accelero un po', che dici?» ti chiede, e già continua e riprende a muovere così languidamente i fianchi, a carezzarsi il seno ed il clitoride mentre ti violenta, mentre ti usa.
Mentre ti cavalca, e tu puoi solo guardarla, legato al pavimento freddo, lei, caldissima, che ti sta rubando energie ed anni di vita, con il seme. Ogni volta che vieni ti senti più debole e stanco, ma lei sembra anche più bella, più forte. Più seducente. Non sai cosa fare, e forse non puoi fare nulla. Quando senti che sei di nuovo al limite, così velocemente, il piacere è mescolato all'orrore. Lei sembra capirlo, si china su di te e ti bacia l'orecchio:
«Dimmi che hai paura, dimmelo, che hai paura».
Tu sussulti, il cuore batte all'impazzata. E lo dici.
"Ho-ho paura".
Lei mugola di piacere, ti bacia avidamente prima il lobo, poi il labbro inferiore, senza calmarsi con i fianchi. Poi un sussulto feroce, il tuo corpo si inarca, l'energia si concentra alla testa, poi scende fino al sesso, ti sembra di cadere da un precipizio di languore e piacere. Oddio, sei venuto di nuovo dentro di lei.
Ogni tua goccia di seme viene assorbita da lei, che torna a carezzarsi il seno, eccitata. Chiude gli occhi, guarda verso l'alto.
Ti giri brevemente, forse a sperare di cercare conforto: forse la giapponese ha finito, e sei salvo comunque, anche se sfinito.
Non trovi conforto.
La nipponica sta ancora lentamente leccando la guancia della sua vittima, che sembra più stanco, ma ancora giovane e forte, è eccitato ma energico, pare quasi godersi quel trattamento orientale.
Deglutisci, e senti il potere della tua Succube accendersi di nuovo: la sua vagina e la sua voce ordinano: «Ancora».
Basta quella singola parola, e senti il tuo sesso alzarsi di nuovo, agli ordini. Fa male, ora. Non sai quanto resisterai ancora.
Lei sorride eccitata, divertita. Pone le mani sul tuo viso, per qualche attimo senti la sua pelle e non vedi nulla. Ti stringe il volto. Poi senti la sua voce nelle orecchie:
«... Se non mi dici niente ti prosciugo completamente. Hai capito? Peggio di uno straccio secco. Quel settantenne sembrerà un giovincello. Se non parli non rimarrà niente di te»
Sussulti.
Allora... sapeva tutto... Eppure ha continuato, senza sosta.
Non sai cosa pensare, ma non hai tempo. Ora sai che sa. Devi per forza sfruttare quella carta. La tua ultima salvezza.
Ma una medesima carta, può essere usata in due modi.
Potresti confessarle il tuo amore, dirle che lei è tutto. Ma forse rischieresti di finire nella... bocca del lupo, incitandola a finirti.
O potresti chiedere pietà, chiedere di risparmiarti. Forse in nome della vostra amicizia. O del senso umano.
Se scegli di confessare il tuo amore: vai al capitolo: [["Io ti amo"]]
Se scegli di chiedere pietà, val capitolo [["Non uccidermi, ti prego!"]]
''(Riprende dal capitolo: Studi televisivi, parte seconda)''
''Legato al gelido pavimento'', osservato dal pubblico in sala e da quello a casa mediante schermo, senti la mano della succube graffiarti il petto con abbastanza forza da arrossartelo e provocarti via via lacerazioni. Lei succhia il sangue che raccoglie, leccandosi due dita, poi ti sorride maliziosa. Non smette di eccitarti, di danzare sul tuo sesso e sul tuo addome.
Allora confessi, prima che davvero lei finisca con il consumarti. Con il ridurti ad un vegliardo o ad un corpo inanimato.
La guardi, così bella e seducente, ma anche così perversa e pericolosa.
«Anna, per favore...»
Lei subito ti interrompe, portandoti una mano alla gola:
«Non chiedermi di fermarmi, o mi arrabbio; e se mi arrabbio è peggio per te».
Ti mostra un poco la lingua, ma lo sai che questo non è un gioco, lei non scherza per niente. Tu dinieghi con la testa.
«N-no, so chi sei ... volevo solo dirti questo ... e che io ti ... ti ho sempre...»
Lei ti fissa dall'alto e socchiude gli occhi. Rallenta solo un poco il ritmo della sua danza sensuale. Non capisci se sia un bene o un male.
«Parla» ti ordina.
E tu finisci: «Io ti amo, ti ho sempre amata, dai tempi della scuola. D-dovevo dirtelo».
Lei sembra fermarsi per un attimo, ha come un fremito su tutto quel bellissimo corpo. Respira con più forza, la sua pancia ondeggia come il mare, il suo seno si gonfia d'aria, il suo sorriso si apre come il cielo. Poi la danza riprende, più forte di prima. Lei chiude gli occhi, eccitata. Tu senti un calore enorme in tutto il corpo, poi un brivido, e ti accorgi con languore, piacere ed orrore di essere venuto di nuovo, dentro di lei. L'orgasmo si unisce alla sensazione di dissolversi. Non hai speranza?
Lei riapre gli occhi:
«Allora ti piacerà morire sotto di me. Cosa c'è di meglio di essere uccisi dall'amore di chi si ama?»
Tu deglutisci. Ed ora chiudi un secondo gli occhi a tua volta, anche per nascondere una lacrima.
Non hai davvero speranza. Forse devi solo rassegnarti. Goderti questo momento ... abbandonarti, coraggio, la tua morte per il suo piacere ... potrebbe essere uno scambio conveniente ... o forse no, ma non ci puoi comunque fare nulla ... abbandonati.
Continui a pensarlo, lasci che lei continui a cavalcarti, poi ti accorgi che rallenta di poco, e dunque si ferma. Non apri ancora gli occhi, ma senti le sue labbra, ora dolcissime a baciarti prima la guancia, poi le labbra. Riapri gli occhi e ti immergi nei suoi occhi castani. E ti ci perdi.
Forse sei davvero pazzo: ami davvero la tua assassina?
La sua bocca torna al tuo orecchio, senti il suo seno sul tuo petto. Così morbido e caldo. Poi la sua voce bassa e intrigante:
«Se accetti di diventare mio schiavo personale, ti salvo».
Un barlume di speranza si accende dentro di te, per quanto si aprano anche mille dubbi: come può salvarti davvero? Come fai a diventare suo schiavo? e se lo diventerai, non farai comunque la stessa fine?
Lei sembra in parte leggere quei tuoi pensieri: forse è solo un'impressione. Forse è vera quella storia che le succubi sanno ogni cosa della loro vittima, quando ci stanno facendo l'amore. Quando la stanno consumando.
«Ti tratterò bene. Non pensare al futuro, potresti non averlo. Ci penso io a te. Ma scegli: vuoi essere il mio personale schiavo, per sempre?»
Non sai se avere più paura o provare più eccitazione a quella possibilità.
Ma se fosse vero, anche nel peggiore dei casi, significherebbe rimandare la morte.
Dentro il tuo cuore, forse lo sai, se quello che stai per dire è frutto della speranza di guadagnare un po' di tempo, o qualcosa d'altro. Ma puoi confessarti da solo, sicuramente.
Ora, non hai scelta, in ogni caso:
«Sì, lo voglio»
Lei ne sorride, amabile ed ora più dolce, ti carezza il viso, poi ti bacia. Guardate entrambi verso l'altra vita. La nipponica, per quanto piano, sta montando il suo uomo, cavalcandolo, e quello sembra sempre più stanco. Anna annuisce debolmente, poi ti sussurra:
«Ora seguimi, schiavo: non posso fermarmi, o ci vedrebbero e capirebbero. Rallento, ma tu cerca di non venire ... »
Deglutisci, perché quando lei si rialza scorgi quel suo bellissimo seno, i capezzoli turgidi, il suo viso malizioso, poi le sue mani sul tuo petto. Il calore del suo corpo su di te. Quegli occhi così brillanti e profondi. E dopo un paio di movimenti di fianco, ti accorgi di esplodere ancora dentro di lei.
«Ops!»
Anna, la tua succube, sospira; poi ridacchia e si china ancora su di te: tu stai fremendo di piacere e il tuo corpo sembra vivere di sua natura, ti sussurra ancora qualcosa:
«Tranquillo, a me piacciono gli uomini maturi: ti ho rubato solo qualche altro anno. Ma stai attento, se continui così è finita».
Ti bacia piano il collo, poi la spalla, che poi morde, torna ad alzarsi su di te e ti poggia una tetta sul viso, tu istintivamente la baci, poi la mordi piano. Lei mugola un poco, poi torna con la bocca al tuo orecchio:
«Sì, sarai perfetto. Ora chiudi gli occhi, se mi guardi ti ecciti troppo ... ci vado piano...»
Ti carezza il petto, per un poco prende tempo. Scende a morderti la pancia, poi l'asta del sesso, mentre ti graffia le cosce, e di nuovo torna su leccandoti l'ombelico, e di nuovo la pancia, su, su fino al collo.
Solo allora riprende a salire su di te. Prende il tuo pene, e di nuovo siete uniti. Sei dentro il suo calore intimo. Cerchi di pensare altro, non è facile. L'eccitazione continua ad aumentare. Non sai quanto dura, quella danza sensuale. A volte sei al limite. Spesso, anzi. Ma lei si ferma pochi secondi prima, torna a baciarti piano, per tutto il corpo, rallentando i tuoi impulsi.
In una di queste pause, però, esplodi comunque, le vieni sulla pancia mentre ti baciava il collo. Lei scuote un pochino la testa, tra il rimprovero ed il divertimento.
«Questo forse era solo un annetto» e tu non sai neppure se stia giocando o meno, ti aveva detto che se vieni dentro di lei. ..
Poi lei si rovescia sulla schiena, sdraiandosi su di te. Tiene le gambe larghe, e ti accarezza il sesso, piano, spingendoselo contro il proprio intimo: con una mano sembra masturbare entrambi. L'altra mano la usa per pulirsi la pancia, porta il tuo seme alle labbra, ingoiandolo. Ma poi allunga due dita verso di te, sporche di quel candore. Sei restio, ma alla fine lecchi quelle dita: senti che era come una prova, e non vuoi certo deluderla.
Lei sorride, soddisfatta, si rivolta, e torna a mostrarti il viso ed il seno, quindi di nuovo ti cavalca, senti di nuovo tutto il calore della sua vagina, ed il suo dondolarsi su di te. Non credi di poter resistere molto. Dopo qualche attimo, forse minuto, per quanto lei vada lentamente, stai per esplodere di nuovo, ma lei si ferma.
Non perché rallenti o cambi posizione, questa volta. Ma perché la luce del palco viene puntata contro il tuo "collega". Poco riconoscibile, in realtà: ora sembra verdastro, le ossa spuntano quasi dal corpo, spingendo sulla pelle raggrinzita e secca. In un ultimo respiro si spegne, sotto il corpo giovane ed ancora più florido della nipponica.
Sei l'ultimo sopravvissuto.
Hai vinto.
La folla esulta.
La presentatrice torna sul palco: "Non è stato il più grande spettacolo del mondo?!"
Altri applausi, mentre senti il sussurro della tua succube: "Ci vediamo presto, tesoro".
Si stacca da te, ti fa l'occhiolino, viene salutata dal pubblico, anche se poi è la nipponica a prendersi la scena, ed ancora la presentatrice.
Le succubi salutano ancora e poi si allontanano. Delle valchirie vengono a portare via quel che resta delle altre vittime, degli altri maschi. Tu sei ancora legato.
La presentatrice, Miriam, si ferma sopra di te. Posa il tacco a spillo sul tuo petto, ti guarda solo brevemente dall'alto:
«Il vincitore, continuerà la lotteria!»
Il pubblico esulta, curioso ed affascinato. I giochi continuano.
«E sarete ancora voi a partecipare direttamente, avrete - tutta la cittadinanza di Melody - una lista di opzioni, e per maggioranza e democrazia diretta, tramite il canale online della Nazione, la possibilità di scegliere tra parecchie opzioni, in cui il soggetto verrà assegnato. Non ve le dirò ora tutte, presto saranno visibili e sarete informate, ma solo alcune: potrebbe essere mandato con gli altri al laboratorio Medusa; potrebbe essere inviato ai lavori forzati; oppure all'arena di combattimento ...»
Il pubblico sembra amare l'idea. Nel mentre il tacco a spillo, solo per qualche attimo, si ferma sul tuo sesso e fa male. Miriam ti sorride:
«Sarai ancora più famoso, e offrirai spettacolo per tutte le donne di Melody, è un grande onore!»
Si sposta da te, e fa cenno alle valchirie.
«Per ora starà in cella. Presto avrete le opzioni, e potrete scegliere ... che fine fargli fare».
Ride, e con lei ridono molte donne del pubblico.
Intanto le valchirie ti liberano: tu sei stremato, ti senti semplicemente sollevare dalle ascelle e dalle braccia, poi vieni portato via da due di loro. Fai appena in tempo a sentire Miriam ultimare con il pubblico:
«Tenetevi quindi pronte alla scelta: ''deciderete ancora il suo destino''. Per ora, grazie tutte di aver partecipato! Lunga vita a Melody!»
In un ultimo scroscio di applausi, tu vieni portato oltre il palco. E nemmeno sai cosa succederà: dovrai aspettare i prossimi giorni.
Ma una cosa, per ora, la sai: la tua posizione temporanea.
''Vai al capitolo: [[Ancora in cella!]]''
'' - Non uccidermi, ti prego!''
Alla fine, scegli di giocare l'ultima carta, mentre la nipponica sta salendo ora cavalcioni sul suo prigioniero, ma si muove tremendamente lentamente, con fare seducente e paziente, mentre i suoi lunghissimi capelli cadono sul volto dell'uomo.
La succube sopra di te invece, mani su tuo petto, sta perfino accelerando il ritmo, eccitata, mugola vogliosa, senza darti un attimo di tregua.
«A ... Anna! Io...» mugoli.
Lei si ferma con un ultimo danzare dei fianchi. Fa passare prima la pancia sul tuo viso, sulle tue labbra. Tu gliela baci piano, così come lecchi il suo piercing. Poi mette quasi la fronte sulla tua. Ti fissa ed avvicina il volto al tuo, scivola guancia a guancia, poi mette l'orecchio alla tua voce, alle tue labbra, come se avesse paura che le tue forze ormai siano poche, e non è lontana dal vero.
«Dimmelo» pronuncia piano, seducente, ma è un ordine ineludibile.
Tu annuisci. Prendi fiato, poi glielo sussurri:
«A ... abbi pietà, per favore. Ci conosciamo da anni. Era ... eravamo amici. Rallenta, non.... non mi finire... »
Lei ascolta.
Poi struscia la guancia sul tuo petto, piano. Sembra chiudere gli occhi per auscultare il tuo cuore stanco. Respira lentamente, sembra calmarsi, fermarsi.
Senti il calore di lei su di te, ma ora il fiato ti torna un poco nei polmoni. Inspiri, forse ce l'hai fatta. Vedi la nipponica ora più sull'uomo, la schiena tirata indietro, le sue carezze lente sui suoi fianchi, e l'uomo gemere più stanco, il suo rabbrividire. Non godi della sua vita che sta rallentando, no, ma qui è mors tua vita mea. Se lui finisce, tu continui.
Poi la succube, Anna, apre gli occhi. Non guarda te, ma la nipponica.
«Sayko».
La chiama, è la succube più vicina, oltre che l'unica rimasta. Lei si ferma, Anna si lecca le labbra, ti guarda, poi le parla in giapponese.
Non capisci nulla.
Ma pensi stiano cercando un accordo per salvarti. Se parla in quella lingua è forse per non farsi capire dal pubblico, da Miriam.
Sì, deve essere ... no.
Vedi Sayko spostarsi dal corpo dell'uomo, stirarsi languidamente al suo fianco, riprendere lentamente a baciargli il petto, poi l'addome.
L'altro respirare, fremere, certo, ma anche riprendere fiato.
Allora la saliva ti va in gola. Quando ti volti Anna è di nuovo a cavalcioni sopra di te. Ti fissa dall'alto. Sorride, meschina e suadente al contempo.
Poi prende il tuo sesso, che di improvviso si eccita ancora al suo tocco, e si china su di te: ti morde il lobo, poi parla all'orecchio.
«Non siamo amici, no. E non posso avere pietà di fronte a tutto il mondo, non per niente».
Tu sussulti, non ci credi. Non stava aiutandoti?
Si rialza, muove piano i fianchi, porta le mani sul tuo petto, ma prima si bagna le dita con la lingua e la saliva. Mugola lenta, poi strofina i tuoi capezzoli. Le mani e le dita salgono sul tuo collo. Ti stringono appena, mentre danza sul tuo sesso. Inspira facendo gonfiare il seno, così bello, nonostante tutto.
«Voglio finire... » mugola eccitata, facendoti sobbalzare di nuovo, senti i tuoi occhi lacrimare. Non credi alle tue orecchie.
«Però siamo amici, o lo siamo stati, forse».
Sembra contraddirsi. Ti sta dando ancora speranza?
Sembra rallentare il ritmo. Oddio, ti prego. E ti sfiora ancora, il collo, piano, poi torna su di te con il volto, fronte sulla tua, come fosse una dolce compagna, ti guarda. La sua mano sul tuo sesso, toccandoti piano ora. Sulla cappella, poi sui testicoli.
«Dimmi come vuoi morire... » sussurra piano.
Dalla sua voce, lo capisci, non scherza. Dice sul serio: è la fine.
Ma ci provi lo stesso: «No, Anna, ti scongiuro, ti prego, non voglio...»
Lei ti mette con severa dolcezza due dita sulle labbra, costringendoti a tacere. Con l'altra mano ti molla un breve schiaffo.
«Shhh... shhhhh shhh» mormora suadente, sinuosa, così languidamente dolce e terribile.
«Zitto, devi stare zitto» sussurra pianissimo. «Solo una parola» ti carezza il collo con una mano, il sesso con l'altra come a farti intuire le tue scelte. E capisci che non ne hai più nessuna.
«Veloce veloce, o.... » sorride ...
«o lentisssssimo»
pronuncia tra il giocoso, il languido, ed il sussurro.
Gioca con te, con la tua vita. Ma non hai scelta. O meglio. Ne hai una sola. Una sola parola.
[[Lento]]
o
[[Veloce]]
''Cosa scegli?''
''Latex trasparente''
Le cinque dottoresse discutono, alla fine sembrano perfino voler fare la conta, controllano delle cartelle cliniche - sicuramente le vostre.
E poi si muovono verso di voi.
Proprio la donna enorme, come, per qualche strano motivo, in cuor tuo speravi, si avvicina a te.
Sarà alta almeno due metri - o così ti sembra di percepire, confuso come sei - e veste uno strettissimo abito interamente in latex trasparente che fa intravvedere i grandi capezzoli rosei e mette in risalto le forme seducenti del seno, le linee armoniose dei fianchi, e le gambe lunghe.
Ai piedi, scarpe femminili e quasi prive di tacco, altrettanto trasparenti. Il volto, appena più bianco del resto, è coperto da una maschera simili a quelle a gas, e non permette di vedere i lineamenti, solo gli occhi chiarissimi.
Ti gira intorno, e scopri che sei seduto su una sedia rotelle. Con una sola mano, ha gioco facile a portarti via. Lascia la stanza e gli altri tuoi compagni di sventura al loro destino, ed intraprendi il tuo.
Non sai se parlare, sei confuso, ma almeno, chiedi dove ti stanno portando.
«Stiamo studiando un modo, un liquido, per variare velocemente le dimensioni del corpo ... siamo davvero a buon punto, ma ci servono sempre dei maschi per fare esperimenti. Non sempre vanno a buon fine, ma il progresso della scienza, si sa, non è sempre lineare. »
Deglutisci, non credi a quello che sta dicendo.
Cosa vuol dire? Lei sembra così grande solo perché sei drogato, o forse è un caso genetico particolare?
«IO...»
Lei ti interrompe, carezzandoti la testa mentre sulla sedia prosegui verso un corridoio sempre bianco, poi su un ascensore. Che sale rapidamente.
«Lo so, ti siamo grati per offrirti alla Causa. Grazie a te proseguiremo, e lo vedraic.... in prima persona»
«Ma...» - in fondo non ti sei offerto, hai vinto una lotteria.
«Questo... » lei pare sorridere. «Non ha alcuna importanza...».
L'ascensore si apre, e ora ti ritrovi in una grande sala: è palesemente un laboratorio. Ma è anche altro: è un open space enorme. Per metà è parte tecnica: lettini sanitari, un tavolo enorme e massello pieno di boccette, alambicchi, beker, colonne di titolazione, centrifughe e chissà che altro.
Per l'altra metà è una sala normale, con una libreria, divani, poltrone. E varie porte in fondo.
Dentro la stanza, tra gli alambicchi trafficano altre tre donne vestite allo stesso modo. Due sono di media altezza, una, sembra perfino più grande di chi ti ha portato qui.
Ma su una cosa ti fermi e rimani paralizzato: in una teca di vetro, che fa da stanza al lato del laboratorio, ci sono cinque uomini. Due di loro sono normali, stesi su un lettino, non sai se dormienti o morti. Un altro, che sarà alto un metro e venti, ma non sembra avere tratti da nano, sempre su una branda, è collegato a tre flebo diverse. Gli altri due ... non sono più alti, rispettivamente, di mezzo metro e venti centimetri. Sono legati a delle piccole seggiole, e si guardano in giro perplessi. Forse parlano, perché vedi le loro piccole bocche muoversi, ma non li senti.
«Ma allora siete già... »
La tua accompagnatrice scuote la testa.
«No no, purtroppo. Vogliamo mirare al centimetro, e forse anche meno. Vogliamo avere il pieno controllo. Inoltre, il tasso di mortalità per il siero Gulliver … » - in effetti ha il suo senso, come nome, pensi - «è del 50 %; non va bene, dobbiamo arrivare almeno al venti».
Fai per chiedere altro, terrorizzato, soprattutto ... perché?
Ma lei non ti risponde, mentre nel frattempo un'altra dottoressa si avvicina correndo con una boccetta in mano:
«Dottoressa Lilian, ci siamo! Tutti i test sono corretti, questo potrebbe essere un perfetto esemplare di Gulliver modificabile ma...»
«Ma?»
«Ma scadrà fra venti minuti al massimo, non abbiamo tempo».
Lilian sorride, e indica ... TE.
L'altra donna la guarda, indecisa. Poi dice:
«Ma non abbiamo fatto analisi preliminari e non lo abbiamo allenato»
«Non possiamo perdere l'occasione, altri soggetti arriveranno fra almeno quindici giorni, questa lotteria è stata una manna, ma abbiamo solo lui per questo dipartimento, e quelli» - e indica gli uomini nella teca - «hanno la vecchia versione di Gulliver, che contaminerebbe i dati ed i risultati».
La sua collega annuisce.
«Allora facciamolo subito, più aspettiamo più potrebbe perdere potere»
Deglutisci, ma a quelle parole la Dottoressa Lilian viene a te: si china e ti carica con facilità sulle spalle.
Sei ammanettato, ma a parte quello non avresti il coraggio di ribellarti: quella donna, ora non credi più che possa essere una finzione, è alta davvero due metri e mezzo.
Vieni messo su un lettino, seduto, e ammanettato.
Intorno a te ci sono, oltre Lilian e l'altra dottoressa, altre due donne in latex e anche una valchiria che si è avvicinata: forse non per motivi di sicurezza. Sembrano tutte curiose.
Come a loro modo lo sembrano le telecamere che vi registrano dagli angoli del laboratorio.
«Dammi il braccio, 678943».
Vorresti ritrarti, ma poi obbedisci.
Ti fasciano l'arto con un laccio emostatico, poi ti iniettano quel liquido lattiginoso.
Non fa male, la dottoressa è precisa, e non brucia nemmeno, da solo una sorta di formicolio.
Ora tutte le donne ti fissano accuratamente. Ti chiedono se senti qualcosa. Rispondi del formicolio, e non ti sembra di sentirti strano, ma non sapresti dire, già prima ti hanno iniettato altro.
La dottoressa che ha portato il siero ti controlla gli occhi, ti chiede di aprire la bocca, ti ausculta il cuore, dopo che un'altra dottoressa ti toglie la maglia. Poi annuisce:
«Eureka!».
Non capisci, ma le altre donne sembrano terribilmente eccitate e soddisfatte.
Ora Lilian prende un campione del tuo sangue. Di nuovo, lo fa con precisione e lentezza. Non senti assolutamente niente. Un'altra dottoressa lo mette in una scatola refrigerante. Dicono che lo confronteranno con tuoi precedenti dati: sai già che tutto è registrato con il microchip.
E proprio ora ti mettono una specie di sensore, come quello che legge il codice a barre, sul collo: ti è già capitato, all'ospedale; copiano tutti i tuoi dati, da quelli legali, a quelli sanitari, anagrafici ed economici.
Portano via il sensore, e ti osservano. La valchiria, bruna, in divisa e relativamente magra, sembra scettica.
«A me non sembra cambiato», dice.
La dottoressa replica con tutt'altro fare:
«Sta facendo effetto, ma le vibrazioni, il colore degli occhi e il battito cardiaco sono il segno del cambiamento, inoltre ...» - e qui sembra arrivare il suo trionfo: prende dalla cinta quella che sembra una lucina led, o una piccola torcia - «... non appena il Gulliver si attiverà del tutto, dovrà essere monitorato con un catalizzatore regolabile: questa luce appositamente costruita»
«Di che si tratta?»
Le senti parlare mentre ora ti senti cogliere da una leggera nausea e allora cerchi di accomodarti meglio sul letto.
«Per farla semplice, lasciando stare le complesse reazioni chimico-fisiche del caso ...»
«Grazie» ironizza la valchiria.
«... intendo che se tutto va come deve andare, questa luce funziona come una sorta di telecomando e possiamo decidere» - gli occhi le si illuminano - «di quanto modificare il suo corpo».
Strabuzzi gli occhi, non è possibile, vero?
La valchiria si accarezza una guancia:
«Se applicato ad un arma, questo congegno sarebbe fantastico per la caccia contro i residui maschili di resistenza nei territori selvaggi»
«O per inviare i minatori in territori ancora più complessi e stretti»
«O per dimostrare il controllo totale che abbiamo sugli uomini»
«O per giocarci sessualmente» aggiunge l'ultima facendo ridere le altre.
«Certo, potremmo in sostanza trasformarli in bambolotti, ma, se quelli del piano Argento fanno il loro dovere con gli esperimenti di ipnosi e comando mentale, potremmo anche usare il Gulliver al contrario, e avere degli schiavi giganti ... e modificare le loro altezze a seconda delle circostanze»
Fremi. Non ti sei mai sentito così impotente. La voglia di tentare di fuggire e tanta. Ma ci saranno almeno altre venti dottoresse lì dentro e, soprattutto, altre quattro valchirie armate. E non hai la più pallida idea di dove sei.
Inoltre, ti sembra di avere la febbre, il tuo corpo è caldo.
«Be', a che punto siamo?» chiedono.
«A dire il vero» la dottoressa controlla l'orologio - «ormai dovremmo esserci»
«E allora che stiamo aspettando?»
«Oh, è che sono così eccitata, è un momento tanto importante che... » alza le spalle, e poi punta la torcia verso di te: «Siete pronte?» le altre donne annuiscono.
Tu osi dire un "non credo"
Ma causi solo l'ilarità delle donne: il fascio di luce ti colpisce in petto. Sembra solo luce, appunto, non senti dolore. Ti senti solo osservato. Non capisci, ma cerchi ancora di posizionarti meglio sul lettino. Solo che .... ma prima non toccavi terra con i piedi?
Ti senti scendere il cuore in gola. Il battito si fa forte di preoccupazione.
Ora arrivano altre donne: tutti gli occhi sono su di te.
Vedi il pavimento sempre più lontano. Poi quelle figure dalle quali sei circondato in massa ti sembrano sempre più alte ed imponenti. Ti guardi le mani, poi guardi ancora le donne. Quindi per terra: ora lo capisci, sei diminuito di almeno venti centimetri in pochi secondi, forse perfino trenta, ora.
Scatta un applauso generale.
«Aspetta»
La dottoressa Lilian ferma quella con la luce, poi le prende la torcia.
«Andiamo con calma. Se il Gulliver è attivato, ormai lo sarà sempre. Alzati, 678943»
Non sai cosa fare, sei spaventato e confuso, ma scendi dal letto, e devi saltare per forza.
Ti ritrovi di fronte ad una dottoressa che prima era di altezza normale, forse un poco più bassa di te. Ma ora, le arrivi ad altezza seno. Ti sembra di essere un bambino. Per non parlare di fronte a quelle due torri, alle quali arrivi alla coscia. Ora sembra tutto così assurdo.
Una delle tue torri si avvicina, ti prende per i fianchi, sollevandoti facilmente di un metro.
«Anche il peso è diminuito in proporzione» e ti rimette poi sul lettino.
Ti senti così sotto controllo, così piccolo e debole.
Ma non è finita.
La dottoressa Lilian punta ancora la torcia su di te, l'accende, e di nuovo senti quella sensazione di strano formicolio.
«Possiamo farlo crescere poi?»
La collega tossisce.
«Ehm, sì, l'idea è quella. Ma devo costruire il fascio rosso, o modificare quella torcia per renderla bi-versa. Per ora possiamo solo rimpicciolirlo, fra una settimana avremo il resto ... quasi sicuramente»
Lilian annuisce. «Rispetto alle antiche modificazioni genetiche di gigantismo introdotte ai nostri genitori» - ora capisci, l'altra "torre" deve essere sua sorella - «e agli esperimenti odierni sui maschi, dove non avevamo nessun controllo sulla decrescita, sono passi in avanti incredibili»
Le altre annuiscono. Ma ora, quasi scivoli dal lettino. Forse parlando stanno esagerando. Ti senti sempre più leggero. O forse è una breve impressione, sta di fatto che il pavimento è ormai lontanissimo. Occupi sempre meno spazio del letto. I pantaloni ti sono scivolati sulle anche da un pezzo. Deglutisci. La luce si ferma.
La dottoressa di altezza normale, la senti chiamare: "Astrid". Si avvicina. Ora basta lei a tirarti su di peso. Credi di essere alto circa 70 cm.
«66» conferma Astrid.
Ora Lilian si avvicina, e non hai mai provato qualcosa del genere: un senso di completa debolezza e inferiorità senza pari: lei non riesce solo ad afferrarti con due arti, ma con una mano sola: ti prende dalla vita, e le sue dita ti arrivano sull'addome e sulle cosce. Sorride, sollevandoti, ti poggia sul suo petto per qualche istante e ti sembra di essere su un cuscino; poi ti ripoggia sul letto.
«Arriviamo a trenta centimetri, che dici?»
Tu vorresti quasi urlare.
«Non che tu abbia scelta, ovviamente»
Astrid però replica:
«In realtà con questo modello, credo che potremmo raggiungere il centimetro, forse anche meno»
«Sì, pare di sì, funziona benissimo, meglio del previsto per velocità ed effetti, ma finché non possiamo farlo crescere, meglio non esagerare. E poi trenta centimetri è una bella misura!» e le altre ridono.
Il fascio si riaccende su di te. La paura sale, ma anche un senso di impotenza e debolezza che sa di languore.
Per qualche strana perversione, o forse è nella natura maschile, provi un certo piacere, ad essere in quella situazione, così debole e sottomesso, senza potere.
Ma nulla di ciò toglie la paura: tornerai mai normale, alla tua altezza? E cosa potrebbero farti, quelle donne, ora?
Senti ancora una sensazione di nausea e leggerezza, poi di stupore. Vedi quelle donne diventare così enormi. Non sembrano donne ora, sono letteralmente delle gigantesse. I loro volti sono maestosi, le loro mani sono grandi quasi come te, i loro seni sono grandi come letti. Potrebbero facilmente lanciarti a decine di metri di distanza. Ogni ribellione sarebbe inutile.
Che cosa può fare un bambolotto, o un micino senza artigli, contro la sua padrona?
La luce si ferma.
«Ci ho preso?» chiede Lilian.
«26, quasi», replica Astrid, divertita.
Quindi si toglie la maschera, mostra un volto chiaro e giovane, dai capelli corti biondi e le labbra vermiglie. Ora è direttamente lei a poterti prendere in una sola mano. Ti senti sollevare da terra, vedi tutto da un'altra prospettiva. Il tavolo sembra quasi una strada, il soffitto più alto che in una cattedrale. E quelle donne, sono gigantesche.
Vedi le labbra di Astrid muoversi quando si complimenta per la riuscita di tutto quanto, e non riesci a togliere l'attenzione da quelle, come da quel seno stretto nel latex trasparente. Così grande ed invitante; ma, ormai, sembrano quasi dei divani.
Astrid sembra accorgersene, e ne sorride.
«Vuoi vedere da vicino?»
Piano, si slaccia la cerniera della tuta in pvc, tu senti il crepitio sensuale del latex, e vedi liberarsi quei seni. La donna ti porta tra quelli. Prima contro i capezzoli, poi tra le tette: ti sembra di annegare lì dentro. di essere gettato tra dei divani di carne morbida e sensuale. Da una parte sei inquietato, dall'altra... deliziato. Lilian sorride alla scena. Di colpo si avvicina e alza la cerniera. Di colpo, ti senti compresso tra i seni di Astrid e chiuso dentro quel latex trasparente: stai soffocando imprigionato dentro quella plastica e dentro quella morbida carne.
Solo pochi attimi, che sembrano lunghissimi.
Poi la cerniera viene riaperta. La mano di Lilian ti prende dai seni di Astrid, e ti sembra di essere ancora più piccolo.
«Stasera festeggiamo come si deve Astrid... e tu ... » ti guarda, la sua voce ti sembra più roboante, echeggiante, e sei letteralmente schiacciato tra le sue dita, sollevato a chissà quanto da terra «... tu sarai il nostro gioco».
Senti le voci divertite delle altre donne:
«Se lo rimpiccioliamo ancora un poco ... avrei una voglia di ingoiarlo in un colpo!»
«No, è un esperimento importante!»
«Sì, ma ormai il Gulliver è perfettamente riproducibile, dobbiamo solo aspettare una settimana per vedere se funziona al contrario, poi il soggetto in sé non ha alcuna importanza»
«Be', allora per schiacciarlo con i piedi aspettiamo qualche giorno» ridono ancora.
Una donna ti prende con due mani, anche se non ne avrebbe bisogno: ti bacia: vedi il suo volto gigantesco avvicinarsi, poi le labbra enormi schioccare un bacio che per un attimo hai paura possa staccarti la testa, e la sua lingua ti percorre dal petto alla faccia, tutta quanta.
«Possiamo usarlo come dildo!»
«E magari poi ingrandirlo ... sempre come dildo!»
Una serie di fragorose e inquietanti risate. Tu puoi solo ascoltare il caos che si è creato, l'eccitazione roboante,
Ma poi Lilian ferma tutto.
«Va bene, va bene ragazze. Stasera festeggiamo, senza ucciderlo. Fra una settimana testeremo il raggio invertito, e poi vedremo cosa farne. Ma per ora mettiamolo via. .. »
Astrid annuisce, torna a prenderti quasi delicatamente, con il pollice ti accarezza tutta la testa.
Poi vieni messo in una scatola di vetro grande poco più che una casa delle bambole. Dentro c'è un divanetto, un letto, perfino del cibo. Tutto in formato ... te. Un omino di circa 25 centimetri.
Le donne, gigantesche, ti guardano, ti lasciano sul tavolo.
«A fra poco, cucciolo» ti saluta Astrid, poi si allontanano.
Cambiano stanza e ti lasciano solo, chiuso lì dentro.
Cosa vogliono fare?
Oh, ma lo scoprirai presto!
Devi solo attendere ...
prosegui al capitolo successivo: [["Latex trasparente, parte 2"]]''Latex nero, parte 1''
Le donne in latex sembrano parlottare tra di loro, ma alla fine, proprio la figura più oscura e nera, che per qualche motivo ti attraeva, viene verso di te.
Ti sembra che quando inizia ad incamminarsi, le altre donne si allontanino con un mezzo scatto, quasi spaventate. Ma forse è solo un'impressione.
Lei è alta circa un metro e settanta. Dalla maschera non riesci neanche a scorgere il colore degli occhi, ora come ora. La sua silhouette però è praticamente perfetta. Il tessuto, scuro come la notte, mette in risalto ogni sua morbida ma non esagerata forma femminea. Non indossa scarpe, ma solo del latex - sempre nero - le riveste i piedi.
Quando ti raggiunge, le chiedi che sta succedendo, ma non ti risponde. Ti aggira, per muovere la sedia a rotelle sulla quale sei seduto. Ma prima fissa i lacci che ti tengono i polsi, sui braccioli. Dunque via.
Superi un grosso sportello tipo antincendio, poi un lungo corridoio. Chiedi dove stai andando, ma la figura non ti risponde. Continua a camminare.
Arrivate a un ascensore, lei ti supera per premere un codice sul tastierino. Entrate, poi scendete nei sotterranei, o così credi. Durante il tragitto se ne sta dietro di te. In silenzio. A dire il vero, non ti sembra neanche di sentirla respirare.
Quando esci dall'ascensore, e lei spinge la carrozzella, il nuovo lungo corridoio è spettrale: le luci si accendono solo nel momento in cui passate: led giallastri che illuminano una piccola porzione temporanea di strada, per poi spegnersi dietro di voi. In pratica, è come se le luci vi seguissero passo passo.
Alla fine, arrivate in un salone: riesci a percepirne la grandezza, almeno, ma non ne sei certo. Qui la luce è davvero fioca, ma credi di essere in un'ampia sala circolare. Ti chiedi come lei faccia a vederci: ti lascia sulla sedia e sembra armeggiare su qualcosa presso un tavolo, poi tocca il pavimento, ma non capisci.
Quando torna, nonostante le tue lamentele, ti avvolge intorno agli occhi una benda scura, privandoti della vista. Senti poi qualcosa sulle labbra. Probabilmente un suo dito, che ti impone delicatamente il silenzio.
Acconsenti più per paura e confusione che per autorità imposta. Ora puoi solo ascoltare, senti ancora dei passi singoli. Sembra esserci solo lei qui dentro. E, davvero, non sapresti che nome darle se non "LEI".
Ti senti poi prendere dalle braccia. Sei condotto ad alzarti. Ci riesci, anche se il buio è tutto più difficile. Le mani di lei, fredde del latex, ti si poggiano sulla schiena: è una sensazione strana. Ti senti come leggero in testa e quel brividino di freddo ti passa lungo la colonna vertebrale.
Sei in piedi al centro del nulla, e le sue mani vanno sui tuoi polsi, ora liberi, conducendoti ad alzarli.
Non una parola. Tu esegui, e lei ti toglie la maglia. Forse potresti reagire, ma c'è qualcosa, dentro o fuori di te, che ti fa semplicemente intuire che non sia una buona idea. Senti poi una leggera pressione sulla tua vita, all'altezza dei pantaloni, e senti la stoffa abbassarsi. A un tocco delle sue dita sulle caviglie capisci cosa devi fare: alzi prima un piede e poi l'altro, per farti spogliare completamente. Provi altre domande: nessuna risposta.
Quelle stesse mani ti portano ad inginocchiarti, facendo peso sulle spalle. Senti una superficie plasticosa sulle ginocchia. Poi le mani ti fanno sdraiare. Supino. La schiena poggia su qualcosa di altrettanto artificiale e liscio, anche leggermente umidiccio e fresco, forse leggermente appiccicoso. Il buio non aiuta a capire, e LEI non parla.
Qualche secondo in cui non succede nulla sembra estendersi in qualche minuto nella tua mente.
Poi senti il rumore di una cerniera, e quella medesima sensazione di artificio, fresco e umidiccio, la senti sulle cosce, sulla pancia, sul petto, e poi sulla faccia. Come una coperta che si estende su ogni superficie del tuo corpo.
Non capisci. Ma ti agiti, e provi a muovere le braccia. Ma non ci riesci. Quella sensazione di colloso è reale: le tue braccia sono bloccate a terra, su quella strana superficie.
Urli, ma senza risposta, e capisci che l'aria sembra diminuita. Altri rumori di cerniera, poi qualche passo.
Poi ancora nulla. Quindi, quello che sembrerebbe essere il rumore di un phon, o un compressore.
La coperta sopra la tua faccia, sopra il tuo petto, sul sesso e sulle gambe si fa più stretta: è come se i due livelli di tessuto, o qualsiasi strana cosa ti stia contenendo, si stiano facendo sempre più vicini. Con te in mezzo.
Non comprendi con esattezza, ma senti sempre meno aria disponibile. E la sensazione di chiuso e di appiccicato, di plastica e di umido la senti ora su ogni centimetro della tua pelle. Ti sembra di essere ... sottovuoto.
Come in un letto senza uscita. In un sacco a pelo degli orrori.
''Non riesci a muoverti.'' Hai le braccia vicino alla vita, leggermente larghe, e le gambe larghe. Non vedi nulla. Senti ancora quel rumore d'aria calda. Ma in realtà l'aria la stanno togliendo. Sei sempre più sottovuoto. Sempre più bloccato. Sempre più stretto in quella sostanza viscosa.
Poi le senti. Le sue mani sul tuo corpo. Sul tuo viso, sul tuo petto, sul tuo sesso, sulle gambe e perfino sui piedi: è come se ti stesse preparando ed allisciando, assicurarsi che tu stia aderendo bene a quella sostanza.
Non è quello che ti preoccupa, però: quello che ora ti terrorizza è la mancanza d'aria. La cerchi e trovi a fatica gli ultimi barlumi nei polmoni. Provi ad agitarti, inutilmente: ormai sei troppo compresso in quella struttura. E ogni volta che apri la bocca senti entrarci solo del tessuto. L'aria si fa sempre più rada ... più rara ... più preziosa ...
E poi ancora di meno ... e di meno ... e di meno ... Senti la nausea, ti sembra ti svenire.
E alla fine, un altro brevissimo rumore di cerniera: recuperi fiato. Una piccola fessura sulla tua bocca ti permette di respirare. Ti riempi i polmoni. La tua bocca sembra essere l'unica zona libera da quel tappeto di viscosa pressione.
Poi senti un’altra breve cerniera abbassarsi. Sul tuo sesso. E senti le dita di lei intrufolarsi oltre la stoffa viscosa e plasticosa, per recuperare il tuo pene stranamente eccitato, ed accarezzarlo.
Cerchi di immaginarti da fuori: tu immerso in quella gabbia scura, con solo il sesso estratto.
Quindi senti una sensazione di umido e calore su tutto il sesso. Anche quello viene intrappolato, ma non dal tessuto. Dalle sue labbra, che lo lubrificano e baciano. E graffiano appena con i denti. Chissà che faccia ha, senza maschera.
Lei continua a ingoiare il tuo sesso per intero, a stuzzicarti, a baciartelo. Dapprima con lentezza, poi sempre più rapidamente, con foga. Tutto il tuo corpo chiuso in quella sostanza, tutto il tuo sesso racchiuso nella sua bocca.
Ti sembra di non poter resistere più ma non puoi nemmeno avvisarla, non puoi nemmeno parlare.
Ma lei si ferma. Senti il tuo sesso al fresco dell'aria: vibra e pulsa, senza venire.
LEI attende.
Solo dopo qualche lunghissimo minuto, di perfetto silenzio, tua perfetta immobilità e respiro cadenzato - non è comunque facile respirare da una fessura così piccola - senti la pressione del suo corpo su di te. Deve essersi sdraiata per bene: percepisci il suo morbido seno sul tuo petto, l'addome sulla tua pancia. Le sue gambe sulle tue.
Poi, il bacio. le sue labbra sulle tue. Morbide e piene. La sua lingua cerca la tua e la pretende, come in un bacio tra insaziabili amanti. La sua saliva dentro di te.
I primi momenti sono estremamente piacevoli. Ma poi quel bacio diventa di fuoco e, soprattutto, ti toglie l'aria. La sua fame ti toglie ogni respiro. Ed ancora ti sembra di perdere i sensi. Ma, proprio quando sei all'ultimo, lei ti stacca da te. Le sue voluttuose labbra lasciano la tua bocca, e tu puoi fiatare, sospirare, recuperare pian piano il respiro.
Nel buio, senti ancora un rumore di cerniera che si apre, ma non ti sembra di essere più libero o esposto all'aria.
Nel mentre, però, la pressione del suo corpo, il suo peso, si concentra su un unico punto del tuo: tra le cosce e la vita. Si siede su di te. E di nuovo le sue dita - sempre chiuse nel latex - ti stringono il pene.
Ora è la tua punta più sensibile a sentire dapprima il plasticoso tessuto del latex, e fa quasi male, ma subito dopo senti il morbido, bagnato suo sesso. Prima in superficie. LEI ha preso la tua asta e la strofina su di sè. Poi colma ogni distanza. E tu entri dentro di lei. Hai il massimo contatto intimo con quella figura che non hai mai visto in faccia. Non sai neppure di che colore abbia gli occhi.
La sua vagina è calda e stretta, e come il latex contiene bene il tuo corpo, quella contiene bene il tuo sesso.
Senti ora le sue mani sul tuo petto. E la danza di anche e bacino che applica su di te, mentre il tuo sesso danza dentro di lei. Ti senti come cullato, per quanto bloccato ed affaticato, da onde di voluttuosa lussuria. Solo per un attimo, ma non ne sei certo, ti sembra di sentire un vago mugolio di piacere, e quella voce ti è vagamente familiare, ma non riesci, non puoi sapere altro.
Ti preoccupi di altro: ora la sua mano si mette sulla tua bocca, tappandoti l'aria. Soffocandoti. E ora la velocità di danza aumenta. Con il tuo sforzo, il respiro diventa subito difficile ed annaspato.
Il tuo sesso freme, così come tutto il tuo corpo. Il tuo respiro si limita, e si limita ... sempre di più.
Nel buio, ti chiedi se esploderai prima dentro di lei, o esalerai l'ultimo respiro.
O forse, chissà, entrambe le cose all'unisono.
Per alcuni - per scherzo - è il modo migliore di andarsene: morire in un amplesso lussurioso, esalare l'ultimo respiro dentro il corpo di una donna.
Ma quando succede davvero non è meno bello, ma è anche più spaventoso. Le sensazioni, a differenza dei ragionamenti, non si contraddicono. Si intrecciano come i fili di una ragnatela e si potenziano tra loro ad ogni nodo.
Stai per venire. E stai per morire.
Così tanto piacere, e così tanta paura. Vero?
Infine, lei ti libera la bocca, e tu riesci a riprendere fiato. Recuperi un respirone immenso che quasi ti incendia i polmoni e, nello stesso istante, esplodi dentro di lei, con una forza che pensavi impossibile. Stai ancora venendo, quando recuperi il fiato. Poi anche il tuo getto si placa.
Lei si scosta, e senti la sua bocca riprendere la tua asta, ripulirla completamente e con cura, facendoti vibrare nuovamente.
Cerchi di recuperare le forze, quando lei si stacca da te. Senti altri rumori, che non sai interpretare, poi qualcosa che tira sulla tua faccia: LEI ti libera dalla plastica che ti copre il volto, e riesci a vedere.
Purtroppo per te, lei si è rimessa la maschera, impedendoti di vederla in faccia. Ti accarezza piano il volto, poi si rialza, e si allontana: capisci che è rimasta nel salone, ma non riesci a vederla.
Ti chiedi quando tornerà indietro.
Non sai chi sia, non sai che volto abbia, e ti ha quasi ucciso, prima. ''Allora perché ti manca?''
Prosegui al capitolo: [[Latex nero, parte 2]]''Latex rosso, parte 1''
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Le cinque dottoresse discutono, alla fine sembrano perfino voler fare la conta, controllano delle cartelle cliniche - sicuramente la vostra.
E poi si muovono verso di voi. Proprio la donna in latex rosso, come, per qualche strano motivo, dentro di te speravi. Si avvicina a te. In quel tessuto aderente e stretto sembra avere un corpo perfetto. Vita stretta, seno sodo, cosce longilinee. Si muove sinuosa ma veloce, senza fare alcun rumore. Ai piedi solo altro latex, rosso. Noti ora che sembra aver lasciato alcune tracce di sangue... o vernice.. sul pavimento. Deglutisci.
Quando è vicino alla tua sedia si china sulle ginocchia, guardandoti in volto. Lo sguardo sembra vagamente folle, ma anche ispirato. Oltre a quella maschera riesci a vedere poco: occhi castani, ma per via del colore che pare avere spalmato anche sul volto, rosso, anche quelli sembrano vagamente vermigli.
Non fai in tempo a vedere o chiederti oltre, che quella fa il giro intorno a te. Sei su una sedia a rotelle, e andate dritti dritti fino all'ascensore. Questo si chiude. Ed ecco che continua a scendere. E a scendere, e a scendere. Non ce la fai a stare zitto, perché lei sta sempre dietro di te in silenzio e non resisti.
«D-dove stiamo andando?»
La sua voce esce profonda e morbida oltre la maschera, che la deforma un poco «Alla discarica, le altre ti hanno considerato inutile. Dipende forse da precedenti esami medici. »
Sgrani gli occhi: «Cosa?!»
«Non te la prendere» ora lo dice con voce dolce «La chiamano discarica, ma in realtà è il mio Regno. Il posto più bello del laboratorio Medusa. E il mio studio artistico.... renderò utile e magnifico il tuo corpo.»
«Che? Cosa vuol dire?»
«Ti passa una mano sulla testa, come una carezza: non ti preoccupare, la tua curiosità verrà saziata subito: siamo arrivati.»
Appena lo dice, la porta dell'ascensore si apre. E davanti a te si apre un salone circolare dal pavimento in parquet e le pareti rosse. Sembra davvero un enorme studio artistico. Ci sono tavolozze, tavoli sporchi di cera, carta e colori. Ci sono però anche sedie di ferro, croci di legno e quelli che assomigliano davvero a strumenti di tortura. In fondo al salone, lungo il perimetro delle pareti, ti sembra di vedere qualcosa. Forse dei dipinti, forse delle statue. Ma dopo quel siero la tua testa è confusa, e la vista non è ottimale. Inoltre, tutta la luce sembra concentrata al centro, mettendo in ombra la periferia. Ti sembra però di sentire dei mugolii e dei lamenti di sottofondo.
Il tutto viene però presto nascosto: la donna in rosso pronuncia qualcosa ad una semplice intelligenza artificiale, che al suo comando fa partire una musica gotica di sottofondo. La donna si stiracchia, mentre l'ascensore riparte verso l'alto.
«Finalmente soli» eccola che si riporta dietro di te, spingendoti verso una ruota metallica.
«C-cosa vuole fare?»
«Uno splendido quadro insieme. Per ora devo fissarti qui. Probabilmente non avresti comunque le forze per ribellarti a me neanche da sano, figurarsi ora ma... » alza le spalle e prende qualcosa da un tavolo vicino: un fazzoletto grigiastro, ci versa sopra qualcosa che sembra sapere di alcool ma non sei sicuro. Non fai in tempo a gridare che la donna ti piazza il fazzoletto sulla faccia. Respiri qualcosa di aspro, e ti senti subito più debole. La vista si annebbia ulteriormente, e perdi i sensi.
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Quando ti risvegli, sei completamente nudo e appeso alla ruota. Proprio come nel dipinto di Leonardo, l'uomo vitruviano. I polsi legati alla ruota, in alto, braccia ampie. Le caviglie legate in basso, gambe larghe.
Non c'è però una struttura reticolare dietro di te, ma solo un cerchio, così anche la tua schiena è esposta.
La donna ti osserva, tu deglutisci. «Perfetto... diamo inizio all'opera... però... visto che siamo soli, preferisco mettermi comoda». Si slaccia lentamente il latex, abbassando la cerniera: il rumore ha un che di sinistro e allettante insieme. «Goditi pure lo spettacolo... però... così» fa girare la ruota, di modo che la tua testa sia in basso, e tu debba guardare lei da lì, alla rovescia.
Si slaccia, allora, del tutto la cerniera, sfilandosi la seconda pelle. Quando questa crolla del tutto a terra, assieme alla maschera anti gas, quel latex ti sembra davvero intriso di sangue.
Guardi la donna, ora scoperta: pelle lattea e tonica, il seno formoso e perfetto, i capezzoli scuri. Un volto più giovane di quanto ti aspettassi. Sporco di rosso, e i capelli biondi legati stretti in una coda, fin quando lei non li scioglie. Li lascia cadere oltre le spalle, poi ti osserva dall'alto. E' bellissima, ma il suo viso ha un'espressione strana: una malizia sporca di fame.
Alza un piedino, per mettertelo in bocca. D'istinto la lasci fare, baciandole le dita. «Alcune si divertono così... lo so. Ma io sono diversa, sono un'artista. » Riposa il piede a terra, poi si allontana di poco, a prendere qualcosa da un tavolo: è una frusta nera, di pelle rigida.
Lei sorride, guardandoti. Inspira, maliziosa e vogliosa. Fa girare ancora la ruota, di modo che tu sia con la testa in alto. Poi la blocca. Fai per dire qualcosa, ma lei ti suggerisce di stare zitto con i gesti. «Prima di iniziare a lavorare, devo provare la tela... è una delle parti che preferisco»
Con la mano libera si tocca il seno, stringendolo un poco poi lasciandolo andare. Eccitata. La carne morbida e soda si tende, poi si rilassa. «Niente divisa... niente latex oggi. Voglio il tuo colore sulla mia pelle... silenzio, lasciami fare».
Inspira ancora, tira indietro la frusta, mentre gira attorno a te per starti alla schiena. Sai che sta per succedere, e non puoi fare nulla per evitarlo. «Io sono una pittrice, questo è il mio pennello» alza ancora la frusta... «E tu... la mia tela!» senti vibrare il colpo a quella parola, fischia nell'aria, e poi...
{Continua: Prosegui al capitolo: [[Latex rosso, parte due]]
''Latex trasparente, parte 2''
Ti sei davvero messo a dormire sul lettino della casa delle bambole. La cosa bizzarra è che l'hai trovato anche comodo. Vedi tutto il laboratorio, ah no, è la sala, ora, devi essere stato trasportato, mentre dormivi, sul tavolo della sala. In effetti, la teca di vetro dove stai chiuso, ha anche un trasportino ... come la gabbia di un micetto!
Ma è questo, quello che sei, ora. Anzi, molto peggio. Molto di meno.
Ne hai il sospetto quando vedi arrivare quattro donne: una è Astrid, senza maschera, con i suoi capelli biondi ed il viso trionfante della sua scoperta. Altre due sai chi sono dalla loro altezza: Lilian e sua sorella Tara. Così si chiama. L'ultima rimane nascosta dalla tuta in latex e dalla maschera antigas.
Quando arrivano circondano la tua casa di vetro e ti salutano divertite. Poggiano una bottiglia di champagne sul tetto della tua teca. Poi i quattro bicchieri, ti scattano delle foto. Poi stappano - il rumore rimbomba tra il vetro - e sorseggiano un bicchiere. Rimettono calici e bottiglia sul tavolo, fuori dalla tua casa. Quella bottiglia era più grande di te di un pezzo!
E poi ... vedi tutte le donne, tranne Lilian, spogliarsi completamente.
Aprono le cerniere crepitanti e a vicenda si aiutano a svestirsi, tirando via quel complicato latex: infine mostrano la loro pelle. Le loro forme. I loro volti, quando si tolgono le maschere: tu guardi quei corpi giganteschi e bellissimi affascinato e sei terrorizzato. Oltre ad Astrid, l'altra ragazza è alta come lei, all'incirca. Un tempo tu eri di poco più alto ... ma ora ... può tenerti in una mano, più o meno come prima teneva in mano il calice. Ha capelli castani, labbra morbide, un seno ben disegnato. La pelle più chiara di quella di Astrid, i piedi, giganteschi ma delineati al suo corpo, smaltati di rosso.
Tara è ancora più gigantesca, è muscolosa e forte, il seno sodissimo, le spalle larghe, i capelli corti e tinti di rosa shocking, un piercing al labbro e uno tra le grandi labbra. E un altro al seno sinistro. Strana dottoressa.
Lilian rimane con la maschera e con la tuta in latex stretta su quel corpo enorme.
Ti fissano, poi Astrid apre la cella, cioè la teca di vetro che ti ha fatto da casa: tu fai per scappare, cercare riparo dietro il divano, ma lei lo ribalta, infilando la mano dentro la casetta. Le dita ti sfiorano, ma cerchi riparo sotto il tavolino, che cade. Le donne ridono, scappi verso un angolo, ma presto la sua mano ti raggiunge e ti agguanta.
«Preso! Non scappare bimbo, vogliamo solo giocare, dai!»
Sembrano divertite. Ora ti solleva da terra, e tu abbandoni il tuo rifugio. Sembra di essere sulle montagne russe, la ragazza ti solleva sopra la testa e ti fissa ridendo. Poi ti porta alle sue labbra: ti sembra voglia inghiottirti, vedi quella bocca enorme, quei denti pericolosi, ma si limita a sfiorarti con la lingua.
Di colpo, senti una cosa terribile:
«Al volo!»
e Astrid ti lancia, ti scaglia via: per alcuni secondi orribili ti sembra di volare. E non è come l'hai sognato. Pare qualcosa di terrificante, di vertiginoso, e pensi di essere spacciato, sarebbe come cadere da una torre. Ma l'altra ragazza - Ormea, la chiamano - ti prende al volo. Con le mani, poi ti appoggia sul suo seno.
Oddio, è così enorme e morbido. Sembra di navigare nella dolcezza. Ma ... poi finisci tra quei solchi. Vedi le mani di lei sul suo seno, che stringono in direzioni opposte, comprimendoti: perdi il fiato, come fossi rimasto compresso in un tritarifiuti. Eppure c'è qualcosa di così stranamente piacevole ... le altre la fermano.
«Non romperlo subito»,
e lei si rilassa, solo che allora scivoli lungo tutto il suo addome, le alza una coscia dove atterri, attutendo la caduta, e piano rotoli a terra, fermandoti sul suo piede. Riprendi fiato. E guardi tutto dall'alto: le quattro giganti che ti osservano.
Lilian alza un piede.
«Potrei davvero...» mormora, e senti la sua pianta sulla tua testa, comprimere con forza. Potrebbe davvero schiacciarti. Ma si ferma, si limita a darti una spintarella, buttandoti a terra con il pollicione. Ora però hai paura sul serio: il piede si ferma su di te, e ti copre per intero: senti la pressione sul volto, sul sesso, sulle gambe.
Poi senti dire:
«Che fai?»
«E' così piccolo che viene voglia di schiacciarlo, il solo pensiero ... », ma si ferma, scosta il piede. Le altre riprendono a parlare.
«Per quello andrebbe rimpicciolito ancora un po', anche se forse non per te».
Ti guardi intorno, vedi il divano, vero, e decidi di correre per nasconderti sotto. Parti quando loro sono distratte, forse se ti nascondi lì sarai al sicuro: ci sei quasi, loro non sembrano essersi accorte, ma d'improvviso un piede ti blocca la strada: è quello di Tara. Lei si china su di te e ti prende con una mano, sollevandoti fino al suo volto. Con l'altra mano indica un "no" con l'indice, e lo dice anche a voce:
«Non si scappa, piccolino, non si fa».
Ti tiene fra le dita, mentre per gioco, ti prende per le braccia, poi ti lascia penzoloni affondare nel bicchiere di champagne, che ti bagna di bollicine fino alla testa. Non rischi di annegare, ti tirano fuori subito, ma l'esperienza di essere immerso in un bicchiere di champagne rimarrà nella tua testa a vita.
Ti carezza con un dito tutto il corpo, anche il sesso nudo - ovviamente - i tuoi vestiti sono persi e non te ne hanno forniti altri. E quel tuo sesso non è molto più grande del suo polpastrello. Ne ride.
«Certo che da quel lato serve a poco ora» lo dice Tara, ma Astrid sembra negare.
«Niente affatto, è delle dimensioni giuste»
Allunga la mano, e tu, come fossi un oggetto, vieni prestato alla donna. Ti sembra di volteggiare nel nulla, come senza gravità. Altre dita ti stringono, solo in proporzione più piccole. E di nuovo Astrid ti porta verso la sua bocca enorme, senti la sua lingua sul petto, ed è come farsi la doccia, poi sul tuo sesso: così ruvida e bagnata. Potrebbe staccartelo con un morsetto.
Poi ti allontana dal suo viso, ti osserva curiosa.
«Vieni qui, Ormea»
Omea sorride, capisce al volo: le due donne si avvicinano, e poi si abbracciano .... e tu, stai ancora cercando di capire se quello sia un sogno bellissimo o il peggiore degli incubi: ti ritrovi schiacciato in quell'abbraccio, tra due coppie di seni magnifici. Loro si baciano safficamente, e si abbracciano, tu perdi fiato e acquisti eccitazione immerso in quel loro incontro: non sei che un piccolo bambolotto che intralcia il loro bacio, per qualche secondo. Poi è Lilian a recuperarti dal loro seno.
Vedi quella maschera gigantesca respirarti contro. Le dita stringerti il corpo, ora con una certa forza, quasi volesse spaccarti.
«E'ancora relativamente resistente» mormora interessante «E sembra completamente sano, il Gulliver è perfetto»
Tara ti strappa via da quella mano, rischiando di romperti in due.
«Non fare la noiosa ora, voglio divertirmi»
Ti stringe, ti fissa, e poi sorride. Senti che tira su con la gola, poi raccoglie saliva e ti sputa addosso: è come fare una doccia, sei fradicio quasi all'istante, ma ripete quel gesto, è come se un'onda di colpisse, ne senti anche il sapore organico. L'odore.
Poi torna a leccarti, per bagnarti per bene. Temi il peggio. Cosa vuole fare? Ti muovi tra le se dita, ma non c'è modo di liberarti.
Ora vieni messo a testa in giù, il mondo per te si ribalta, volteggi e precipiti ... fino ad arrivare, a guardare la vagina della donna: ha solo un triangolino di peli sopra il monte di venere, che a te sembra un dosso. E le grandi labbra l'insenatura per una caverna. Deglutisci, capisci cosa vuol fare.
Così umido, avvicina i tuoi piedi al suo clitoride, se lo strofina, usandoti come diversivo. Ma non le basta. Le altre ridono divertite. I tuoi piedi finiscono dentro di lei: ti senti sprofondare ed attirare dai muscoli interni della gigantessa che ti stringono, vogliono, ed assorbono. Sprofondi facilmente dentro di lei e vieni bagnato dai suoi umori. Lei mugola. Entri ancora più dentro, le labbra ti arrivano all'addome, poi al petto, le tue gambe sono già interamente dentro di lei. Poi fino al collo. Ora, forse ... è finita...
Ma lei si ferma, si lamenta, pure. Ignora le tue grida, ma commenta:
«Per me è perfino troppo piccolo, ma... »
Sorride, guarda verso Astrid. Ti porge a lei, lei torna a sputarti addosso, ancora più fradicio. Ma sta ferma, senza raccoglierti.
«Fallo tu»
Dice così mentre si rivolge a Tara, che prende per bene lo spunto ti tiene per il corpo e la vita e questa volta in direzione di faccia, ti muove - ancora si vola - verso la vagina di Astrid. Vedi la sua leggerissima peluria bionda, le sue labbra scure e quando l'altra mano di Tara si poggia sul fianco della dottoressa per far da leva, tu ti accorgi di essere solo un dildo, un giocattolino di piacere nelle loro mani. Questa volta di faccia, entri tra le labbra di Astrid, più stretta, lei ti comprime dentro di se e ti lava dei suoi umori: vedi letteralmente l'interno di lei. Le carni molli ti fanno suo. Non riesci a respirare, ma presto ne esci.
Solo per un attimo. Perché poi il tuo corpo viene ancora ridato in pasto alle fauci intime di Astrid, e di nuovo, e di nuovo, e di nuovo.
Tara ti sta usando come vibratore, ed in parte lo sei: le tue grida, le tue convulsioni, la tua inutile ribellione la eccita. Tu continui ad entrare ed uscire da dentro di lei. Fino a quando qualcosa ti bagna ulteriormente, quasi ti soffoca e annega: la sua eccitazione. Lei che viene. Senti quanto geme, e finalmente Tara ti tira fuori da lì dentro.
Ancora non credi a cosa stia succedendo. Vorresti tornare normale, grande come prima, o forse ora come ora ti basterebbe tornare nella tua piccola casetta di vetro.
Ma non sei al sicuro, Quelle donne sono assatanate: si sa, l'appetito vien mangiando.
«Girati» senti dire.
E vedi ora il sedere di Astrid, così sodo e gigantesco, Tara ti preme dapprima contro una natica di lei, ben più grande di te. Poi tra di quelle. Le sue chiappe ti stringono, poi finisci ancora dentro di lei. Ma questa volta dallo sfintere. Il corridoio è molto più stretto, pensi di morirci. Ancora, vieni pressato tra carni molle, natiche gigantesche, ed altri umori. Ancora esci e rientri, rientri ed esci, esci e rientri dal sedere di Astrid, per mano di Tara. Ma la pressione è troppa, e la forza anche, per qualche attimo rischi di rimanerci incastrato del tutto, e Tara è costretta a tirarti fuori con le dita. Astrid è stanca, si siede sulla poltrona. Tu sei esausto, ed ancora nella mano di Tara, che ti fissa divertita.
Poi gioca ancora con te: ti porta nuovamente alle sue grandi labbra.
«Vediamo se...» e prova a farti passare attraverso il piercing, ma sei ancora troppo grande.
«Vorrei ancora quella torcia» ma devono aspettare, per tua fortuna, gli ultimi test.
Poi ti alza al suo seno, e la tua testa sfrega con l'anello che ha sul capezzolo, senti il ferro duro di quello, e la morbidezza della carne.
«Fallo anche con me» grida eccitata Ormea, avvicinandosi, sfiorando con le dita il tuo piccolo ed esile corpo da bambolotto. Senti già spostarti, e dapprima il tuo viso si scontra contro la pancia e l'ombelico di Ormea, guidato e portato da Tara. Ancora. Sei fradicio degli umori intimi delle donne, ed ora la tua faccia si ferma sulla superficie della vagina di Ormea, ma senti una voce perentoria:
«Ora basta, datelo a me.»
E' la voce di Lilian, che porge la mano a Tara. Vieni consegnato alla mano guantata di latex di Lilian, sembra di essere accolto e stritolato nel latex.
«Finiremmo per ammazzarlo, e per ora non lo faremo. Forse neanche dopo, è così divertente» ne sorride. «Anche se so che avete voglia di provare a mangiarlo, dovrete almeno aspettare» sentenzia, ritardando forse la tua condanna. «E siccome mi fido poco, per questi giorni lo custodisco io».
Le altre si lamentano, ma vengono zittite dal suo ordine.
Ora noti la mano libera di Lilian aprire la cerniera della sua tutina in latex all'altezza dei pantaloni, o meglio, della sua vagina. Si apre quella apertura, e li vieni condotto. Non capisci. Ancora volteggi nell'aria, poi vieni poggiato, e stretto in quella fessura. Senti i muscoli interni stringerti forte, lasciandoti fuori solo la testa per respirare, e parte del collo. Non sei infilato dentro del tutto, più che altro poggiato, ma è inevitabile che parte del tuo corpo entri in quella insenatura.
«Ora te ne starai buono qui» ti avvisa.
E piano, chiude la cerniera lampo, bloccandoti in quella posa, senza che tu possa fare niente, bloccato dal suo intimo e poi dalla cerniera, vedi il mondo tra gli umori di Lilian e la copertura trasparente del latex. Senti le donne salutarsi, poi i passi della dottoressa muoversi, ogni volta che si muove tu sobbalzi tra le sue carni ed il tessuto aderente. Ti muovi con lei, sei quasi parte di lei. E questa sarà la tua nuova stretta e sensuale, ed inquietante dimora, per ora, e non sai per quanto.
''Fine. Puoi ovviamente tornare indietro e esplorare nuove strade''
''Latex rosso, parte 2''
Lei sorride, guardandoti. Inspira, maliziosa e vogliosa. Fa girare ancora la ruota, di modo che tu sia con la testa in alto. Poi la blocca. Fai per dire qualcosa, ma lei ti suggerisce di stare zitto con i gesti. «Prima di iniziare a lavorare, devo provare la tela... è una delle parti che preferisco»
Con la mano libera si tocca il seno, stringendolo un poco poi lasciandolo andare. Eccitata. «Niente divisa... niente latex oggi. Voglio il tuo colore sulla mia pelle... silenzio, lasciami fare».
Inspira ancora, tira indietro la frusta, mentre gira attorno a te per starti alla schiena. Sai che sta per succedere, e non puoi fare nulla per evitarlo. «Io sono una pittrice, questo è il mio pennello» alza ancora la frusta... «E tu... la mia tela!» senti vibrare il colpo a quella parola, fischia nell'aria, e poi...
Senti il bruciore sulla pelle, assieme al cuoio sulla tua schiena. I muscoli che si irrigidiscono, la voce di lei, languida e dura al contempo. Stringi i denti, poi senti i suoi passi. Due dita soffici toccano la tua schiena, sfiorando una linea in diagonale su di essa, dalla spalla al sedere.
«Vediamo quanto è resistente... questa tela...» tu deglutisci, ti giri quanto basta con il collo, quanto puoi, per vedere lei che alza il braccio: è stupenda e pericolosa insieme, ma per paura che ti colpisca al volto ti giri subito. E proprio allora arriva la seconda frustata. E la terza, e la quarta, e la quinta... e poi perdi il conto.
Ti accorgi che quella donna è una furia: non rallenta di un secondo, ogni colpo è veloce e preciso. I primi sono sopportabili, per quanto duri, poi il dolore si fa sempre più forte. Più intenso: non c'è tempo per recuperare. Irrigidisci i muscoli e ti prepari ogni volta, ma non sempre ci riesci: e ogni volta scopri una fitta nuova su nuove parti del tuo corpo.
Il ritmo è abbastanza veloce da non riuscire a respirare tra un colpo e il seguente. Ti senti urlare, ma lei non smette. Non smette. La schiena ti sembra un fuoco unico. Le gambe cominciano a cederti, ma rimani legato ai legacci della ruota.
La implori di smettere, ma la frustata successiva è più forte: «Le tele non parlano.»
Va ancora, e non riesci più a distinguere un colpo dall'altro. Il fiato ti si spezza in gola. Ormai ti aspetti solo altri fendenti, altri dolori, ma lei, improvvisamente, smette.
Non sai cosa credere, alla bocca ti arriva il salato delle tue lacrime. Poi lei si avvicina. Senti il palmo delle sue mani sulla tua schiena: un tocco caldo e soffice, esplorativo, ma è come gettare sale sulle ferite. In alcuni punti la pelle si è lacerata, in altri è tremendamente rossa.
Lei mugola eccitata. «Un ottimo inizio» tu torni a deglutire. Cosa ti aspetta, ora?
Ti mette le mani sui fianchi, e si china per baciarti piano la spalla, poi il collo. Ma sembra un gesto di possessione, più che di affetto. Poi sussurra qualcosa al tuo orecchio, con voce morbida e calda: «Mi piace giocare con te...» sai benissimo di non essere un compagno di giochi, ma il suo giocattolo.
Gira intorno a te, per guardarti bene in faccia. Posa la fronte sulla tua, mentre ti accarezza una guancia, poi il collo ed il petto, con intensità. «Voglio farti male...» sussurra, poi sorride, calda. Dominante. «Ma prima...» di colpo ti bacia, sulle labbra, afferrandoti per la nuca e portando il tuo viso al suo, le sue labbra alle sue. La lingua contro la sua. Ti senti quasi risucchiare in un vortice inaspettato, suadente e accogliente, almeno fino a che non arriva quel morso: prima intrigante, poi doloroso, sul labbro inferiore, abbastanza da farlo sanguinare. Lei si allontana e inspira. Si lecca le labbra mentre tu ti lecchi le tue: motivi diversi. Lo stesso sangue.
Non ha tempo da perdere, la donna: si avvicina ancora, ti accarezza il petto, poi ti graffia, fino a prenderti il sesso con una mano, stringerlo e giocarci un poco. «Ti concedo un ultimo premio...»
Fa girare la ruota, e torni ad essere sotto sopra, a guardarla dal basso verso l'alto. Mugoli qualcosa ma non hai il coraggio parlare. La mano resta sul tuo sesso, e ora comincia a carezzartelo, poi stringerlo, poi a masturbarti. Prima piano, poi più forte, e più veloce. Ogni tanto il pollice ti sfiora la parte più sensibile.
«Vediamo quanto è schifosa la mia tela...» ridacchia mentre persiste, sempre di più, sempre più velocemente. Sei al limite: già la sua visione da quella prospettiva è eccitante: pelle chiara su quelle forme perfette, e la mano di lei è esperta e rapida. Ora sembra proprio volerti mungere: non eccede in delicatezza.
Ecco che arrivi al limite: e senti il caldo del tuo stesso seme cadere verso il basso, sul tuo petto e sul tuo viso, poi la risata di lei. «Guarda che hai combinato!» lamenta teatrale, sorniona. Gira ancora la tua ruota, per riportare la tua testa in alto. Tu abbassi lo sguardo umiliato, sei sporco sul volto, sulla pancia e sul petto, ma non puoi neppure pulirti.
«Veramente, quanto sei sporco» sospira, poi si allontana, prende qualcosa da un tavolo vicino, quando torna sgrani gli occhi. Riprende con la mano libera il tuo pene, stringendolo alla base e tirandolo verso di se, allungandolo. Con l'altra mano, poggia la fredda e dura lama affilata di un coltello sulla tua pelle, sulla tua carne. Inorridisci.
«Dovrei farti un favore, se te lo taglio non ti sporchi più, e saresti una statua e una tela migliore: non credi »
«N. no, ti prego» neghi con la testa.
Lei ridacchia, tenendo il coltello sulla tua carne. Salda la presa. «Tu non sai davvero quello che è meglio per te. Lo so solo io. » Il freddo della lama si fa ancora più vicino, senti già una lieve fitta sulla pelle. «E' un coltello molto affilato: in un secondo è fatto tutto, non ti preoccupare».
Tu stai ancora tremando, poi lei sorride un poco, ma rimane con le mani sul tuo sesso, la lama poggiata alla base. «Dai, per questa volta lascio decidere a te: pensaci, vuoi davvero tenerti questa porcheria, o vuoi che te la tagli?»
Deglutisci. Lo vuole fare davvero? Ed è una trappola o ti sta facendo davvero scegliere un'apparente ovvia scelta?
Che fare?
''Pare tocchi a te, pare. ''
[DA CONCLUDERE]''Latex nero, parte 2''
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//- «Esci, spirito immondo, da quest'uomo!». E gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione» gli rispose, «perché siamo in molti» -//
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''Presto la vedi tornare.'' Ha in mano una bottiglietta e una valigetta tipo 24 ore.
Ti raggiunge, e si china prima su di te, poi si siede sul tuo petto.
Ora che sei senza plastica in viso, ti accarezza i capelli, poi le labbra. Con due dita ti costringe ad aprire la bocca, e passa il latex nero sulla tua lingua.
Apre quindi la bottiglia e, piano, versa l'acqua nella tua bocca.
Dapprima l'acqua ti inonda il viso, e tossisci. La seconda volta, con più cautela, riesci a bere, da imboccato premurosamente da lei, come se ti stesse dando il biberon.
Bevi, ne avevi bisogno.
Lei allontana la bottiglia, restando seduta sul tuo petto a gambe aperte.
Ti afferra per i capelli, poi si avvicina: vedi da vicino le grandi labbra del suo intimo, il tutto circondato dal perimetro scuro del latex.
E ti spinge per qualche secondo contro di lei.
Di nuovo senti tutto il suo peso su un unico punto: la tua faccia. Bocca e naso quasi entrano dentro quella fessura di latex e di carne. Ne senti l'odore ed il profumo, e sono entrambi inebrianti. La assaggi con la lingua.
Poi la pressione si fa più forte e, di nuovo, in un continuo gioco sul respiro, per l'ennesima volta, lei lo limita. Costringendoti ad annaspare, con la faccia premuta tra le sue cosce, fino a quando si alza, per farti riprendere fiato.
Non vedi i suoi occhi, ma senti che ti osserva da dietro la maschera. Praticamente seduta sul tuo collo e con la mano tra i tuoi capelli.
Di nuovo, in un'altra sessione ti stringe contro di sé, sedendosi sul tuo viso. Comprimendoti ed usando la tua bocca per darsi piacere.
E di nuovo ti libera quando il fiato sta davvero per venirti meno.
Poi scivola via dal tuo fianco, sdraiandosi sul proprio. Il seno poggia sulle tue costole. La maschera è poggiata alla tua guancia, mentre la sua mano ti carezza dolcemente il sesso, stringendolo di tanto in tanto, e passando il pollice sulla sensibile punta.
Si ferma solo dopo qualche minuto, lasciando la sua mano sulla tua pancia. La maschera sulla tua guancia. E tu credi si stia assopendo, di fianco a te.
Così provi a muoverti, ma puoi muovere solo il collo e la bocca, i tuoi arti invece sono tutti e quattro come incollati al terreno.
Allora ci provi, la implori di liberarti, ma lei non ti risponde. Non ha mai detto una parola, e sembra ferma, immobile. Vorresti almeno vedere i suoi occhi, dietro quella maschera, ma non ti è concesso. Il vetro è troppo scuro e vagamente riflettente.
Ma quando li guardi bene, ti sembra di vedere una notte abissale, lì dentro, nient'altro.
Qualche minuto dopo la vedi mettersi in ginocchio, e recuperare la valigetta.
Ne estrae una siringa. Lascia che esca del liquido dall'ago, molto lungo e molto sottile. Tu deglutisci.
Le gridi di no, intuendo, e lei ti pone due dita sulle labbra. A segno di stare in silenzio. Fremi, e con un movimento veloce lei ti siringa il braccio, senza neanche togliertelo dal latex in cui sei imprigionato.
Senti un calore su quel punto dell'arto, che poi si diffonde velocemente per tutto il corpo. Questione di secondi. Non capisci cosa sia.
Lei richiude la valigetta, e si rialza, fino a scomparire di nuovo. Che succede?
Ma è questione di un paio di minuti. Torna, LEI, senza valigetta.
Si china al tuo fianco e, con tua grande sorpresa, muove la cerniera che ti apre il latex su tutto il resto del corpo.
Piano, rivedi la tua pelle. Dal petto, all'addome, alle cosce, ai piedi.
Lei rimane china, porta le sue braccia dietro la tua schiena e le tue gambe, e riesce a sollevarti, da sola. Rimani sorpreso sia dalla facilità con cui lo fa, sia dal fatto che fino a poco fa ti sembrava di essere incollato a quella sostanza viscosa, che invece ora rimane per terra. Non opponi resistenza, e lei ti tiene in braccio giusto per qualche passo, prima di farti sdraiare, ancora supino, a pancia in su, lungo un letto ospedaliero, senza coperta. Senti ora il freddo dell'alluminio sulla pelle e rabbrividisci.
E ora, ti accorgi che la situazione non è cambiata: provi a muoverti, ma non riesci a spostare un dito. Giusto gli occhi, respirare, e leggerissimamente la testa.
Quel liquido doveva essere un paralizzante fortissimo, credi.
LEI è in piedi, di fianco a te, all'altezza della testa.
Vedi che ha le dita nella fessura tra le sue gambe. Anche se per un attimo ti sembra che quelle dita siano solo sparite nella notte, più che sostare nell'intimo di lei che prima ti ha accolto, e poi hai assaggiato.
Di nuovo, passa la mano, ora umida dei suoi umori, fra i tuoi capelli; poi sul tuo petto, quindi sulla pancia, il tuo sesso, e prima una gamba, fino al piede, poi l'altro.
Ti osserva, forse studia, poi allinea il tuo corpo: mette le tue braccia più vicine al corpo. Chiude le tue gambe.
I tuoi piedi, nudi, sono appena fuori dal lettino chirurgico.
Lì si mette lei, carezzandoli piano e fissandoti, al di là di quella maschera che non permette replica di sguardo.
Poi, prende con entrambe le mani guantate le tue caviglie, e le avvicina alla pancia, coperta di latex, ma, per meglio dire, sembra avvicinare i tuoi piedi alla fessura nella sua tuta in lattice, là dove c'è il suo intimo.
Non capisci, hai la testa un po' confusa, ma vedi i tuoi piedi poggiarsi sul lattice nero. Senti il liscio di quella stoffa, la curva sensuale del monte di Venere, con le piante dei tuoi piedi.
Poi senti uno strano calore. Una piacevole sensazione di leggerezza e morbidezza. E quasi una lievissima ed indistinguibile musica nelle tue orecchie. Forse sono debolissimi archi. O arpe celtiche, suonate pianissimo. Devi concentrarti, per cercare di capire cosa stai sentendo. Nel mentre, ti senti molto stanco, molto rilassato, un po' stordito. Deve essere l'effetto della droga che ti ha iniettato.
Per qualche attimo guardi il soffitto, ti concentri sulle pochissime luci che illuminano la stanza, sul perimetro circolare delle sue ampie pareti, ma non vedi tutto il contorno. Senti nel mentre le mani di lei prima sui polpacci, poi, lentamente, sulle tue ginocchia, quindi sui tuoi fianchi.
La sensazione di rilassamento e morbidezza è sempre maggiore e più intensa. Senti anche un certo languore, un piacevole turbamento su tutto il corpo. Le luci del soffitto ti sembrano danzare lievemente. La gola è leggermente secca. Per qualche secondo quelle luminarie ti sembrano fuochi fatui. Poi con gran fatica sposti il collo e lo sguardo ... E...
Non credi a quello che vedi
O forse a quello che NON vedi
Non vedi i tuoi piedi, non vedi le tue caviglie, neppure le tue ginocchia e le tue cosce ... non vedi neppure la tua pancia, e neppure il tuo sesso. Vedi solo dall'ombelico in su. Le tue gambe e il tuo addome ... fanno tutt’uno con quella figura. Sarebbe più corretto dire che non hai più le gambe, e neppure il sesso, e parte della pancia. Oltre il tuo ombelico, infatti, c'è LEI, unita a te
Non capisci.
Ma presto si fa più chiaro il processo, anche se non è più comprensibile.
Senti le sue mani all'altezza delle vertebre, sotto le ascelle: ti sta letteralmente trascinando contro di lei, spingendoti verso il basso, facendoti scivolare lungo l'alluminio del lettino chirurgico ... direttamente dentro di lei.
Sta assorbendo il tuo corpo. Il suo corpo sta mangiando il tuo.
Sei spaventato, ma non terrorizzato: sei troppo intorpidito, per esserlo.
Provi a muoverti, ma ti è impossibile. E del resto: muovere cosa?
Ora anche le tue mani, dapprima congiunte alla tua pancia verso il basso, sono state come inglobate nel lattice, nel corpo di LEI.
E continua a trascinarti verso quel buio, verso quella notte di cui ora sembra fatta. Quella morbidezza, è il tuo corpo che sta entrando nel suo.
Ma ormai non ti sembra più di avere un corpo. Il tuo corpo è suo, non tuo.
Ancora, ti senti trascinare ed assorbire. Ora tutto quello che c'è fuori da lei, di te, è il petto, ed in su il collo, ed il viso.
La vedi infatti dal basso, da un'altra stranissima prospettiva: oltre al tuo petto, c'è il suo addome, poi il seno, e la testa, la maschera che ti fissa.
Di nuovo le sue mani si posano sulle tue spalle, spingendoti contro di lei. Dentro di lei.
E dentro di lei entrano. Dentro di lei tu entri.
Ora solo la tua testa è fuori dal suo corpo. C'è LEI, e la tua faccia, che la guarda dal basso, e spunta dalla fessura del suo intimo, e della sua tuta in lattice.
La maschera ti guarda. Tu provi ad urlare, ma non ne hai la forza. Del resto, non è rimasto molto di te.
Lei pone una mano sulla tua guancia, a carezzarti, poi fra i tuoi capelli. E spinge, di nuovo, contro di lei. Senti scivolare la tua testa sul lettino, e poi il tuo mento, e la tua bocca, essere assorbiti da quel calore morbido. Quindi il naso. Non ti sembra però di non respirare. Non ti sembra di soffocare.
Ora solo la tua fronte ed i tuoi occhi rimangono fuori.
Ma non per molto. Lei spinge ancora, ti trascina dentro il suo corpo, fino a che non pedi la vista, e poi tutto, dentro. Tutto quanto.
Tu non ci sei più. E lei c'è.
Eppure ... non sei morto. Ti senti vivere.
Sei dentro di lei. Senza scelta. Farai quello che lei farà. Vivrai quello che lei vorrà. Sei dentro di lei.
Ora ricordi quando l'hai vista, nella sala comune, la prima volta: nella sua tuta in latex ti sembrava di aver intravvisto dei volti maschili, sulle sue forme femminee.
Una previsione. Ora ...
Ti sei unito alla Legione.
'' La storia in questo caso termina qui. Se vuoi, puoi tornare indietro e prendere altre strade.''''Lento''
Lo sai, non hai speranze ormai. Anche quella carta è bruciata. E la nipponica andrà avanti ancora ore, se non giorni.
Anna no. Almeno, vale la pena di durare fino alla fine.
«L-lento»
La succube, la tua amica, sorride beatamente.
«Davvero, sei sicuro?»
E tu ci pensi, fremi di paura a quel suo sorriso, ma annuisci.
«Sì...»
Lei annuisce a sua volta, come a siglare l'accordo. La tua lenta condanna.
Allora si rialza con la schiena, si stiracchia su di te, languidamente, ti carezza piano le cosce, poi il petto, poi le labbra.
«Sei fottuto...»
Lo sussurra piano, dolcemente, sembra più un complimento o una promessa amorosa, che una sentenza di morte. Ma sono entrambe le cose.
Prende in mano ancora il tuo sesso, e senti che si drizza come non mai. Diviene roccia. Poi con la punta sensibile struscia sulla sua umida intimità, più volte, lentamente. Mette un piede sulle tue spalle, poi gioca con la tua cappella, usandoti come strumento di divertimento, sfregandola prima sul piercing al seno, poi su quello all'ombelico.
Cambia posizione, e ti lecca lo scroto, poi l'asta, e di nuovo il sesso, e la pancia. Il tuo intero corpo è un fremito continuo. Alta e bassa marea di piaceri. Quindi torna a cavalcarti. Mettere il tuo sesso dentro di lei.
«Ti prendo piano piano, piano piano.... goditela...»
E si muove piano davvero, con i fianchi, ti senti carezzato su tutto il corpo, ti senti caldo ed immerso nel languore continuo. Fremiti lenti di piacere ti invadono. Ondate di orgasmo soprannaturali, continui. Senza sosta.
La sua vagina è una tasca perfetta per il tuo membro. Sono perfetti, insieme. Tu sei roba sua.
Per un attimo, scordi anche la paura, solo per un attimo. Ti lasci andare.
Ma lei ti prende per il mento, forte.
«Voglio che guardi... voglio che guardi, voglio che guardi mentre invecchi, mentre godi, mentre muori» lo dice in un gridolino eccitata.
Sussulti. Torna il terrore, ma resta il piacere. Sensazioni contraddittorie ma che permangono entrambe.
«Lo sai, è giusto che lo faccia io» rincara la dose, mettendo in mezzo il destino.
«Guarda il mio seno, guarda i miei occhi» ti ordina.
Le sue curve ti inebriano, i suoi capezzoli ti rapiscono, i suoi occhi ti fanno suo e ...
Ora, lo vedi ... quel verde delle pupille diventa lucido, riempie tutta la sclera, tutto l'occhio è un verde unico. Le corna sembrano crescere, lei si mostra così demoniaca e infernale. Ora. Perfino i capezzoli sembrano dei piccolissimi aspidi guizzanti.
Si china su di te, senti il calore del suo petto sul tuo, poi dolore e piacere: quelle piccole fauci ti mordono il petto, prendono calore. Gridi di paura e stupore. Lei di eccitazione:
«Dimmi che hai paura.... C'è più gusto a prenderti la vita, se hai paura» sussurra languidamente.
Come fa ad essere così sadica? Come hai fatto ad amarla?
Eppure, glielo dici, hai paura. Hai paura. E lei freme. Si prende tutto, da te. Il terrore, il piacere, l'energia, l'eccitazione, la vita. E quando ti prende il mento, e ti indica:
«I miei occhi, i miei occhi» ordina eccitata, ma tutto ha un piano.
«Voglio che vedi cosa vedo, voglio che ti guardi ora...»
E sono specchi, i suoi occhi che troneggiano su di te. Dove vedi riflessa la tua immagine: non sei più un giovane, la tua pelle è raggrinzita, grigiastra, gli occhi spenti, sei terribilmente smagrito.
Cerchi di gridare, ma ti sembra di soffocare, lei ti tiene dalle spalle, a volte ti carezza la testa, ma se provi a guardare altrove prende il mento e ti costringe a guardare.
Il suo seno ancora più sodo, come se si fosse riempito, è sicuramente aumentato da inizio serata. Le sue labbra ancora più vivide, i denti più bianchi, le corna più grandi e vigorose, gli occhi, per quanto a specchio: lucidi.
Cerchi di agitarti, ma non ne hai le forze, e lei ti spinge sulle spalle, ti cavalca ancora, senza mai fermarsi. Eccitata continua ora a toccarsi il seno, il clitoride. E ti fissa: ora sussulti, ed esplodi dentro di lei: vedi il tuo corpo fiaccarsi ancora, diventare quasi verdastro, le costole sono visibili. E se quel settantenne sembrava vecchio, ora parrebbe un giovinotto al tuo confronto. Sussurri qualcosa di incomprensibile, ma non puoi fare altro che abbandonarti. Eppure, lo senti ancora il piacere.
Tutto il pubblico guarda voi, ora, tutte le telecamere.
La succube più dolce si rivela la più spietata. Continua ad abusarti. A muoverti su di te.
«Voglio tutto.... tutto» grida ancora, eccitata.
Pone due dita sulle tue labbra, ti tiene fermo il mento.
«Shhh.... shhh... dammi tutto.... tutto... tutto» sussurra languida.
E tu lo fai: vieni ancora, con un vigore tremendo. E gli occhi specchiati mostrano quel poco che rimane di te: ora sembri più rannicchiato, più piccolo, più flebile. Lei sembra quasi gigante al tuo confronto: ma non è tanto cresciuta lei, quanto rimpicciolito tu. Senti tutto il suo peso, eppure, anche tutto quel piacere mescolato al terrore.
Anna ti travolge con una raffica di movimenti di bacino, ora, di danza pelvica che sembra ti rompa le vecchie ossa stanche, malridotte. Dallo sguardo di vetro vedi un centenario, un matusalemme, e forse nemmeno, uno straccio inerte. Lei però continua, ancora cavalca quello che rimane, e tu ancora lasci andare parte di te. Ancora, ancora, ancora.
Non una parte, tutto. Tutto. Senti ancora il suo grido eccitato, le sue risa, per un attimo, e ti sembra di esplodere ancora. Ma nello specchio c'è solo cenere. Lei raccoglie, la porta all'intimo. Tra le piccole labbra. Mugola ancora, e raccoglie ogni granello. Fino a che di te non rimane niente.
//Sei solo lei.
C'è solo lei.//
''FINE''
[Puoi ovviamente tornare indietro e scegliere altre alternative, esplorare altre diramazioni]
[[Studi televisivi, l'esecuzione, parte seconda]] ''Veloce''
Sei così stanco, eccitato ... ancora ... ma così stanco. Non vuoi consumarti lentamente, non vuoi diventare uno straccio vecchio.
«Ve - veloce».
Hai confessato la tua condanna, ma non avevi speranza, ormai.
Quella che pensavi essere la tua fortuna, si è rivelata la tua rovina.
Lei mugola un poco, forse dispiaciuta, ma poi annuisce.
«Come vuoi ...»
Pronuncia piano il tuo nome, poi risale su di te. Prende di forza il tuo sesso indurito, e tornate ad essere una cosa sola.
Ma non c'è lentezza. C'è forza.
Movimenti di fianchi che ti fanno sussultare e schiacciano lo stomaco.
Poi le sue mani, sul tuo collo. Stringono. Prima quasi piano, poi sempre più forte, sempre più forte. Lei ti fissa, e ti strangola.
Mentre lei muove i fianchi, mentre si eccita, e mugola, tu ti senti soffocare, e la senti sempre più eccitata.
Guardi il suo senso ballare, così bello, i suoi occhi verdi illuminarsi.
La gola ti fa male, la vista si appanna, lo stomaco fa male.
Cerchi di tossire ma non ci riesci. Cerchi di muoverti, ma sei legato e debole. La tua testa sbatte sul pavimento quando ci provi. Lei torna a stringerti il collo.
«Fermo... shh... è finita... »
Te lo sussurra piano, si muove su di te estremamente rapida, senti il tuo pene pulsare. Stai per finire. Stai per venire. Dentro di lei. Forse è così che deve finire, no?
Ma hai paura, quando la vista si appanna del tutto, il tuo cuore ha un sobbalzo, l'aria non arriva al cervello, e vieni copiosamente. All'unisono. Il fiato finisce, l'eccitazione esplode.
Ti sembra quasi di vederla, lei che si alza, dopo un ultimo breve bacio.
Lasciando il tuo corpo morto sul pavimento.
''
FINE''
[Puoi ovviamente tornare indietro e scegliere altre alternative, esplorare altre diramazioni]
[[Studi televisivi, l'esecuzione, parte seconda]] ''Ancora in cella''
Hai passato un'altra notte in cella. Hai dormito un giorno intero. Più di 24 ore. Quando ti svegli, noti prima la tua fame incredibile che i tuoi vestiti: di nuovo un pigiama grigio, con pantaloni e camicia pesante.
Ai piedi del letto ci sono un paio di pantofole leggere e, per fortuna, il tavolo è pieno di cibo: un bicchiere di succo, uno d'acqua, uno di latte. Un piattone di legumi misti, un altro piatto con tre panini con affettato, salse e formaggi, e parecchia frutta e verdura. Perfino una torta.
Evidentemente ti vogliono in forze. Ti ritrovi ad avventarti sul cibo, a divorarlo. E solo dopo aver anche bevuto adeguatamente, al bagno, riesci a guardarti meglio in faccia e deglutisci. Noti le tue occhiaie, un filo accennato di barba, ti sembra di essere dimagrito e invecchiato di una decina d'anni. Ma sono passati solo pochi giorni. Ti sembra assurdo, ma ti metti la mano sul volto, ti accarezzi la pelle, meno fresca. Alla mente ti torna Anna, il suo sorriso dolce e spietato al contempo. L'hai vista letteralmente prendere vigore e forza ... da te.
Allora ripensi alla succube, a quanto ti ha detto. Può davvero averti come schiavo? E se capitasse, cosa succederebbe?
Forse non continuerebbe a prosciugarti come ha fatto in quello spettacolo, o non farebbe che finire il lavoro?
Miriam, in compenso, parlava di lavori forzati. Sai benissimo che ci sono campi di lavori duri, nella periferia di Melody, dove gli uomini sono internati.
O l'arena. Un posto dove ci sono combattimenti in gabbia. Spesso quelli leali sono di arti marziali miste, solo tra donne guerriere. Ma a volte fanno combattere anche i maschi: in quel caso la lealtà svanisce e gli incontri sono organizzati per farli duellare con le donne più forti. Forse Miriam parlava anche di altro ... ma ora non ti sovviene.
I tuoi pensieri vengono interrotti da un rumore ferroso. Vedi la solita valchiria alla porta. Ti ammicca, mentre muove un bastone contro le spranghe di ferro, richiamandoti.
Quando ti avvicini ti osserva.
«Cazzo, ti ha prosciugato per bene, eh?»
«Oddio, quando abbiamo tirato fuori gli altri sembravano dei tappeti, ti è andata bene. Fosse stato per me mi sarei limitata ad ammazzarti di frustate ... forse» e alza le spalle.
Poi continua a parlare, guardandoti.
«Non sono qui per piacere oggi, però, e non c'è tempo» e ti allunga un biglietto «sai la procedura, devi mettere una croce sul posto dove preferisci essere deportato».
Al tuo sguardo confuso, sorride un poco.
«Ah sì, hai dormito tutto il tempo: è buffo» premette velocemente, mentre tu prendi quel biglietto e una piccola matita dalle sue mani.
«Miriam ha fatto scegliere al pubblico, che ha votato, tra varie opzioni, ma tra questa c'era anche "il vincitore sceglie dove andare"» e ne sorride, come divertita.
«Per cui ... tra le opzioni scritte devi mettere una croce. Hai un'ora di tempo, va da sé che se tu non scegli decideremo noi al posto tuo. Sei fottuto in ogni caso» e ti fa l'occhiolino. «Torno fra un'ora, fai buona scelta».
Lei batte ancora con il bastone sulle spranghe, poi si allontana.
Tu ti siedi sul letto, perplesso e confuso. Vogliono farti scegliere come continuare il percorso? E nella pratica - pensi - come finire malissimo?
Spieghi meglio il foglio, e leggi le opzioni:
''1) Verrò spedito al Laboratorio Medusa'', donando il mio corpo alla scienza di Melody.
''2) Andrò ai lavori forzati'', offrendo forza lavoro allo Stato.
''3) Parteciperò all'Arena Artemisia'' come lottatore.
Qui ti fermi un attimo.
Nel primo caso saresti una cavia, e probabilmente non avresti speranza, da quel poco che ne sai.
Nel secondo, nella migliore deelle ipotesi vorrebbe dire spezzarsi la schiena e vivere in prigione. Anche se si sa davvero poco di quei campi.
Nel terzo, forse potresti vincere. Sei pur sempre un uomo, anche se sai che le lottatrici di quell'arena sono tremende. Alcune sono geneticamente modificate a quello scopo.
Continui a leggere.
''
4) Firmerò un contratto con la Succube'' che si è presa cura di me allo spettacolo, divenendo il suo schiavo personale.
Deglutisci. Allora ce l'ha fatta. Anna è riuscita a mettere quella possibilità tra le opzioni. Probabilmente ha sfruttato la fama della trasmissione, per offrire questa possibilità al pubblico e a te.
Potrebbe essere l'opzione migliore, ma anche la peggiore. Guarda nel tuo cuore: provi più paura o più desiderio per lei?
Per ora continui la lettura.
Ti passi la mano sul volto, e cerchi di ragionare. Dove hai più possibilità di sopravvivenza? cosa ti conviene fare? e cosa vuoi fare?
Cerchi di ragionare, ma ti accorgi di aver già perso troppo tempo. Di nuovo, forse in anticipo, senti il bastone della valchiria sulle sbarre. Ha le chiavi in una mano, il bastone nell'altra.
«Allora, prigioniero, che hai scelto? ricordati di segnarlo con la croce, poi dimmelo, così so dove farti mandare.»
Quando ti vede titubante, tira una bastonata alle sbarre:
«Non hai capito, devi scegliere, ora! Dove cazzo ti mando?»
''
[Già, dove andrai? che scelta farai? Ma a differenza del prigioniero, tu hai più tempo]*''
''*Ecco le opzioni:''
''
1) leggi il capitolo: [[Laboratorio Medusa, l'ingresso]]
2) leggi il capitolo: [[Ai lavori forzati]]
3) leggi il capitolo: [[Arena Artemisia]]
4) leggi il capitolo: [[ Sei Mio]]
''Ai lavori forzati''
//Davvero?//
Forse hai deciso che rischiare la vita con altre folli ginarchiche non valeva la candela. Un po' di piacere, ma quanti pericoli. Il fascino della seduzione, certo, ma anche il rischio di lasciarci le penne tra le grinfie di qualche assatanata.
Non che qui i rischi non ci siano: due valchirie ti hanno fatto uscire dalla prigione. Vieni filmato da una moltitudine di telecamere, all'esterno. Poi condotto su un furgoncino blindato, nero.
Guardi le manette ai tuoi polsi, fin quando puoi, perché poi ti infilano un sacchetto in testa e rimani al buio.
Lì, nella notte artificiale, pensi ad Anna: saresti stato un suo schiavo, e la prospettiva era inquietante e stuzzicante allo stesso tempo.
Hai infranto la promessa, ma forse qui vivrai più a lungo.
I pensieri si accavallano anche sulle altre opzioni. Ma ormai è tardi. Ti fa male la testa dal troppo pensare. Una volta hai sentito dire che il vero disagio psichico non arriva dal fare la scelta sbagliata, ma dal non sapere cosa fare: una volta presa la scelta, il tuo cervello ti darà le motivazioni migliori per difenderla. E starai meno male. Più scherzosamente, qualcuno diceva "lascia pensare i cavalli, che hanno la testa grande".
Del resto, ormai è fatta. Il Dado è tratto. Non hai scelta.
Quando riapri gli occhi, una valchiria dai capelli rossi e rasati ti trascina giù dal blindato. Ti spinge in avanti.
Quel che vedi, oltre una grande vallata è una pianura di una notevole estensione. Da una parte ci sono grandi campi di cereali, dall'altra sentieri che portano dentro le alte montagne, alle miniere. Hai sentito dire che recuperano minerali di cui non conosci il nome, utili per produrre computer, schermi di nuova generazione e cavi di comunicazione.
Ci sono poi edifici quasi piatti e grandi, grigi, e qualche villa. Più o meno al centro della grandissima pianura. Sono i campi dei lavori forzati.
Tra le figure che puoi vedere da quell'altezza, scorgi file di uomini incatenati che riempiono carrelli appena fuori dalle cave; altre file di uomini stanno sistemando i prodotti agricoli, altri ancora curando gli animali.
Le donne, sono quasi tutte valchirie, armate di frusta, e non sembrano lesinare ad usarla.
Con uno strattone la valchiria che ti ha in custodia e ti accompagna ti spinge in avanti, per indirizzarti lungo il sentiero che porta alla pianura. Un'altra valchiria ti fa strada. Si scende a piedi. Così hanno deciso. Nel mentre, la prima valchiria ti racconta cosa ti aspetta:
«Qui si estraggono minerali alle miniere, si lavorano i campi agricoli, si curano le bestie da latte e da carne, e gli uomini più esperti vengono utilizzati per produrre pezzi meccanici, alcuni fabbricano manette e catene, utili a voi stessi, in uno splendido circolo virtuoso» Ne sorride, e quando rallenti, aumenta la velocità dandoti un calcio nel sedere.
«Lateralmente potresti essere mandato banalmente alle cucine a pelare patate e tagliare verdure. In mancanza d'altro ci sono delle ruote energetiche che funzionano come grosse dinamo, per produrre elettricità, o verrete usati come buoi al posto delle vacche, per spingere gli aratri».
E sorride.
Ti viene spontaneo chiedere se non siano ormai lavori arretrati.
La prima risposta è una frustata che ti lacera il pigiama e ferisce la pelle. La seconda è una risata. La terza, finalmente, è voce:
«Ma certo che lo sono. Come del resto siete arretrati voi. Ma con forza lavoro quasi gratuita, ne vale ancora enormemente la pena. Inoltre, il tutto è di grandissimo simbolismo»
Continui il passo, la pianura è ormai prossima.
«Ad ogni modo, ti spiego gli orari e le abitudini della tua prossima vita: dormirai nella cella 121 dell'edificio A, insieme ad altri 4 schiavi. Verrai svegliato ogni giorno alle cinque, quindi condotto con gli altri alla distribuzione. Lì ti indicheranno il lavoro del giorno, saranno sei ore al primo turno, e sette ore al secondo. Verranno consegnati due spuntini veloci al mattino ed alla sera, ed un rancio più importante all'una. Per ora la distribuzione quotidiana, per la prima settimana o il primo mese, ti farà variare lavoro, così conoscerai il posto e farai esperienza. Poi verrai assegnato dove conviene, e da allora terrai quel lavoro per sempre, tranne in casi di emergenza»
Eccoti arrivato alla pianura. Con un'altra spinta vieni consegnato ad una valchiria locale: hanno divise leggermente diverse, più chiare e semplici, ma restano bene armate e pratiche combattenti. Non fai in tempo a chiedere nulla. Vieni spinto a terra, ed un'altra donna ti mette le manette e ti allaccia tramite quelle ad una catena.
Da quel momento, capisci di essere fregato.
Vieni condotto all'edificio A, alla cella 121. E qui ti scannerizzano il codice che hai sulla nuca. Tutto registrato. Sai anche che i tentativi di fuga saranno segnalati dal GPS interno, e tutti i tuoi dati sono in loro possesso.
Stranamente, i primi due giorni non lavori. Vieni lavato alle docce comuni, con gli idranti e fra le risate umilianti delle valchirie. Poi ti viene iscritto un altro codice sul braccio, tatuato, che sarà il tuo identificativo interno nei campi.
Le docce obbligate si ripetono una volta ogni quattro giorni. Del resto ci sono anche schiavi addetti ai pozzi e alle condutture, affinché non sia una spesa, ma un riutilizzo interno.
Il primo giorno di lavoro è ai campi, parte bene, ma è estenuante. La media di lavoro sono 13 ore. Chi si lamenta viene frustato, ed alcuni sono stati portati via, non sai dove. Le possibilità di dialogo con gli altri schiavi sono limitate e spesso punite.
Ma dal terzo giorno, il tuo lavoro principe sono le cave: qui hai il compito di raccogliere pietre da un punto di raccolta e inserirle negli enormi cestoni che poi vengono attaccati ai camion. O di spezzare pietre con il piccone in dotazione.
Raccogli pietre. Spezzi pietre.
Tossisci polvere, prendi qualche frustata.
Mangi un rancio al giorno, insapore ed incolore. Giusto - a volte - degli spuntini energizzanti per permetterti di lavorare oltre.
Hai sentito che a volte le prime valchirie del posto o la direttrice del campo, tal Ivory, richiama alcuni uomini per divertimenti più personali.
Alcuni schiavi vengono talvolta privati dal lavoro per operazioni di fecondazione o di puro divertimento. Ma a te non è mai capitato.
I giorni si ripetono uguali: sveglia all'alba, 6 ore di lavoro alla raccolta pietre, poi un rancio, sei o sette, a volte perfino otto ore di rompimento pietra.
Un altro spuntino e poi crolli nella tua cella. Ripeti. Ripeti. Ripeti....
''Ripeti. Ripeti. Ripeti...''
''Fine. ''
[Puoi ovviamente tornare indietro e scegliere altre alternative, esplorare altre diramazioni]
[[Ancora in cella!]] ''Arena Artemisia''
Alla fine il calcolo delle possibilità che ti ronza in testa ti porta a scegliere:
"Arena Artemisia", replichi alla valchiria.
E quella quasi si mette a ridere.
"Cazzo, vuoi farla finita in breve, eh?"
Ma annuisce, dà un colpo alle sbarre di conferma e prosegue: "Bene, allora via".
Pochi minuti dopo tornano in due, ti fanno uscire dalla cella e ti rimettono il sacco in testa. Ormai sei quasi abituato a quei trasferimenti e nel giro di qualche altro minuto ti fanno sedere su quello che pensi sia un camioncino.
Il tragitto sembra abbastanza breve. Esci dalla vettura, e ti portano a braccetto lungo un corridoio, poi in un'altra cella. Senti chiudere il cancello. Passi che si allontanano.
Capisci di avere le mani libere e ti togli il sacco dalla testa. Vedi un muro bianco, un letto, tutto sembra simile a prima, ma presto ti avvedi del rumore, le grida, il frastuono che c'è dall'altro lato e tutt'intorno: dalle sbarre vedi l'arena sottostante. E’ una gabbia circolare, grande come tre o quattro ring da pugilato. E tutto intorno un palco fatto ad anfiteatro greco, gli scalini - gremiti di pubblico - girano come una spirale, o un serpente addormentato sulle sue stesse spire, salendo per alcune decine di metri. Tutto intorno agli scalini, la costruzione interna: ti accorgi che ci sono una moltitudine di celle singole, tutte vicine, di cui una è la tua. Una sorta di alveare, intorno e sopra all'arena e agli spalti per il pubblico. Tu, come i tuoi colleghi prigionieri e prossimi combattenti dell'arena, puoi vedere cosa ti aspetta.
Un uomo piuttosto muscoloso e pelato sta combattendo con una donna che non è esageratamente grande, ha sicuramente un fisico tonico, ma sembra meno letale di molte valchirie che hai incontrato in questo periodo. La donna ha molti tatuaggi, i capelli neri e lunghi e veste una canottiera bianca e dei jeans corti e strappati.
L'uomo tenta di aggredirla con un pugno, e allora ti accorgi di quale sia il suo vantaggio: è molto veloce, riesce a schivare facilmente l'attacco, aggirare l'avversario e colpirlo con una gomitata al fianco. L'uomo impreca e si china a terra, in ginocchio, lei gli gira ancora attorno e lo colpisce con un calcio sulla nuca. Sicuramente è una praticante di qualche arte marziale.
Quello che avviene dopo ti fa capire che non è per niente un normale combattimento: la donna infatti salta sulla schiena dell'uomo con forza, poi continua a calciarlo sulla nuca a ripetizione, fino a che i lamenti dell'uomo si trasformano in mugugni e il pavimento si sporca di sangue.
Lei si sposta, e tra le urla del pubblico due valchirie entrano e trasportano via l'uomo privo di sensi; o almeno, speri, sia solo quello.
Chiudi gli occhi, sospirando, e domandandoti se sia stata una grande idea quella di venire qui.
Nel mentre senti qualcuno, probabilmente la conduttrice di quell'assurdo spettacolo violento, annunciare che la stessa lottatrice combatterà subito il prossimo incontro. Ti prepari ad aspettare il nome dell'avversario, quando la tua cella viene aperta.
La solita valchiria bionda ti sorride: "Sei proprio un uomo fortunato, non devi neanche aspettare!"
Non fai in tempo a capire la situazione, che quella ti prende per il polso, spingendoti fuori.
Assieme ad altre due valchirie vieni incatenato per i polsi e trascinato verso l'arena, tra le urla, gli insulti e gli applausi del pubblico.
Cerchi di focalizzarti sulla tua avversaria, che saltella sul posto e tira pugni all'aria mentre ti aspetta
Un minuto dopo vieni liberato, ma ti sbattono dentro l'arena e i cancelli della gabbia si chiudono.
La ragazza - lo vedi ora, quanto è giovane - saltella ancora sul posto. Ha un fisico tonico, poco formoso, ma atletico e dei bei lineamenti, la definiresti carina, ma di certo in questo momento è l'ultima cosa che dovrebbe preoccuparti. Hai appena visto cosa sa fare e quanto sia violenta, e quanto fuoco abbia negli occhi.
"Facciamola finita in fretta, ok?"
Ti prende in giro, scatenando il plauso del pubblico, poi corre verso di te, fai appena in tempo a capire cosa stia succedendo che il suo pugno ti colpisce sul mento.
Barcolli fino a schiantarti contro le sbarre dell'arena e subito quella si avventa con un calcio su di te. Riesci però a scansarti, e quella colpisce con le scarpe da ginnastica solo la parete. Se non altro sei più veloce dell'uomo di prima. Ma non più di lei. Devi adottare qualche tecnica. Lei ti gira intorno, saltellando, sembra studiarti, o forse prenderti in giro, mentre già ti ritrovi a sputare sangue per terra.
"Ti ho fatto male? poverino!"
Inspiri, cerchi di ricordare gli allenamenti da adolescente e decidi di aspettare la sua prossima mossa. Che arriva prevedibile: lei corre verso di te per mollarti un altro colpo.
Questa volta riesci a reagire: scosti la testa di poco e afferri il suo polso con un braccio, il suo gomito con l'altro. Di istinto, con tutta la tua forza, le torci il braccio in una leva, costringendola in ginocchio. Il pubblico si ammutolisce.
Lei cerca di liberarsi, ti molla un calcio sulla gamba, ma tu stringi i denti e resisti, continui la leva, lei grida.
Le intimi di arrendersi, e lei ti sputa addosso, senti la saliva calda sul tuo volto, e le torci ancora il braccio. Pochi secondi, poi lei grida di arrendersi, quando sei a poco da romperle il braccio. Quando la vedi in lacrime quasi provi pena per lei, non sei tipo da voler far male ad una donna, ma non avevi scelta.
Una parte del pubblico è disorientato, l'altra ammutolito, la ragazza viene accompagnata fuori.
A quel punto una grassa signora vestita di bianco e dai capelli rossi, microfono alla mano, parla a te ed al pubblico.
"Lo sfidante ha vinto un primo incontro, è degno di onore. Perché allora non dargli la grande occasione?"
Il pubblico esplode in un boato, anche se ci sono delle recriminazioni. Non capisci, ma presto la conduttrice spiega, parlando direttamente a te dal microfono:
"In quanto vincitore della lotteria e del primo incontro, voglio offrirti una grande occasione: se vincerai anche il prossimo incontro, sarai libero. Non solo dall'Arena, ma anche dalla lotteria, ho già accordi con la governatrice a riguardo. Se vinci, tornerai alla tua vita precedente" - e quest'incubo potrebbe finire - "Ma ti avviso, non ci saranno fermi o regole nel prossimo incontro, la volontà di fermarsi dipenderà solo dagli avversari".
Non sei certo che prima valessero regole diverse. E tutto sommato non credi di avere scelta, così annuisci e confermi alla conduttrice. Allora lei sorride, e il pubblico esulta.
Una parte del pubblico si apre, come il mare davanti a Mosè: ma quella che la folla lascia passare non è un profeta. È una lottatrice: credi sia alta una decina di centimetri più di te. E sotto un mantello nero indossa solo dei cortissimi pantaloncini rossi e un reggiseno elasticizzato.
arenaA differenza della ragazza di prima i muscoli si combinano con delle forme generose e sinuose. Il volto determinato e dai tratti forti, ma femminei, è adornato da lentiggini. La sua pelle è chiarissima, gli occhi azzurri ed i capelli rossi raccolti in una coda.
Cammina determinata fino alla cella, alla gabbia dell'arena, vi entra e si chiude dentro da sola, poi si toglie il mantello. Inspiri, la guardi dai piedi nudi alle cosce tornite, le ginocchia pronte, la vita snella e piatta, le braccia solide come le spalle e il seno stretto in quel tessuto, gli occhi su di te. Non sarà facile. E già ti insulti mentalmente per provare uno strano misto di eccitazione e paura nei suoi confronti.
Alzi le braccia, ti prepari, e lei sembra invece perfettamente ferma; dopo essersi avvicinata di qualche passo ha perfino le braccia rilassate, le spalle immobili, si limita a guardarti e sorridere. Il pubblico prima esulta per l'inizio dello scontro, poi resta muto.
Tu sei fermo ad aspettare, ma lei non sembra muoversi né decidersi a fare la prima mossa: che fare?
Dopo qualche momento dal pubblico arrivano i primi insulti e una scarpa passa dalle sbarre e ti colpisce la spalla. Lei sembra immune agli insulti, ma tu ti agiti.
Alla fine decidi di partire, e carichi: corri verso di lei e decidi di sfruttare la tua forza. E solo quando è troppo tardi ti accorgi di aver compiuto lo stesso errore della tua precedente avversaria. Stai per colpirla, quando lei ti afferra polso e gomito, iniziando a torcerti il braccio. Pensi di contare sulla tua forza, ma così non è, il dolore lungo tutto l'arto è notevole, e ti ritrovi in ginocchio.
Lei ti fissa dall'alto, assottigliando gli occhi, e tu usi l'altro braccio per cercare di colpirla, ma non ci riesci, non hai piena libertà di movimento. La vedi sorridere, forse l'ha fatto apposta a usare la tua stessa tecnica, come una sorta di vendetta.
"Non accetto rese" ti avverte.
Tu deglutisci, mentre senti friggere il braccio, allora recuperi tutte le tue forze, e rinunci a tenerti l'altra mano su quel braccio, la muovi verso di lei ignorando il dolore, ma non arrivi alla sua faccia. In compenso, riesci a colpirle malamente il petto, graffiarle il collo, strapparle il reggipetto elastico: liberi e denudi il suo seno che sembra restare fermo sul posto, sodo e duro.
Il pubblico ride ed esulta, e la donna lascia la presa, dandoti qualche secondo di fiato. Ti massaggi il braccio dolorante, concentrandoti su di te su un istante. Forse pensi che lei si prenda qualche attimo per ricomporsi. Ma così non è.
Da dietro, senti il suo braccio stringerti il collo, la tua nuca preme contro il suo seno, quasi sprofondandoci dentro, e il tuo fiato si fa più sottile, mentre già devi sopportare il dolore al braccio. Incredibile quanto sia forte, ti sembra essere dentro una morsa. Cerchi di liberarti senza successo, anche per quel braccio malconcio. Tossisci, mentre lei continua a stringerti la gola. Ogni tuo sforzo sembra inutile e ti sembra che la tua vista stia diminuendo. Cerchi di muovere il corpo, ma le sue ginocchia ora ti stringono ai fianchi, mentre con le braccia ti strangola.
"Ho detto nessuna resa" ti ripete, anticipandoti.
Non riesci a ribellarti, e ancora ti sembra di svenire. Sei al limite, ma improvvisamente lei ti lascia andare. Cadi a gattoni, tossendo.
"Oh non così in fretta ora, hai osato umiliare una mia compagna, e spogliare me... ora... me la prendo con calma"
Ti gira intorno, mentre cerchi ancora di recuperare il fiato. Senti una mano sulla tua spalla, poi la vedi scivolare velocemente a terra, con una spinta il tuo busto finisce tra le sue cosce. Sdraiati entrambi a terra, a croce, il tuo busto tra le sue gambe forti, e il tuo braccio tirato, ancora dolorante, e poggiato al suo seno.
"Giochiamo un po'" ti avverte, e inizia la pressione.
Le sue gambe sono serpenti, sono presse che ti stringono il busto, le costole e le vertebre, compresse con forza. Più cerchi di liberarti, più la presa si fa stretta. La maledetta lo fa apposta: ti stringe con violenza tra le sue gambe e ti torce il braccio, e quando non ce la fai più lascia leggermente la presa, ma solo per poi riprendere pochi secondi dopo: sembra conoscere la tua resistenza, la tua soglia limite. E da quella posizione non è possibile liberarsi.
"Mi chiedo che rumore faranno le tue vertebre quando si spezzeranno" ti sussurra.
E poi stringe come non hai mai stretto prima quel body scissor.
Ti senti come spezzare in due, bloccato dai suoi muscoli e pressato dal suo corpo, ti ritrovi ad urlare pietà e solo quando stai per perdere i sensi lei ti lascia andare.
Fa scivolare le gambe sopra al tuo petto, poggiandole lì. Forse è finita.
La vedi muoversi e alzi le braccia per fermarla, ma non ne hai le forze ora: lei si siede sopra il tuo busto velocemente e allargando le gambe le sue cosce si stringono ora intorno al tuo collo. Si tira indietro, portandoti i tuoi polsi con te: ora sei in pieno head scissor, e quel che vedi è il suo bel corpo tirato indietro, e soprattutto il suo intimo coperto da quel tessuto quasi trasparente ora, mentre le sue cosce ti stringono il collo e la testa.
La pressione sembra produrre un ronzio di sottofondo confuso e cacofonico, mentre perdi fiato tra i suoi muscoli ed il suo interno coscia.
Di nuovo, sembra voler giocare con te: stringe per una decina di secondi, lasciandoti un po' di fiato e la speranza di liberarti, ma poi riprende più forte di prima. Riesci a liberarti un braccio e colpirla quasi a caso con una sberla, ma presto lei si muove agilmente e fulminea: si sdraia sopra di te, portandoti le braccia dietro la nuca, stringendoti con le gambe la vita tanto da far male, e fissandoti dall'alto.
"Prima mi hai voluto vedere le tette... ora guardale bene"
Dicendoti ciò si china su di te, pressando il suo seno morbido ma sodo e colmo sul tuo viso, senza lasciarti via di respiro. Preme contro di te e tu annaspi in quella morbida ma spietata, calda morbidezza, mentre lei continua a stringerti tra le gambe. Solo dopo alcuni secondi si alza appena dal tuo viso, ma è solo un attimo, subito sprofondi tra quei seni. La sua voce la senti appena:
"Qua sotto sei tutto rigido, ma pensa tu, anche in questi momenti voi maschietti non pensate ad altro.... va bene va bene..."
Sembra riderne, e di nuovo si alza con il busto, e tu annaspi per recuperare fiato.
Una mano sul volto ti costringe al pavimento, lei si volta rapidamente, come un ragno sulla preda, sicuramente deve essere un'esperta di combattimento da terra e prese.
Troppo debole per resistere, ti ritrovi ancora con il busto stretto tra le sue gambe. Un braccio chiuso in quella stretta, torto dietro la schiena. Ma puoi vedere la sua mano libera scendere ai tuoi pantaloni e strapparli via, per prenderti il sesso tirato. Ti tiene fermo tra le gambe, strizzandoti e togliendoti il fiato, e ti munge con la mano, giocando con te.
"Chissà se vieni prima di romperti" domanda, mentre prima piano, poi con forza e foga gioca con il tuo pene, masturbandoti.
Su e giù. Su e giù. Su e giù.
Per niente calma, a ripetizione, più che un atto sensuale è una manipolazione meccanica: sei il suo gingillo, da stritolare tra le gambe e da manipolare.
Lanci un altro urlo di dolore quando esagera a stringere: e allora ti accorgi di essere anche esploso, la sotto, il tuo seme cade sul tuo addome e sulla sua mano.
"Che bambino cattivo" lamenta con tono quasi dolce.
Poi ti ritrovi seduto, aiutato dalle sue mani. Lei si siede dietro di te, ed è troppo veloce per fare qualcosa, specie quando tutto il tuo corpo sembra tremare dal dolore. Le sue gambe si chiudono di nuovo sulla tua vita, mentre la tua schiena poggia sul suo addome e la tua nuca sul tuo petto. Un braccio gira intorno al tuo collo, e l'altra sua mano va sul tuo viso.
"Lecca, ora" ti ordina, portando la mano sporca del tuo seme alla tua bocca.
Dapprima cerchi di sottrarti, poi la stretta alle gambe si fa troppo forte.
"V- va bene" sussurri, e la presa non si ferma, ma si ammorbidisce: lecchi tutto quanto dalle sue dita, con dovizia, per paura delle conseguenze.
Poi il suo palmo preme contro la tua bocca, di nuovo tornando a toglierti il respiro. Mugoli senza rimedio, e le gambe tornano a stringere con troppa foga.
Solo quando pensi di non potercela più fare, lei si gira di nuovo, usa il tuo corpo come un palo da pole-dance e come un gioco. Sa roteare su di te come una trottola trovando sempre nuove posizioni e nuovi modi di torturarti e stritolarti. Ora ti ha spinto schiena a terra, e si è messa direttamente con il sedere sulla tua faccia. In un vero e proprio facesitting. Tiene le tue mani ferme al pavimento, mentre con i piedi ha la sfrontatezza di giocare con il tuo sesso. Il tuo viso è stretto tra le sue natiche, ed ormai queste sono il tuo intero mondo.
Solo a tratti senti il vociare del pubblico e il tuo stesso respiro affaticato, quando si alza - per pochi attimi - con il sedere sulla tua faccia.
Ancora lunghi attimi in cui ti sembra di cedere, poi lei si alza. La vedi troneggiare su di te, con i piedi sulle tue mani.
Da quella posizione capisci di aver combattuto contro una dea: così bella e forte, non avevi speranze.
Ti chiedi solo cosa deciderà ancora di fare di te.
Ma non devi aspettare molto, anche se per alcuni secondi sembra imbronciata, con un ditino in bocca a meditare.
Poi ecco la sua prossima mossa: si china per prenderti entrambi i piedi, e te li alza con forza, ribaltandoti e costringendoti ad una verticale, sollevandoti di peso con una forza tremenda. La tua testa finisce tra le sue gambe, di nuovo, lì viene stritolata. Il tuo busto si poggia al suo addome, e mentre ti tiene in verticale, mette in bocca il tuo sesso che è tornato rigido, costringendoti ad un 69 acrobatico e per nulla volontario.
Non sai per quanto rimani in quella posa assurda per cui il pubblico ti dileggia, ma sai di venire nella sua bocca, quando lei ti lascia andare e tu cadi pesantemente di schiena a terra. La vedi pulirsi la bocca con il polso, di nuovo troneggiando su di te, mentre cammina sul tuo petto, ora.
Porta un piedino alle tue labbra, costringendoti a leccarlo, sai già che ora devi seguire il suo volere.
Ed ecco che sale con entrambi i piedi sulla tua faccia, comprimendo e pressando il tuo cranio.
Una decina di secondi che sembrano ore, poi cammina oltre, ridendo.
Sei stremato, la vedi tornare, sdraiarsi di fianco a te, carezzarti il petto, piano, poi i peli pubici.
"Ora la finiamo, eh?".
Deglutisci. Di colpo ti ritrovi stretto a lei: messo sul fianco, nuovamente stretto tra le sue gambe che ti premono la vita, il viso sul suo seno, lei che con le braccia ti stringe a se, ma non è così dolce. Di nuovo affondi nel suo seno, mentre le gambe ti stritolano. Ed ormai, quando la pressione si fa di nuovo forte, ti stai arrendendo, quando senti che il tutto si allenta, con una spinta vieni ribaltato di nuovo schiena a terra.
Lei di nuovo in piedi, il piede sul tuo petto, non ti guarda nemmeno, ma indica un paio di lottatrici sul bordo della rete metallica: loro annuiscono ed entrano. Sono tutte e due più muscolose di lei, entrambe vestite di ... praticamente nulla, solo dei pantaloncini elastici.
Una è di colore, e ti sembra familiare, l'altra ha i capelli tinti di viola e la pelle abbronzata.
"Finiamo in bellezza"
Non capisci, ma il pubblico applaude.
Il tutto accade troppo velocemente, le tre lottatrici si avventano su di te: la nera si attorciglia con le gambe alla tua vita, premendo con forza e costringendoti in un bodyscissor.
La rossa poggia la tua testa tra le sue cosce, stringendo la tua nuca in un headscissor.
L'ultima fa seguito alla nera, stringendo le sue lunghe gambe sul tuo addome, più in basso rispetto alla sua collega di colore.
In breve tre paia di splendide ma muscolose gambe ricoprono il tuo corpo. Lo stritolano in una spirale continua.
"Al mio viav... vediamo chi è più forte..."
Deglutisci e chiedi aiuto, ma tutte e tre ti ignorano.
"Via!"
Di colpo, senti la tua vita stringersi tra gambe abbronzate, il tuo petto venir stritolato da cosce di ossidiana, infine la tua testa venir premuta da gambe bianchissime.
Questa volta non c'è resa né pace né pietà: ti senti completamente imprigionato e stritolato, senza speranza, e per qualche attimo il dolore la fatica e la paura si mescolano al languore.
Non sai se quei sinistri scricchiolii appartengano alle tue vertebre o alle tue costole , ma sembrano ora una sinfonia macabra, fin quando non senti il plauso del pubblico.
E tutto diventa buio...
FINE (Puoi ovviamente tornare indietro e provare altre strade)
''Alla fine c'era davvero una scelta?''
L'arena, il laboratorio, il campo dei lavori forzati... sembrano strade senza uscita.
Non sei ovviamente sicuro che quella non lo sia: hai visto cosa possono fare le succubi, e cosa ti ha fatto Anna, ma forse il suo amore per lei la porterà alla pietà oppure ...
Inutile pensarci. Segni con la croce e consegni il foglio.
La valchiria legge, e poi ride.
«Cazzo, non sei invecchiato abbastanza? Deve essere proprio piacevole eh?!»
Ti guarda negli occhi curiosa, poi alza le spalle.
«Oh be', l'importante è che tu abbia scelto».
Così dicendo ti dà le spalle e si allontana.
Già. Speri proprio di aver fatto la scelta giusta.
Quando torni a guardare le occhiaie che hai sotto gli occhi e le nuove rughe comparse non ne sei tanto convinto.
Ma ora non hai scelta: è strana la vita. Ci sono giorni che scorrono senza eventi, e poi, di tanto in tanto, ne capita uno dove ti tocca scegliere. E quella scelta condizionerà tutto.
Preferisci non pensarci, e ti lasci cadere sul letto, prima a riflettere ancora, nonostante cerchi di non farlo, poi per cercare di rilassarti, ed infine ... ti ritrovi a dormire.
Il mattino dopo la sveglia è il rumore ferroso che il bastone della valchiria provoca risuonando sulle sbarre.
Deglutisci, ti alzi. In realtà non fai davvero in tempo ad alzarti che la militare e una sua collega ti strattonano fuori, ammanettandoti.
Niente colazione, niente doccia, neanche un cambio d'abiti. Solo un sacco in testa.
Ma ormai dai rumori, il tempo che passa, ed i ricordi passati, capisci cosa succede. Uscito dalla prigione vieni spinto dentro un camioncino.
C'è qualcosa di diverso, però. Appena ti arriva la luce del sole oltre il sacco, prima di entrare sul mezzo, senti delle urla, probabilmente appena fuori dalla prigione. Come se una massa di gente ti aspettasse. Una voce - forse microfonata - sembra pronunciare il tuo nome, raccontare qualcosa, ma non riesci davvero a capire, tra quel casino ed il sacco in testa.
La luce filtra meno quando sei seduto per terra, sul mezzo. Il camioncino in breve parte, e le urla della folla si allontanano.
Non sai bene quanto tempo sia passato, forse un paio d'ore dove nessuno ti rivolge la parola, né ti libera. Devi solo aspettare.
Poi, capisci di essere arrivato a destinazione quando senti - di nuovo - la voce della folla. Di nuovo come prima e più forte. Senti delle urla secche in direzione del tumulto, forse sono le valchirie. Un rumore ferroso che non riconosci. Il camioncino si ferma per un minuto circa, in mezzo alle voci, qualcuno batte anche con la mano sulla scocca del mezzo, poi questo riprende, a passo d'uomo o quasi. Le voci della folla si allontanano ed abbassano, fino a sparire.
Tiri un respiro, e di nuovo capisci che vi siete fermati. Qualche secondo dopo lo sportello posteriore si apre di colpo e la luce colpisce i tuoi occhi: ti hanno tolto il sacco. Per qualche secondo devi abituarti alla luce. A fatica capisci di essere in un grande giardino, intravvedi la valchiria bionda guardarsi intorno, poi la facciata di una villa dall'estetica barocca, ma non fai in tempo a farti un'idea precisa che tutta la tua attenzione è catapultata verso l'abbraccio che ricevi.
Anna si getta su di te, tanto che quasi perdi l'equilibrio, la tua schiena poggia sulla fiancata del mezzo.
Le sue braccia intorno al collo, la fronte sulla tua, senti la sua risata, bellissima, e il calore del suo corpo.
Veste un abito rosso semplice, che finisce con una gonna che le lascia scoperte le gambe. I piedi avvolti in scarpe basse. Non hai ancora il tempo di esaminare altro, perché senti le sue labbra sulle tue. Le tue mani fremono, ancora ammanettate dietro la schiena. Il bacio è come non te l'aspetti, dolce e lento. Poi cadi nei suoi occhi, verdissimi.
Lo appurerai a tempo debito, temi ... o forse speri?
Per il resto del tempo di questa giornata ti sembra di vivere in un sogno tranquillo, dopo tutto quello che hai passato.
Ti fai una doccia calda, ed è la stessa Anna a portarti dei vestiti freschi (una tuta da casa) e ad asciugarti i capelli con il phon. Poi consumate un'ottima cena, e restate un po' sul portico: Serena ed Anna suonano rispettivamente la Chitarra e l'Arpa, e tu te ne stai su una sedia a dondolo a bere una birra. Non capisci davvero cosa stia succedendo.
E allora Anna viene verso di te e ti prende per mano.
«Andiamo a nanna, cucciolo, domani sarà una giornata piena»
Guardi la notte stellata, poi annuisci e la segui.
Dentro di te sale l'irrequietezza. Ti viene spontanea una domanda, mentre salite le scale per dirigervi al piano superiore, dove ci sono le stanze.
«D-dormirò nella stanza degli ospiti?»
Anna allora ride di gusto. Poi scuote la testa con un movimento bellissimo.
«Mi farai morire: ma no. Ovvio che tu dormi con me, piccolo».
Allora attesa, eccitazione e paura si mescolano. Lei sorride, ed ora scorgi della malizia, ma non ti azzardi a fare altre domande.
Entrate nella stanza e tu usi per primo il bagno interno. Dopo esserti lavato trovi un pigiama e lo indossi. Quando esci la trovi seduta su una sedia allo scrittoio a pettinarsi i capelli e guardarsi allo specchio: ti vede attraverso quello, mentre tu noti i cornini tra i ciuffi. La vedi sorridere, prima di dirti:
«Ti dò cinque minuti per toglierti quel cazzo di pigiama, dormiamo nudi» e si alza per andare al bagno.
Quando ne esce, pochi minuti dopo, la stai aspettando, nudo, sul bordo del letto ma la guardi deglutendo: non ti aspettavi che ... uscisse dal bagno scalza, completamente nuda, se non per la cavigliera d'oro che ben conosci, e un ciondolo semplice in argento che ricade proprio tra quei seni floridi, non eccessivamente grandi, ma perfetti. La pancia piatta, l'ombelico adornato da un piercing, quelle cosce tornite e le caviglie sottili. I capelli castani leggermente umidi e lisci che le cadono sulla schiena. Ti accorgi che insieme all'eccitazione sta salendo il timore.
Lei si stiracchia elegantemente, poi si sdraia al tuo fianco. Ti porta una mano sulla spalla, per spingerti a sdraiarti a tua volta, vicino a lei.
Anna si sdraia sul fianco, stando leggermente più in alto di te con il corpo e con la testa, ed accarezzandoti i capelli ti guarda.
«Che c'è cucciolo? Non è quello che vuoi?»
L'altra mano ti carezza prima il petto, poi la pancia, e non si fa poi nessuno scrupolo di toccarti il sesso, giocandoci un poco. Tu fai per rispondere, ma lei ti anticipa:
«Hai paura, vero?»
Tu sei restio, ma poi annuisci. Lei assottiglia gli occhi, ti bacia il collo e con la mano ti stringe il sesso, poi torna a guardarti in viso.
«Fai bene... sei il mio schiavo e io sono una succube e ... » inspira riempiendo d'aria i polmoni e gonfiando il petto «... eho una voglia di scoparti che non hai idea!»
Sorride, e nel dirlo cambia velocemente posizione, agile, apre le gambe e ti monta.
Neanche te ne accorgi, ma il tuo sesso è già dentro di lei. Senti la sua vagina stretta, umida e calda combaciare perfettamente con la tua erezione. Le sue mani sulle tue spalle.
Eccitazione, ansia e paura montano insieme.
«Sei pronto, cucciolo?»
La guardi dal basso, così bella e giovane, ma anche così potente e pericolosa. Ma annuisci:
«S-sì Anna».
Lei inspira e ti graffia le spalle. Chiude gli occhi e sta ferma per una decina di secondi. E non riusciresti mai a dire quanto ti sembrano lunghi e densi.
Poi la senti ridere, e tirarti uno schiaffo sulla guancia:
«Stupido che sei».
Cambia di nuovo posizione, scivolando al tuo fianco, questa volta sdraiata di schiena, supina, un braccio che tocca il tuo. Ti guarda reclinando il viso, mordendosi il labbro inferiore, poi parlando.
«Se inizio poi non mi fermo, e se ti va bene ti rubo un'altra decina d'anni, sennò ti prosciugo davvero».
Ti sfiora piano il petto, poi lascia il palmo della mano sul tuo cuore. Continua a fissarti. Poi sussurra:
«Ma non ti ho certo fatto venire qui per prosciugarti, o ucciderti, cucciolo».
La frase è piena di strana dolcezza, tu la guardi, e di istinto le carezzi la pancia. Lei ti lascia fare, poi si avvicina per baciarti le labbra.
«Ma non ho neanche intenzione di non fare sesso, e del resto neanche tu»
La guardi confuso.
Sai che sta dicendo il vero.
Ma non c'è scampo. Lei non può decidere di non usare il suo potere se...
«Non ti scervellare, guarda che ce l'ho già una soluzione: ho fatto preparare un antidoto: domani sarà pronto, e sarai immune al mio potere di succube. O meglio... non invecchierai né ti ruberò più neanche un secondo... »
Detto ciò si scosta di poco, rimettendosi supina e senza guardarti prosegue.
«Ma stasera non possiamo, quindi fai il bravo» sorride.
Ti sfiora i capelli, poi ti afferra piano dalla nuca.
«Però... puoi dormire qui... se vuoi» e accompagna la tua testa al suo seno, come fosse un cuscino caldo e morbido sul quale poggiare la guancia, poi ti abbraccia, ed i suoi capelli scivolano sulle tue spalle.
Le gambe si intrecciano con le tue e ... sembra incredibile a dirsi ... ma ti senti protetto ed al sicuro ora, tra e braccia della succube.
Lei ti bacia i capelli, prima di salutarti.
«Ora dormi piccolo, domani sarai mio...»
E forse ora lo sai davvero. Ti cihiedi cosa vinca tra desiderio e timore, mentre chiudi gli occhi sul suo seno e, piano, ti addormenti.
''Prosegui a [[Sei Mio, parte 2]]''
Sei mio (parte 2)
«Ehi, dormiglione!»
E' la prima cosa che senti quando ti svegli. Sussulti. Senti la mano di Anna sul tuo petto nudo e le sue labbra sul tuo orecchio.
«Svegliati e sbrigati, ci aspettano».
Deglutisci e ti alzi. In bagno, una volta fatta la doccia, trovi dei vestiti semplici: dei jeans ed una maglia bianca, ma niente scarpe, solo delle pantofole bianche.
Sei sollevato: ti aspettavi qualcosa in pelle, catene e chissà che altro, vero?
Quando esci dal bagno, vedi Anna vestita in uno splendido tubino nero, che le lascia scoperte le gambe tornite ed ha una scollatura a V. Indossa inoltre scarpe alte, nere. E i suoi soliti accessori: la cavigliera d'argento ed un ciondolo fine. I capelli sono mossi e pettinati per dare solo la parvenza di sembrare ribelli, e lasciano che si vedano i due cornini che decorano la sua testa, ai lati. Il trucco è leggero e ben curato; è bellissima.
«Guarda fuori dalla finestra»
Tu lo fai: nel giardino della villa vedi una folla di donne e qualche servitore. Una decina di valchirie, e tre camioncini delle riprese, con le telecamere già attive. Deglutisci, osservando, e poi sussulti quando senti un tocco leggero sul collo: due dita di Anna che ti carezzano dolcemente, ma con malizia. Poi la sua voce sottile all'orecchio:
«Non rimarranno che qualche ora ... poi sarai solo mio».
Nei giardini, ad organizzare il tutto è Miriam Levante, l'organizzatrice della lotteria e consigliera di Melody. La donna, ha capelli tinti di un blu acceso che scendono su un giacchetto di pelle nera, con uno scollo ovale sul seno. Pantaloni del medesimo colore, e scarpe alte. Nella mano, un microfono e con l'altra dà le ultime indicazioni alle valchirie, che ora si posizionano, cinque per lato, lungo la scalinata del porticato che porta al giardino. Una - l'undicesima - invece, resta al centro. Tutta la folla è posizionata a ferro di cavallo, intorno a quelle medesime scale, in modo da potersi gustare la scena.
Melody annuncia già alla televisione nazionale:
«A breve il maschio di cui tutte noi abbiamo seguito il percorso, terminerà la sua esaltante corsa nella lotteria. In modi davvero imprevisti e divertenti, lo vedremo diventare lo schiavo personale della succube Anna!»
E a quel punto ride.
«Certo, probabilmente non durerà più di una notte, abbiamo visto cosa è capace di fare la scorsa volta ma...» - alza le spalle esili e sensuali - «... in questo caso, è stata perfino una sua scelta».
«Andiamo, cucciolo» ti sussurra Anna.
Tu annuisci tremante, e la segui fuori dalla stanza, dopo il corridoio scendi le scale interne: e già lì, un paio di donne filmano il vostro arrivo ai giardini. Ai lati della scala, osservano Serena ed il resto della servitù della succube.
Ancora pochi, passi, e poi Serena stessa spalanca le porte che conducono all'esterno. Al porticato, poi le scale.
Sgrani gli occhi per la luce e per tutta quella gente. Ma non hai tempo per pensare. Anna cammina fino ad arrivare al centro della folla, all'inizio del giardino, proprio davanti alla valchiria centrale, che ormai ben riconosci: nella sua divisa militare nera e rossa, stretta sulle sue forme muscolose e sinuose allo stesso tempo, capelli biondissimi legati in una treccia perfetta, occhi del ghiaccio. Stivali scuri, una cintura porpora, la nota araldica femminile di Melody sulla spalla. Dietro la schiena una spada ad un unico taglio, alla cinta una pistola automatica ed una frusta scura di cuoio. Nella mano, tiene un collare d'argento legato ad un guinzaglio di pelle nera.
Miriam dà ordine ad una piccola banda poco distante di creare una musica di sottofondo, poi continua la narrazione, mentre tu affianchi Anna, in un misto di confusione, timore ed aspettativa.
«Finalmente ci siamo. Il momento che aspettavamo è arrivato» e sorride ampiamente, per poi allargare le braccia ed indicare te ed Anna.
«Che la cerimonia di appropriazione abbia inizio».
La valchiria fa un passo verso di te ed ordina: «Spogliati».
Tu guardi verso Anna, e lei, dolcemente annuisce. Non osi neanche immaginare cosa comporterebbe disobbedire, ora. E, in fin dei conti, sai di non volerla deludere proprio ora, davanti a tutti.
Allora ti liberi prima della maglia bianca, restando a petto nudo. Poi delle pantofole e dei jeans, e, con un sospiro, ti liberi anche delle mutande, restano completamente nudo di fronte non solo a quella folla di donne, ma anche a tutte coloro che ti stanno guardando da casa, attraverso le riprese delle telecamere.
«In ginocchio davanti a lei» prosegue ora la valchiria.
Tu posi un ginocchio per volta, per terra, e guardi dal basso la Succube Anna, che ti guarda con una orgogliosa dolcezza dall'alto.
La valchiria si posiziona di lato, come maestra di cerimonia, e lasciando lo spazio specialmente a voi. Melody anticipa che si tratterà di domande che la valchiria, in veste di sacerdotessa proporrà ad Anna ed a te.
La valchiria comincia con le poche domande da rivolgere ad Anna
«Sei consapevole della superiorità delle donne rispetto ai maschi in ogni frangente, ed il nostro dovere di guidarli e controllarli?»
«Sì, lo sono».
«Vuoi prendere questo maschio come tuo schiavo personale, ed assumerti le responsabilità delle sue azioni e della sua vita?»
Anna conferma subito: «Sì, lo voglio»
Senti uno strano calore nel corpo a quelle parole, che si mescola alla strana sensazione di ricevere qualcosa di definitivo.
La valchiria annuisce. Poi passa a te.
«Sei consapevole, maschio, della tua inferiorità rispetto a tutte le Dee e le femmine di questo Regno?»
Senti la tua voce uscire come automatica, anche se timida: sì, tu sei consapevole.
«Vuoi tu diventare schiavo di questa donna in particolare, perdendo la facoltà di vivere a Melody come cittadino, ma divenendo proprietà unica della succube Anna?»
La voce ti trema, e confermi: lo vuoi.
«Sei consapevole che questa scelta non permette alcun ripensamento, e che sarai eternamente considerato un suo oggetto, ed ella, come tale, avrà diritto di vita e di morte su di te, e nessuno potrà mai più avere pretese su di te?»
Ancora una volta, rispondi affermativamente a quelle terribili domande.
La valchiria sorride: «Allora d'ora in poi la servirai senza riserva alcuna, e sarai solo suo».
Termina quelle parole mentre consegna il collare ad Anna. Lei lo rigira tra le dita, ne bacia la piastrina, poi piano, te lo lega al collo: senti il freddo dell'argento sulla tua pelle, ed una lieve pressione intorno al collo. Segui la corda nera del guinzaglio, che arriva alla sua mano, che ora compie uno strattone, costringendoti a scivolare con la faccia sui suoi piedi.
«Baciami, Schiavo» ti ordina ferma, ma delicata.
E tu le baci prima un piede, poi l'altro.
Urla ed applausi scrosciano dalla folla partono a quel gesto, ma la valchiria alza imperiosa la mancina, e li ferma.
«Manca ancora un passaggio» e Anna annuisce.
Tremi quando intuisci di cosa si parla: solo ora, ti sei accorto che, poco di lato ad Anna, Serena stava scaldando un corto bastone, con un marchio di metallo al suo culmine.
La domestica si avvicina, e consegna il marchio - la cui punta ora è incandescente - nelle mani di Anna.
La guardi stranito ed impaurito, mentre senti di colpo una pressione sulle braccia. La valchiria ti ha preso alle spalle, mettendoti poi le mani sulla nuca ed immobilizzandoti con forza e costringendoti ad alzarsi.
Senti con la schiena nuda il suo corpo d'acciaio ma anche sensuale. E poi la sua voce:
«So che ormai accetteresti ogni cosa dalla tua sola Padrona: ma se ti tengo farai meno scenate per il dolore».
Stringi i denti e poi osi chiedere ad Anna: «E'... proprio necessario?»
E lei sorride e ti risponde: «Certo cucciolo... farà male, ma quel dolore sarà il sigillo della tua appartenenza, e tutti, ancora di più, sapranno che sei solo mio: questo dolore me lo stai regalando. Lo vuoi?»
Hai una paura tremenda, ma annuisci.
Lei ti passa una mano sul volto ti carezza leggermente: poi avvicina il marchio al tuo corpo.
Vedi che è una semplice A con due cornini ai lati.
Senti il calore avvicinarsi al tuo petto, all'altezza del cuore.
Quando il metallo incandescente ti tocca senti un dolore indescrivibile.
E sia l'odore e sia il rumore sinistro della pelle che brucia.
Hai un momento di fremito e agitazione, ma la valchiria ti tiene perfettamente bloccato.
Il tutto dura solo un paio di secondi, poi, Anna riconsegna il marchio a Serena e la valchiria ti lascia: debole, cadi tra le sue braccia. Lei ti coccola lentamente la testa.
«Sei stato bravo».
Sei confuso, e non capisci molto. Senti le parole conclusive della valchiria e di Miriam, ma non le capisci appieno, non le rammenti. Rimani nell'abbraccio di Anna, e presto la folla si dipana, e tutte le spettatrici si allontanano, lasciando la casa della succube.
Anna ti riporta in casa, e per qualche tempo cura la tua ferita, poi ti lascia riposare nudo, ma sotto una coperta, sul divano.
Quando ti svegli, non sei in sala ma in camera. Sei ancora nudo, vedi il marchio sul petto, all'altezza del cuore.
Hai il collare argenteo al collo, ma non il guinzaglio: quello è posato sulla sedia di Anna, che, completamente nuda a sua volta, si sta pettinando davanti allo specchio.
«Oh, sei sveglio.... arrivo subito, tesoro»
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''Sei mio (parte 3)''
Quando ti svegli, non sei in sala, ma in camera.
Sei ancora nudo, vedi il marchio sul tuo petto, all'altezza del cuore.
Hai il collare argenteo al collo, ma non il guinzaglio: quello è posato sulla sedia di Anna, che, completamente nuda a sua volta, si sta pettinando davanti allo specchio.
«Oh, sei sveglio.... arrivo subito, tesoro».
Tu hai appena il tempo di tirarti un poco su con la schiena e metterti a sedere.
Ti guardi il petto e la ferita ancora fresca, la pelle rossa e leggermente gonfia a segnare quel marchio, la A di Anna.
Fai per sfiorarti ma ti accorgi del peso di Lei sulle gambe, che sale cavalcioni sopra di te.
«Non toccarla no... non vorrai rovinarla, dopo dovrei rifartela...» sorride, furbetta; e ti fa cenno di rilassarti.
Allora vedi che si è portata dietro una piccola borsetta da pronto soccorso: c'è del disinfettante, e dei cerotti, sicuramente anche altro, ma sei distratto dalla sua pelle liscia e abbronzata, dal seno perfetto, e gli occhi verdi e profondi. Sei così concentrato ed ammirato da lei che quasi non ti accorgi del bruciore sul petto, poi del cerotto che ti mette sopra, dopo averti baciato appena sopra la ferita.
«Giusto un paio di giorni, poi lasciamo prendere aria e sarà perfetta ... ti piace?»
Ripensi al dolore atroce che hai provato, ma annuisci.
Fai per dire qualcosa, ma lei ti chiude la bocca con la sua in un bacio passionale, senti la tua lingua risucchiata dalla sua, le sue dita sul tuo collo; le sue cosce sui tuoi fianchi.
«Ora basta aspettare... ti voglio...».
Il tuo cuore si riempie sia d'eccitazione sia di paura: sai cosa significa, cosa comporta.
Lei sorride.
«Tranquillo, te l'ho detto che ho una soluzione...»
e dalla borsetta del pronto soccorso tira fuori ora una grossa siringa. Ed ammicca, sorniona, guardandoti.
«L'antidoto...».
Tu deglutisci. Lei ridacchia.
«Dopo quello che hai provato oggi non lo sentirai nemmeno. E poi... ne varrà la pena... se funziona come deve, non ti ruberò altri anni...».
Dunque non è sicuro al 100 per cento?
Ma non è che tu abbia scelta... alzi una mano solo per carezzarle un fianco, lei sorride.
«Aspetta cucciolo...».
Scende con le ginocchia fino a raggiungere quasi il fondo del letto, e con uno strattone alza le coperte, svelando il tuo intimo. Deglutisci. Le chiedi se deve iniettarti quel coso lì. E lei annuisce.
«Farà subito effetto, almeno».
Lei ti prende il sesso, e lo inumidisce con la lingua, lo bacia con la bocca, tu ti irrigidisci piacevolmente. La succube scende a bagnarti anche i testicoli, poi di colpo te li stringe.
«Buono ora...»
Fremi di preoccupazione, ma non resisti.
Anna punta la siringa alla base del tuo pene, poi infila l'ago nella tua carne, ed inietta quel liquido verdognolo.
Il dolore dell'ago non è tremendo, ma il bruciore che segue all'entrata del liquido, in quel punto, è terribilmente fastidioso. Lei ti dà un altro bacio sulla punta del pene, come per consolarti. Per fortuna il tutto dura solo una decina di secondi.
Anna mette via la siringa ed allontana la borsetta. Tiene in mano il tuo pene e lo guarda sussultare e vibrare per qualche minuto, come studiandolo. Poi annuisce.
«Direi che ci siamo, schiavetto» sorride.
Dapprima si sdraia su di te, ti afferra la nuca portandola al seno.
«Baciami...»
Tu non esiti un solo istante, baciandole quei capezzoli rosei e perfetti. Riesci a succhiarglieli un poco, prima che lei si sposti. Scivola su di te e torna a baciarti avidamente la bocca, mentre ti massaggia il fianco, poi la pancia, dunque prende con le dita il tuo sesso. Si alza cavalcioni sU di te, e con la tua ritta asta si massaggia l'apertura intima e sensuale, ora bagnata, guardandoti con divertita malizia.
Poi ti conduce dentro di sé.
Entri dentro di lei come quando eri agli studios: e in te vorticano sensazioni diverse: eccitazione, aspettativa, paura, ammirazione, timore...
Lei sorride, ponendoti le mani sulle spalle.
«Ora vediamo se l'antidoto funziona...».
Non sembra voler fare le cose con calma. Ti spinge sul materasso, mentre ti cavalca, da vera valchiria.
Inspiri, la visione che offre è stupenda. La donna che hai sempre adorato, sopra di te. Così bella e forte. Poni le mani sui suoi fianchi, mentre lei conduce tutto il ritmo, veloce e senza soste, mentre il tuo sesso è stretto tra le sue labbra vaginali.
Porta le dita della sinistra alla tua bocca, e tu le succhi avidamente. Mentre lei continua a cavalcarti, ed il tuo languore si mescola alla frenesia del momento: davvero ti senti suo, anche se non sai cosa ti succederà. Ma sembra che tu andrai a scoprirlo a vero, perché Anna davvero non ti dà fiato. Vedi la sua pancia piatta muoversi come quella di una danzatrice del ventre, ogni movimento è studiato per dare piacere e tu stai per impazzire. Ti senti al limite e presto esplodi, dentro di lei. Ogni stilla del tuo piacere viene come divorata. E già temi: l'orgasmo è forte e onnicomprensivo. Dalla testa al pene, dalla punta dei piedi alla testa. Il fiato ti manca per un attimo, mentre lei grida di piacere, soddisfatta.
Dopo il piacere arriva la stanchezza, e la paura di essere stato derubato di altri anni. Sembra averla anche lei: si china su di te e vedi gli occhi verdi fissarti per bene, guardarti il petto, poi il collo, quindi la fronte e gli occhi. Ti carezza nel mentre, poi ti bacia piano sulle labbra.
La luce dei suoi occhi dice tutto.
«Oh cucciolo, sei esattamente come prima! Funziona! Non ti ho rubato un secondo»
Tu sorridi, ora rasserenato, anche se molto stanco. Glielo confessi.
Lei ride.
«Oh ma quello è normale: fare sesso con una succube non sarà mai un'esperienza normale, ma ora non hai nulla da preoccuparti... ma della tua stanchezza...» ammicca «...non me ne frega niente... sei mio, ricordi?»
Tu annuisci.
«Ora ti scopo di nuovo, allora».
Ti sfiora il pene, e come agli studios quello si alza pronto.
Non fai in tempo a dire nulla, che la succube riprende a cavalcarti: ma non c'è nulla di più piacevole, anche se è tremendamente stancante.
Ora sai che non rischi la morte. Devi solo sforzarti di resistere, per farla contenta.
Glielo devi: è la tua Dea.
Prosegui a [[Sei Mio, parte 4]]''Sei mio (parte 4)''
Il mattino dopo ti svegli non sai a che ora. Non sai quante volte l'avete fatto, ma sai che è stato bellissimo.
Ma sei così sfinito che muovi solo gli occhi, guardi la finestra aperta, il letto vuoto, ma presto la vedi, Anna, seduta sulla poltrona a pochi metri dal letto, che ti guarda. Veste solo un accappatoio bianco, sembra fresca di doccia.
«Buongiorno caro! E direi ben svegliato dormiglione... come stai?»
Tu fai per sorridere, e parlare. Risponderle. Ma ti accorgi... con paura... di non riuscire a fare né una cosa né l'altra. Deglutisci a fatica, e provi ad alzare il braccio per toccarti la bocca. Niente. E' come non avere il controllo sul proprio corpo. Riesci giusto a muovere gli occhi, vedi che sei nudo sul letto. Il cerotto sul petto. La testa leggermente sollevata sul cuscino, e vedi Anna che ti osserva attenta, curiosa.
Cosa diavolo sta succedendo?
Provi a muoverti, ancora, ci metti tutto l'impegno, ma sembra che il tuo corpo non risponda minimamente. Vorresti chiedere spiegazioni, ma non riesci a parlare, e neanche a muovere le labbra. Fortunatamente Anna sembra aver intuito.
«Hai mai sentito parlare della sindrome "locked in", cucciolo?»
Tu deglutisci, vorresti negare. Non riesci. Non sembra niente di buono. Lei riprende.
«Una rara malattia che impedisce al soggetto di muovere qualsiasi muscolo volontario ... ma egli resta perfettamente cosciente, ed ha quindi la sensazione di essere imprigionato nel suo stesso corpo... ti senti così?»
Fai per muovere la bocca: è esattamente quello che senti, quello che provi. La sensazione di essere ingabbiato in uno scafandro pesantissimo, su cui non hai nessun controllo.
Lei ti rimprovera dolcemente.
«Non puoi parlare, mi sembra ovvio che tu non riesca... ma riesci a muovere gli occhi. Muovili su e giù per dire sì, e in orizzontale per dire no, ok?»
Tu segui il codice. Annuisci con gli occhi.
Lei ti guarda. Si gratta appena il mento.
«Magari però non è proprio così: prova a muovere l'indice della mano sinistra. Forza!».
Tu ci provi. Ma sembra di sollevare una montagna con un dito. Lo guardi, ma non si muove neanche di un millimetro. Hai perso completamente il controllo del tuo corpo. Neanche te ne accorgi, ma stai piangendo.
Lei se ne accorge.
«Però senti tutto cucciolo... oh povero...»
Si alza dalla sedia, e si china su di te. Con la lingua ti lecca via le lacrime, poi ti bacia piano gli occhi. Quindi inspira. Ti carezza il petto.
«Sai che mi fai sesso, così immobile: mi verrebbe da scoparti di nuovo, ma aspettiamo... prima dobbiamo sperimentare... capire».
Non riesci a comprendere, ti sembra impossibile, cosa diavolo ti sta succedendo?
Lei si siede ancora sulla sedia.
«Sicuramente è un effetto dell'antidoto... o meglio... di quello e del sesso con me: non ti ho rubato neanche un secondo, ma c'è qualche piccolo fastidio collaterale, ecco».
Non lo definiresti proprio un piccolo fastidio.
Lei sembra intuire, ed annuisce.
«Non ti preoccupare, cucciolo, ora ti faccio vedere... ho visto che non riesci a muovere neanche l'indice ma guarda... ora muoverai il braccio destro» e non appena lo dice, ecco che alzi il braccio, e con quello ti gratti la testa.
Lei ridacchia.
«Che buffo sei, sembri una scimmietta».
Poi ti spiega.
Come non hai deciso tu di muovere quel braccio, ora il tuo corpo, guidato da qualcosa d'altro, si mette a sedere; e guarda fisso verso Anna. Lei parla.
«Ora ho io il controllo del tuo corpo»
Te lo mostra di muovo facendoti muovere ...
le «Dita dei piedi...»
e poi «Le mani...» che ti fa passare sul viso ...
«E anche...» ridacchia «qualche muscolo involontario».
Il tuo pene si irrigidisce, e tu ti senti improvvisamente eccitato.
«Sei la mia bambolina, cucciolo! Ora sì che sei mio. Il tuo corpo si muove solo come voglio io...»
La guardi terrorizzato.
E senti muoversi le tue gambe, come alienate. Ecco che i tuoi piedi si posano sul pavimento, che senti freddo. Poi i tuoi palmi. Cammini gattoni verso di lei, mentre lei si toglie l'accappatoio bianco ed allarga le gambe. Non puoi fare altro che farti guidare, come un bambolotto, come un manichino mosso dalla sua burattinaia. Il tuo corpo segue la sua volontà, non la tua.
Ti avvicini a lei e metti la testa tra le sue cosce, poi comincia a baciarle e leccarle l'intimo, dalle grandi labbra al clitoride.
Lei inspira.
«E' come masturbarsi, ma con un intero corpo a disposizione... sei perfetto, perfetto!»
Ti posa la mano sui capelli, mentre tu continui a darle piacere. Lei ti carezza la testa, mentre continua ad usare, a guidare il tuo corpo per darsi piacere.
Un burattino a sua completa disposizione. Ecco cosa sei ora.
Ti viene di nuovo da piangere, anche se apprezzi il suo sapore. Lei si ferma, ti fa inginocchiare per terra, di fronte a lei. Ti guarda un poco. Poi sorride.
«Non ti preoccupare cucciolo... mi prenderò cura io di te... userò il tuo corpo al meglio. E non ti dimenticherò. Ti darò da mangiare e ti porterò al bagno, tranquillo».
Ride ancora, poi si alza.
Tu le baci le gambe. Piano. Poi i piedi. Ma ancora, è il tuo corpo che si muove, tu sei solo un passeggero che si muove a seconda della volontà e del capriccio della tua padrona.
Padrona che ancora ti accarezza la testa, poi spiega ancora:
«Adoro usarti come burattino... ma mi piace anche sorprendermi: l'effetto locked in, per cui il tuo corpo rispetta i miei ordini ma non i tuoi, durerà solo un paio d'ore dopo la nostra ultima sessione di sesso» rivela.
«Quindi per oggi, per esempio, probabilmente avrò ancora un'ora e mezza da poter usare per abusare del tuo corpo... poi...» e ride.
«Lo farò senza controllarti... di certo è meglio diventare il manichino della tua Padrona per quel paio d'ore al giorno che perdere anni ed anni di vita e morire di orgasmi, no?».
Sorride.
«E in realtà ti piacerà... sperimenteremo insieme un sacco di cose... ma in fin dei conti, so che già lo ami, vero, cucciolo?»
Con gli occhi tu annuisci.
Ora sei più sereno quando comprendi che non è una cosa definitiva.
Certo, saranno almeno due ore al giorno. Ma in fin dei conti, in quel periodo sarai il suo giocattolo: e forse, chissà, potrebbe usare il tuo corpo meglio di quanto faresti tu.
Ora ti tranquillizzi. Ti redarguisci mentalmente per la tua paura: in fin dei conti, devi solo fidarti di lei. Qualsiasi cosa lei decida, sarà il meglio possibile, per te.
La vedi sedersi, di nuovo.
«Per ora, riprendiamo da dove ci siamo fermati...»
Tu torni a gattonare con la testa tra le sue gambe.
Torni a fare quello per cui sei nato.
E quello che da ora in poi farai sempre, e ti renderà felice, 679843.
''Servire la tua Dea.
Hai finalmente vinto il premio del tuo biglietto.
Goditelo. ''
''
~~~~FINE!~~~~''